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Numero 7 - Settembre 2012
Numero 7 Settembre 2012

L'obiettivo mancato delle lingue straniere nella scuola primaria

Nonostante i tanti proclami sull’importanza di tale insegnamento nella realtà molti alunni non hanno ancora un percorso di formazione nelle lingue straniere qualificato.


30 Agosto 2012 | di Gianluigi Dotti

L'obiettivo mancato delle lingue straniere nella scuola primaria  
L’introduzione delle lingue straniere nella scuola primaria in Italia risale agli anni Settanta, attraverso sperimentazioni didattiche e metodologiche da parte di collegi docenti che sensibili per ragioni diverse, culturali o legate al contesto territoriale, ne organizzano l’insegnamento con le risorse a disposizione.
Queste esperienze vengono istituzionalizzate nei Programmi della Scuola Elementare con il D.P.R. n. 104 del 12 febbraio 1985 e l’insegnamento di una lingua straniera diventa obbligatorio con la “Riforma dell'ordinamento della scuola elementare”, Legge n. 148 del 5 giugno 1990, che all’art. 10 recita: “Nella scuola elementare è impartito l'insegnamento di una lingua straniera”, rinviando ad un successivo D.M. le indicazioni operative.
Con il D.M. del 28 giugno 1991, Insegnamento delle lingue straniere nella scuola elementare, vengono individuati: i criteri per la scelta della lingua (di norma tra l’inglese, il francese, il tedesco e lo spagnolo), la classe da cui iniziare (la seconda a regime, in fase di avvio la terza), le modalità di utilizzo dei docenti.
Il D.M. stabilisce che “L'insegnamento della lingua straniera rappresenta una articolazione interna della funzione docente nella scuola elementare” e che, a regime, tale insegnamento sia ”affidato ad un insegnante elementare specializzato [...] inserito nel modulo organizzativo e didattico [...] e pertanto contitolare del modulo stesso”. Nelle more della transizione, in attesa della formazione dei docenti specializzati, si affida l’insegnamento delle lingue straniere ”ad un insegnante elementare specialista, dichiaratosi disponibile, al quale sono assegnate in via generale sei classi e, comunque, non più di sette classi e che assume la contitolarità delle stesse”. Viene così introdotta la doppia figura di “specializzato” e “specialista”.[1]
Con la Riforma Moratti, Legge n. 53 del 28 marzo 2003, e con il successivo Decreto Legislativo 59/2004 viene introdotto l’obbligo dell’inglese e l’avvio dell’insegnamento dalla prima classe, ma le modalità di utilizzo dei docenti non cambiano.
L’intervento sui posti di “specialista” viene introdotto con la stagione dei tagli, finalizzati ai risparmi sull’istruzione, e lo attua la Legge finanziaria del 2005, Legge n. 311del30 dicembre 2004, che all’art. 1, comma 128, limita l’utilizzo dei docenti “specialisti”con l’obiettivo di recuperare sul posto comune 7.100 unità per il 2005/06 e altrettante per il 2006/07. Prevede, inoltre, “corsi di formazione[...] la cui partecipazione è obbligatoria per tutti i docenti privi dei requisiti previsti per l’insegnamento della lingua straniera”.
Continuando con la stagione dei tagli, un altro provvedimento finanziario, il Decreto Legge n. 112/2008 "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria", convertito nella Legge n. 133 del 6 agosto 2008, impone di rimodulare l’organizzazione didattica della scuola primaria,vengono emanati il Piano programmatico e la Riforma del ministro Gelmini (Decreto Legge n. 137/2008, convertito il Legge n. 169 del 30 ottobre 2008) che introduce il maestro unico, disponendo che l’insegnamento della lingua inglese sia effettuato dall’insegnante della classe (lo scopo è eliminare 11.200 “specialisti) che in assenza dei requisiti frequenterà un corso di formazione.
Disposizioni queste ribadite e confermate nel successivo Decreto Ministeriale sugli organici dell’aprile 2010 a firma Gelmini-Tremonti, dal quale risulta evidente come le esigenze di bilancio, i tagli alla spesa per l’istruzione, presiedono alle decisioni in materia di insegnamento delle lingue straniere nella primaria.
La stagione dei tagli e la relativa normativa, che impropriamente per alcuni aspetti sconfina nell’ambito contrattuale, hanno avvalorato l’interpretazione degli USR e di molti dirigenti scolastici che la frequenza dei corsi di formazione previsti dall’amministrazione per i docenti di posto comune fosse obbligatoria.
Nelle ultime settimane dell’anno scolastico 2011/12 ha preso il via il secondo contingente dei corsi di formazione di inglese per i docenti della primaria (MIUR, nota prot. 1188 del 20.02.2012)e molte proteste sono giunte nelle sedi della Gilda degli Insegnanti di tutta Italia dalle colleghe e dai colleghi delle scuole del primo ciclo in merito alla “presunta” obbligatorietà dei corsi di formazione di lingua inglese.
Con modalità quantomeno discutibili, funzionari regionali e dirigenti scolastici intimavano agli insegnanti inseriti in un elenco predisposto a loro insaputa di frequentare il corso di formazione triennale, pena sanzioni disciplinari. Alle giuste perplessità e alle proteste dei colleghi, supportate,con l’interpretazione della normativa contrattuale sul diritto-dovere della formazione in vigore,dalla Gilda degli Insegnanti presso le Direzioni regionali, veniva risposto che la frequenza era obbligatoria per legge.
La Gilda degli Insegnanti, di concerto con la altre OO. SS., richiedeva un confronto urgente con il MIUR per fornire indicazioni a USR, dirigenti scolastici e insegnanti coerenti con la norma contrattuale.
A seguito di questi incontri con la nota prot. 5092 del 4 luglio 2012 della Direzione Generale del Personale delle Scuole viene chiarito che “la partecipazione dei docenti alle attività di formazione è volontaria”, che va data la “precedenza assoluta ai docenti più giovani” e che coloro che frequenteranno volontariamente i corsi hanno “la possibilità di usufruire delle 150 ore di permesso annuale”. Chi poi non superasse l’esame conclusivo potrà accedere a ulteriori corsi del Piano “solo su esplicita richiesta e in assenza di altre richieste di aventi diritto”.
Rimane sul tavolo la questione del rimborso spese, richieste dalla Gilda degli Insegnanti secondo quanto previsto dal CCNL, che una recente sentenza del Tribunale di Torino ha riconosciuto come dovute ai docenti frequentanti i corsi di formazione, sulla quale il MIUR si è riservato di rispondere.
Registrando con soddisfazione il chiarimento del MIUR non si può tuttavia fare a meno di rilevare che la politica dei tagli degli “specialisti”, in assenza di una seria programmazione e investimento sugli “specializzati”, ha inciso fortemente sulla qualità dell’insegnamento della lingua straniera nella primaria. Nonostante i tanti proclami sull’importanza di tale insegnamento nella realtà molti alunni non hanno ancora un percorso di formazione nelle lingue straniere qualificato.
 
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[1]Si veda anche: Gianni Gandola, L’insegnante specialista di lingua straniera: una specie in via di estinzione.
 
 

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