Note a margine sulla proposta Gilda del Preside elettivo
02 Marzo 2013 | di Fabrizio Reberschegg e Vincenzo Pascuzzi
La Gilda degli Insegnanti ha inserito tra le sue proposte politiche rivolte ai partiti in fase di campagna elettorale anche quella, storicamente identificata nel DNA della Gilda, del cosiddetto preside elettivo.
Tale proposta ha trovato, con scontata posizione bipartisan, le critiche e le resistenze degli attuali dirigenti scolastici di destra, centro e sinistra. Un tipico esempio di atteggiamento di casta che difende i suoi microinteressi. Poichè sappiamo bene che esistono invece tanti dirigenti consapevoli che l'accentuata complessità dell'organizzazione scolastica non può prescindere da una nuova governance della scuola finalizzata a valorizzare tutte le componenti della scuola in un'ottica cooperativa, cerchiamo di chiarire cosa si può intendere per ''preside elettivo'' fatto stante che ciò non comporterebbe alcun aggravio di spesa nella prospettiva di una rimodulazione delle funzioni strumentali.
- La proposta della Gilda è sostanzialmente quella di separare gli ambiti di progettazione didattica da quelli di natura strettamente gestionale e organizzativa. Infatti ad una dirigenza attuale cui spettano la responsabilità e il potere di gestione nei limiti delle competenze riconosciute agli organi collegiali, (in primis Collegio dei Docenti e Consiglio di Istituto), non fa contraltare un Collegio dei Docenti dotato di una responsabilità propria e un'autonomia che discendono direttamente dall'art. 33 della Costituzione che sancisce la libertà di insegnamento.
- Il ''preside elettivo'' dovrebbe essere investito da una funzione di coordinatore della progettazione didattica e garante dell'attuazione del POF. E come tale a lui spetta la presidenza dell'organo collegiale di riferimento, cioè il Collegio dei Docenti. Deve essere superata l'attuale anomalia tutta italiana che vede ora a capo di un organo collegiale espressione dei docenti un soggetto che non è docente, che fa parte di un'area contrattuale separata che e, a differenza di ciò che avviene in altri paesi, non insegna più da anni.
- Se contestualizziamo la proposta nell'ambito degli attuali processi di dimensionamento e riorganizzazione della rete scolastica la cosa appare del tutto razionale e finalizzata al buon funzionamento del'istituzione scolastica. E' infatti impossibile immaginare una dirigenza autocratica a capo di istituzioni scolastiche con più di mille allievi e con la compresenza di diversi indirizzi e gradi di scuola che hanno diverse modalità di progettazione della didattica. E nemmeno è accettabile, come vorrebbero alcune associazioni di dirigenti, che il dirigente autocrate comandi la complessità solo attraverso figure di natura burocratico-amministrativa (collaboratori, responsabili di plesso, ecc.). Si tratterebbe di una riproposizione di un'organizzazione aziendale top down che da anni ha dimostrato i suoi limiti anche nel settore privato e che non ha certo portato benefici alla qualità della scuola italiana.
- La proposta del Cooordinatore della didattica consentirebbe anche una profonda revisione delle funzioni che dovrebbero essere sempre in capo al Collegio dei Docenti (coordinatori di classe, di dipartimento, ecc.) e non semplicemente delegate del dirigente con caratteristiche in prevalenza di ordine gestionale.
- Questa proposta non incide sulle altre attuali prerogative dei Dirigenti, fermo restando il fatto che la Gilda, comunque, ha sempre espresso forti critiche verso il Legislativo 6 marzo 1998 n. 59 che ha introdotto nella scuola la figura del Dirigente ad immagine delle aziende private (!) . Nelle more di una situazione che sarebbe auspicabile rivedere , è necessario provvedere a tutte le questioni urgenti che diverse norme hanno peggiorato, tra cui il tema della capacità o meno dei docenti nella professione di insegnante. La posizione della Gilda è sempre stata chiara: le sanzioni in merito alle capacità professionali devono essere demandate ad organismi autonomi in cui la componente dei docenti deve essere fortemente rappresentata. E' interesse degli stessi docenti garantire che siano adeguati gli standard inerenti la professione e la preparazione culturale e disciplinare conseguente.
