Un disegno di legge reintroduce il principio della separazione bancaria. Esso merita l'attenzione di tutte le forze politiche e sindacali e un pieno sostegno popolare
30 Agosto 2012 | di Flavio Tabanelli
Da oltre tre anni subiamo misure finanziarie d'emergenza che non contrastano le cause della crisi. Sempre più persone, infatti, cominciano a dubitare della loro efficacia; intuiscono, anzi, che esse aggravano la malattia, che accorciano la vita del malato.
A che cosa serve, infatti, l'austerità? Per quale fine sono state fatte le liberalizzazioni? Contrariamente alle promesse, in vent'anni di tempo non hanno creato posti di lavoro e, in generale, hanno portato a vertiginosi aumenti dei costi dei beni e dei servizi interessati. A che serve ridurre le garanzie costituzionali, se questa riduzione è così profonda da minacciare addirittura l'esistenza del popolo e della sua cultura?
Per guarire da una patologia, servono una precisa conoscenza anatomica e fisiologica, e un'idea della cura: discutiamo, allora, di come la crisi fu prevista e dei primi passi per uscirne.
Chi ha previsto la crisi
Molti lettori saranno sorpresi da questa prima affermazione: la crisi fu prevista. I cosiddetti 'esperti' chiamati a spiegare la crisi al popolino, non l'ammettono. Che la crisi abbia colto tutti di sorpresa, infatti, è una comoda menzogna sostenuta dal sobrio professor Mario Monti e da tutti gli economisti e 'tecnici', le cui fantasie macroeconomiche sono state, invece, miseramente superate dalla realtà.
Ben prima dei tardivi allarmi degli economisti alla Roubini, svegliatisi alla vigilia del crac del 2007, il collasso economico globale che ci coinvolge fu previsto dallo statista americano Lyndon LaRouche, che ne parlò già nei primi anni Settanta, e da Jacques Cheminade, attuale candidato alla presidenza della Repubblica Francese, il quale già nella sua campagna del 1995 parlò dei derivati finanziarii come del 'cancro della finanza' a livello mondiale.
In realtà, negli ultimi decenni, qualunque maestro o docente ha saputo che la crisi si sarebbe prodotta. Chi insegna è a contatto diretto con chi rappresenta il futuro: lavoriamo o no con le nuove generazioni, le quali nel medio periodo dovranno assumersi le proprie responsabilità?
Non è forse vero che, sin dagli anni Settanta, in sostanza ai giovani sono state offerte due strade, quella dello yuppie, che mira ad un posto nell'olimpo degli affari, e quella dello hippy in romantica ed edonistica evasione dalla dura quotidianità?
Non è forse vero che, mentre sono cresciuti gli spazi per la speculazione finanziaria a livello mondiale, i fiumi di risorse destinati alla ricerca scientifica, alle scuole, ecc. sono diventati dei ruscelli in secca?
Che cosa aspettarsi di diverso, d'altra parte, da una trasformazione paradigmatica della cultura che ha associato il profitto a breve termine, il dibattito politico per singoli temi (scevri del loro naturale contesto) e l'orientamento della personalità verso il piacere ugualmente a breve termine?
Vediamo anche che molte delle accuse mosse alla professione sono solo in parte fondate: come possono insegnanti costretti sempre più a mansioni impiegatizie trasmettere la propria esperienza a giovani ugualmente sottoposti a enormi pressioni, quali la vera e propria guerra psicologica operata dai media, oppure vittime di un certo vuoto parentale?
Non dobbiamo sorprenderci se molti insegnanti hanno, così, abbassato le palpebre davanti ad una trasformazione davvero letale: non siamo più una società con il cuore pulsante di cultura classica, di appassionata indagine scientifica e di spirito industrioso al servizio del bene comune; siamo una società la cui (in)capacità produttiva non è nemmeno in grado di sostenere la sua demografia.
Chi si preoccupa più di creare davvero nuovi posti di lavoro per mezzo di nuovi salti tecnologici nei processi produttivi? Anzi, c'è chi, in Germania per esempio, saluta l'abbandono delle centrali nucleari perchè per produrre la stessa quantità di energia con altri metodi serve impiegare più persone...
Abbiamo tollerato una trasformazione accompagnata dalla sostanziale (poi formale) abolizione di leggi di principio, che regolarono la ricostruzione post-bellica, il boom economico e l'emancipazione dei popoli soggetti alle forze coloniali.
Ma possiamo e dobbiamo rialzare la testa, poichè abbiamo il compito proprio di una èlite cosciente, che vigila sul futuro. Dobbiamo sfruttare la lezione di alcuni errori che in qualche modo abbiamo condiviso.
Una storica legge bancaria
E così veniamo al secondo punto della nostra discussione. Quali sono leggi di principio abolite?
