Rischi del nuovo modello di governance contenuto nella PDL 953 di cui si è parlato nel Convegno della Gilda degli Insegnanti del 5 Ottobre 2012.
30 Settembre 2012 | di Renza Bertuzzi
Nel 1997 è stata introdotta (Governo di Centro Sinistra) l' Autonomia delle scuole, presentata in pompa magna come il sole dell' avvenire. Da quell'art.21 della legge 59/1997 molta acqua e molte leggi sono passate sotto i ponti. Tralasciando quelle relative alla dirigenza (sic! ) scolastica e ad altri temi, citiamo solo il DPR 275/1999 e la Riforma costituzionale del 2001 che ha ''assunto'' in Costituzione tale autonomia. Che cosa ha portato, alla scuola e ai docenti, quella novità? Brutalmente, si potrebbe rispondere nulla o - peccando di sincerità- peggioramenti . Gli strenui difensori risponderebbero che all' autonomia manca ancora un tassello fondamentale, quello della governance, che, per usare termini del nostro lessico materno, sarebbe il governo delle scuole. Cioè, gli organismi, dotati di autonomia, che dovrebbero orientare e governare questi nuovi ibridi dell' istruzione della Repubblica. Ora un modello di governance esiste ed è la PDL 953 meglio conosciuta come PDL Aprea, che vorrebbe attuare l' autogoverno delle Istituzioni scolastiche. Apprezzata da quasi tutti gli schieramenti (esclusa l' IDV) la Proposta è già passata al vaglio della Commissione Cultura della Camera e sta navigando con il vento in poppa per essere approvata il primo possibile. Questa Proposta intende completare il processo introducendo l' autonomia gestionale, tecnica e di funzioni. In pratica, la istituzione di un ente pubblico da un lato servente del Ministero della Pubblica Istruzione, (una filiale del ministero per essere sintetici); dall'altro soggetto pubblico operante in diretta prossimità dei cittadini per interpretare i bisogni e le esigenze della comunità locale divenendo un luogo aperto di cultura, di sviluppo e di crescita, di formazione alla cittadinanza e di apprendimento lungo tutto il corso della vita. ( art.1).
Nel perseguire tutto ciò, lascia per terra, feriti a morte, i diritti costituzionali e si prepara a formare tanti piccoli enti in grado di gestire, grazie a statuti liberi e non controllati, risorse pubbliche destinate all' interesse comune.
Andiamo con ordine.
Nel numero di maggio questo giornale abbiamo pubblicato un' analisi del Centro studi nazionale che esaminava criticamente tutto l' impianto a cui rimandiamo
In sintesi, sottolineiamo che tutte le norme sull' Autonomia delle scuole hanno precisato ( e non potevano fare altrimenti) che, in questo processo, devono restare in capo allo Stato alcune importanti prerogative, coerenti con un dettato costituzionale che non è mutato e per ora non è mutabile essendo inserito nel Titolo I della Costituzione.
Restano dunque responsabilità non negoziabili dello Stato le '' norme generali sull' istruzione'' e la '' determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale'' ( art. 117 della Costituzione).
Orbene, in questa Proposta, gli Statuti delle scuole autonome godono di una Autonomia assoluta non essendo soggetti ad alcuna convalida od autorizzazione, in più lo Stato - che dovrebbe essere il Garante dei livelli essenziali relativi ai diritti civili e sociali- viene indicato come un Ente ( tra Regioni ed autonomie locali) che dovrebbe contribuire al perseguimento delle finalità educative delle istituzioni scolastiche.( Art. 1 , comma 2).
Uno stato servente e non controllore di ciò che succede, così come serventi vengono considerati i docenti
- in minoranza- nel Consiglio dell' autonomia a fronte della presenza dei genitori aggiunta a quella di rappresentanti di realtà culturali, sociali, produttive, professionali e dei servizi;
- a cui si richiede un adeguamento alle linee educative e culturali della scuola ( art. 6, comma 3 ) Dove stupisce che una scuola statale possa richiamarsi a qualcosa di diverso dalla identità nazionale sancita dai principi della nostra Costituzione. D' altronde, la dizione '' culturale'' è talmente generale e generica che potrebbe essere interpretata in modi diversi, anche in conflitto con norme di legge e etica pubblica condivisa. E se per caso, una scuola volesse dotarsi di tali linee educative- per così dire- cosa dovrebbero fare i docenti?
- a cui si assegna la funzione negoziale di condividere e trattare gli obiettivi educativi. E se nella realtà italiana, composta di zone molto eterogenee, in molte delle quali gli obiettivi educativi sono in contrasto anche con la legalità gli '' obiettivi educativi'' legali fossero respinti dai genitori e dagli alunni di ogni classe? Quali garanzie ha lo Stato che i suoi principi ispiratori siano diffusi e condivisi ?
Ma non è tutto.
Il modello di ente pubblico a cui si richiama la proposta assomiglia pericolosamente alle Asl enti pubblici locali divenute aziende dotate di autonomia organizzativa, gestionale, tecnica, amministrativa, patrimoniale e contabile. Enti, aggiungiamo noi, di gestione del potere e di spreco di danaro pubblico, come le inchieste giudiziarie e giornalistiche e di questi ultimi anni hanno dimostrato. Enti preposti, in molti caso, all' uso allegro dei bilanci.
Ebbene, si vuole seguire questo percorso? Sembrerebbe quasi di sì, nel momento in cui la scuola diventa organo del territorio locale ( !), gestito da un Consiglio libero e assoluto e- aggiungiamo noi con preoccupazione- con le mani libere.
Forse le scuole non avrebbero a disposizione le somme delle ASL, perchè l' istruzione non ha mai attirato grossi stanziamenti da parte dello Stato ma pensiamo invece ai Fondi europei.
Nel quinquennio 2007-2013 i Fondi europei utilizzati in Italia ( fonte open coesione) ammontano a 33, 4 miliardi di euro, dopo i trasporti, l' istruzione è il settore che ne utilizza di più, l' 11,33 % pari a 3,8 miliardi di euro. Per dare un' idea dell' entità della somma, ricordiamo che Per dare un' idea dell' entità della somma, ricordiamo che, secondo stime della Banca d' Italia, gli stanziamenti per il rinnovo contrattuale del 2010 del personale della scuola sono stati inferiori a 500 milioni di euro.
A tutt' oggi, sono Comuni e Regioni che assegnano quei fondi alle scuole in base ai progetti, ( e basta scorrere l' elenco dei progetti per avere qualche sussulto...) ma un domani che le scuole siano Enti pubblici? Lasciamo alla fantasia dei lettori di immaginare i vari modi in cui il denaro pubblico potrebbe essere gestito, distribuito, occultato da piccoli Consigli locali, senza controllo.
Un vecchio proverbio dice che è meglio prevenire che provvedere, ma evidentemente la storia non può più essere più magistra vitae, in quelle aziendine localistiche in cui si vorrebbe trasformare la Scuola.
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