Alcuni hanno detto che la proposta della Gilda sarebbe una ''baggianata'' perchè l'attuale dirigenza e la governance di natura aziendalista della scuola deriverebbe dalla legge n. 59/1997 e dal D.P.R. n. 275 del 1999 che regolamenta l'attuazione dell'autonomia didattica e organizzativa delle scuole. Ma la berlingueriana visione dell'autonomia scolastica non è legge divina, si può modificare e integrare nella prospettiva di un nuovo modo di gestione delle scuole statali con modelli di partecipazione e condivisione che riescano a riportare la responsabilità dell'insegnante al centro e non più come semplice esecutore dei desiderata della clientela e della dirigenza. E' una scommessa forte che possiamo vincere e che farebbe ritrovare alla scuola ambiti di libertà e vera autonomia che sta lentamente perdendo.
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Francesca Puglisi (PD): di preside elettivo non si discute nemmeno, è un tabù?
[...] In un'altra recente intervista, Puglisi ha dichiarato che l'eventualità o l'ipotesi del preside elettivo 'non è panacea' e non è lo strumento che possa appianare i conflitti nelle scuole. Letteralmente concordiamo in quanto 'panacea' indica una pianta (mitica) con proprietà terapeutiche e in grado di guarire tutti i malanni.
Non esiste un tale vegetale e non ha senso cercarlo. Però esiste una questione sul ruolo e la funzione del preside e si dovrebbe almeno poterne parlare, discutere e confrontarsi. Perchè troncare a priori queste possibilità? Quando esistono sicuri casi di presidi dittatorelli ('sceriffi') che accedono, forzano normative e leggi, abusano o fanno mobbing? E quando sappiamo che i concorsi a preside (come pure gli altri concorsi) sono permeabili a raccomandazioni e irregolarità, oggetto di troppo numerose controversie legali, e richiedono anche anni e anni per essere faticosamente portati a termine?
Del resto vengono eletti i presidi delle facoltà universitarie, perchè non si potrebbero eleggere quelli delle scuole?
E i presidi vengono eletti tranquillamente anche in altre nazioni europee (Germania e Gran Bretagna).
Sulla questione influisce anche un aspetto importante, finora ignorato o lasciato in ombra, che è quello dei costi dei concorsi. Infatti i concorsi vengono gestiti con costi a piè di lista: non abbiamo preventivi da monitorare, tanto meno consuntivi. Di sicuro l'elezione sarebbe più rapida, più trasparente ed economica rispetto al concorso. Non sarebbe la panacea, che non esiste, ma alcune volte potrebbe bastare o una semplice aspirina o una tachipirina.
Sulla posizione di Puglisi (di preside elettivo non ne parliamo nemmeno quasi fosse un tabù!) troviamo anche altri commentatori di problematiche scolastiche.
Una ventina di giorni fa, Eugenio Tibaldi (ora preside, ma anni addietro collega di Marco Rossi-Doria alla scuola 'Pasquale Scura' quando iniziava il progetto 'Chance') titolava un suo articolo 'La baggianata del preside elettivo'.
Ed è di oggi il titolo di Enrico Maranzana 'Eleggere direttamente i dirigenti scolastici: una proposta oscena' a una sua nota sulla questione.
Mi pare che inserire già nei titoli termini impropri come 'baggianata' e 'proposta oscena' non sia una modalità corretta e costruttiva e forse potrebbe nascondere un argomentare non del tutto solido e completo.
Sia chiaro, non ho nulla di preconcetto a sfavore di Puglisi, Tibaldi, Maranzana, ma credo che non siano utili proprio a nessuno posizioni preconcette e di assoluta chiusura. [...]
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