Bloccati nuovamente gli scatti dei docenti. Il parere dell'ufficio legale della FGU
29 Settembre 2013 | di Tommaso De Grandis
Con il solito blitz estivo, in data 8.08.13, è stato approvato un regolamento del Consiglio dei Ministri con il quale, tra l'altro, è stato procrastinato, fino al 31.12.2014, il blocco della progressione di carriera dei dipendenti pubblici, ivi compresi i docenti delle scuole di ogni ordine e grado.
Il suddetto regolamento ha, infatti, previsto:
1. la proroga, fino al 31 dicembre 2014, del blocco della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici previsti dalle disposizioni contrattuali vigenti;
2. il blocco, senza possibilità di recupero, delle procedure contrattuali e negoziali ricadenti negli anni 2013-2014;
3. il blocco del riconoscimento degli incrementi contrattuali eventualmente previsti a decorrere dal 2011;
4. il blocco, senza possibilità di recupero, del riconoscimento di incrementi a titolo di indennità di vacanza contrattuale.
In merito alla ''questione blocco'', posta in essere unilateralmente dallo Stato-datore di lavoro, la Corte Costituzionale è intervenuta, con la sentenza nr. 223 dell'11.10.12 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della decurtazione delle indennità riservate ai magistrati e dei tagli effettuati nei confronti degli stipendi dei dirigenti pubblici per la parte eccedente la soglia reddituale degli 90.000 euro, in base ad argomentazioni che, a parere di chi scrive, possono ritenersi pienamente condivisibili. In merito, la Corte ha statuito che:''''....la permanenza degli obblighi previdenziali al lordo della '' riduzione''... costituisce un'ulteriore e definitiva dimostrazione che la temporanea decurtazione del trattamento economico integra, in realtà, un prelievo a carico del dipendente pubblico e non una modificazione (peraltro unilaterale) del contenuto del rapporto di lavoro, alla quale avrebbe dovuto necessariamente conseguire, secondo ragionevolezza, una corrispondente modificazione di tali obblighi legislativi... E' evidente, infatti, che l'unitarietà della disciplina posta dalla norma censurata (che, come già osservato, non distingue tra diverse categorie di dipendenti pubblici e da riguardo al '' trattamento economico complessivo'', comprensivo anche di voci stipendiare ed indennitarie corrisposte allo stesso soggetto da diverse amministrazioni pubbliche) e la permanenza in ogni caso degli obblighi previdenziali al lordo della '' riduzione'' impediscono di ritenere che per i soli dipendenti statali non contrattualizzati la norma impugnata abbia introdotto una nuova, temporanea e parziale disciplina del rapporto lavorativo.
L'unica particolarità per i dipendenti statali (contrattualizzati o no) consiste nel fatto (non rilevante ai fini del presente giudizio) che il prelievo è effettuato dallo Stato mediante '' ritenuta diretta''.
Con la citata sentenza è stata, quindi, dichiarata l' illegittimità costituzionale della previsione legislativa sul presupposto che tale prelievo costituisse una imposta speciale prevista nei confronti dei soli dipendenti pubblici, come tale lesiva dal principio di parità di trattamento, sancito dalla Costituzione di cui agli artt. artt. 2,3, 36 e 53 Cost.
Che la disposizione impugnata costituisse un tributo, è circostanza desumibile a giudizio della Corte dalla sussistenza di tutti gli elementi caratterizzanti il prelievo fiscale, ovvero la doverosità della prestazione, la finalità di tale prestazione al concorso alle pubbliche spese, attesa la acquisizione delle risorse rese disponibili allo Stato (e non agli enti pubblici statali, in qualità di datori di lavoro dei dipendenti), infine la permanenza degli obblighi previdenziali al lordo delle riduzioni.
Di qui, la declaratoria di incostituzionalità della norma, lesiva dei principi di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, non derogabile nemmeno in situazioni, quali l'odierna, di emergenza economica.
I suddetti principi possono essere senz'altro applicati anche all'illegittimo ''blocco'' contrattuale di tutti i dipendenti statali, ivi compresi quelli i docenti della scuola.
Infatti, per effetto del congelamento degli stipendi:
1- i dipendenti pubblici non recupereranno più il potere di acquisto salariale in quanto la cd. '' Legge di stabilità'' non ha previsto questa ipotesi anche in occasione dei futuri rinnovi contrattuali;
2- La permanenza del danno è, soprattutto, di carattere contributivo-previdenziale sia perchè costituisce una ''tassa di fatto'' sia perchè il mancato adeguamento degli stipendi al costo della vita comporta, per effetto del trascinamento, un'ulteriore contrazione e danno sulle future pensioni e sul trattamento di fine rapporto o di fine servizio ormai passati al sistema completamente contributivo.
Sicchè il blocco in questione incide solo sui pubblici dipendenti lasciando indenni, a parità ed anche in situazioni di maggiore capacità reddituale, altre categorie di lavoratori del settore privato ed autonomi, così conclamando,come detto, una grave disparità di trattamento in violazione dei richiamati principi costituzionali.
Ad esempio sarà sufficiente osservare che un dipendente pubblico che guadagna € 25.000 lordi all'anno è stato chiamato a contribuire al risanamento delle finanze nazionali con il blocco della progressione di carriera fino a tutto il 2014, all'amministratore delegato della Fiat, con uno stipendio di 40 milioni di euro l'anno, non è stato richiesto alcun contributo aggiuntivo ai fini del risanamento della finanza pubblica.
Per le suddette ragioni la Federazione Gilda-Unams, dopo essersi battuta ed avere ottenuto il riconoscimento giuridico dell'anno 2011, diffiderà il Governo dall'illegittimo e ingiusto ''blocco'' della progressione dei docenti della scuola italiana, anche con iniziative giudiziali laddove si rendessero necessarie.
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