È ormai chiaro che le 'regole' tanto sbandierate dal G20 (prima fra tutte la riduzione degli stipendi dei manager) hanno soltanto un valore demagogico e non riflettono minimamente la necessità di ripristinare un sano ordine finanziario internazionale, coerente con gli accordi di Bretton Woods del 1944 (affossati nel 1971) e con i criteri della legge bancaria americana Glass-Steagall, approvata nel 1933 e abolita nel 1999.
Abbiamo un urgente bisogno di creare le condizioni finanziarie affinchè i valori culturali e produttivi tornino in primo piano. Per farlo dobbiamo sbarazzarci di alcuni vizi di pensiero.
Ricordate, ad esempio, lo stupore della dott.ssa Mariastella Gelmini, nei suoi primi giorni in viale Trastevere? La quasi totalità delle spese del dicastero è dovuta agli stipendi dei docenti. Ricordate anche la sua ottusità? Propose di ridurre la quota destinata alle paghe, anzichè chiedere l'incremento della quota riservata alla manutenzione, alle nuove dotazioni strumentali, ecc.
E' la stessa mentalità contabile che, per decenni, ha negato i necessari investimenti alle infrastrutture, agli ospedali, all'edilizia carceraria, alla ricerca scientifica di base, ecc.
Come per molti altri settori, dopo gli ultimi grandi investimenti degli anni 1960-'70, alla scuola sono state negate anche le briciole. Parliamo di briciole, perchè di questo si tratta, in rapporto alle migliaia di miliardi di dollari che, in una sola notte, il G20 ha deciso di regalare agli speculatori falliti.
Anche il salvifico presidente Franklin Delano Roosevelt rifinanziò gli istituti che si erano macchiati di speculazione e usura, ma vincolandoli a tenere certi comportamenti.
Con il suddetto Glass-Steagall Act innanzitutto egli ordinò una distinzione netta tra banche ordinarie e banche d'affari. Le prime raccolgono i risparmi e i depositi, investendo poi nell'economia reale e assecondando i progetti governativi di sviluppo economico: devono pertanto godere della protezione del potere statale, espressione della sovranità popolare sul credito. Le seconde, che investono negli strumenti del mercato finanziario, devono sapere che i loro azzardi nel casinò finanziario mondiale saranno a loro esclusivo rischio.
Contrariamente all'esempio di Roosevelt, con i recenti 'salvataggi bancari' non sono stati posti vincoli agli istituti che hanno ricevuto nuova linfa monetaria: il risultato è che il gioco dei derivati finanziarii e delle altre scommesse ha assunto un volume superiore a quello del 2007. Le PMI e il resto del tessuto produttivo, in cambio, hanno sperimentato una ulteriore stretta creditizia.
Lo stato tragico in cui il mondo si trova ci dimostra che è ormai imprescindibile un secondo New Deal, un accordo concepito non per la cosiddetta 'emergenza', bensì come sistema economico legittimo a livello planetario, costruito proprio a partire dalla separazione bancaria, sia a livello internazionale sia a livello nazionale.
Con questa - e solo con questa - distinzione politica e morale, possiamo muovere un primo passo sulla via della speranza e creare le condizioni di un nuovo Rinascimento. Da una parte, attuando un vero giubileo internazionale: la cancellazione dell'esorbitante massa dei debiti illegittimi che, con i tagli e i sacrifici, i contabili ci stanno chiedendo di pagare, castrando ulteriormente il sistema produttivo. Dall'altra, assicurando che i nuovi crediti, compensativi delle inadempienze degli ultimi quarant'anni e aggiuntivi a fronte delle nuove esigenze, finanzino davvero il 'cantiere nazionale': infrastrutture, scuole, ospedali, PMI, ecc.
I sindacati hanno tutto l'interesse ad uscire dalla logica del sistema del profitto puramente finanziario e della pretesa 'mano invisibile', e di parlare schiettamente la lingua dei sofferenti: il concetto alla base della legge Glass-Steagall dà pieno significato all'unità di cui abbiamo festeggiato i 150 anni, più di quanto si possa pensare superficialmente. Un popolo può riprendere la marcia verso la piena unità nazionale soltanto se il credito, espressione della sua sovranità, è diretto alle attività che contribuiscono a farlo fruttare, nella forma di una moltiplicazione della ricchezza condivisa.
I docenti delle scuole d'Italia hanno tutto l'interesse ad esprimere il loro appoggio a una demarche politica che funzionò negli anni Trenta (permettendo anche l'annientamento della minaccia nazista) e che dà loro, oggi, la ragione suprema per non accettare stupide richieste di sacrifici (accontentandosi del proverbiale 'mezzo gaudio') e tornare ad alzare la testa.
Il disegno di legge n. 3112 presentato al Senato nello scorso gennaio dal sen. Oskar Peterlini reintroduce il principio della separazione bancaria di cui abbiamo parlato. Esso merita l'attenzione di tutte le forze politiche e sindacali e un pieno sostegno popolare.
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