Viaggio nei progetti scolastici di un secolo dimenticato. Prima tappa
29 Settembre 2013 | di Piero Morpurgo
Con lucida amarezza Tony Judt (1) denunciava come il nostro secolo non presti ascolto alle menti più illuminate del Novecento come se il passato non abbia più nulla da insegnarci e tutto ciò crea un vuoto che è coperto dalla memorialistica sulle tragedie del secolo scorso: Pearl Harbour, Auschwitz, i Gulag, l'Armenia, il Ruanda, la Bosnia, un mosaico di orrori che, invitando a rifiutare il contributo del secolo scorso e cancellando l'apporto culturale offerto dal Novecento, fanno scivolare l'etica, la cultura, la pedagogia verso il baratro.
Investire nella Scuola per uscire dalle crisi
Investire in cultura e nella scuola è necessario e indispensabile se si vuole far crescere economicamente e intellettualmente una nazione. Già nel 1932 Sir Arthur Ponsonby (2) dichiarava al Parlamento britannico: ''Noto nei discorsi e negli articoli dei Conservatori che l'economia è rilevante, tuttavia l'aspetto prevalente della questione economica è l'istruzione. In un articolo redatto da un esponente dei Conservatori ho letto questa frase ‘Il costo mostruoso della scuola primaria deve essere dimezzato' Ovviamente si possono fare economie, si può smettere di costruire scuole, si interrompe la manutenzione degli edifici, si possono dimezzare gli stipendi e aumentare il numero di studenti per classe. Così si risparmierebbe una gran quantità di denaro. Tuttavia penso che questa sia davvero la peggiore idea con cui si possa concepire l'economia. Indebolire la gioventù di un paese e avviarla al futuro male equipaggiata, verosimilmente denutrita e non istruita sufficientemente perchè possa, di questi tempi, rivestire il ruolo di cittadino di questo paese significa fare un grave danno al paese stesso'' (3). Principi che Lord Robert Cecil, poi premio Nobel per la pace (4), chiedeva già dal 1920 attraverso un memorandum della League of Nations che a tutti i bambini fosse garantita un'istruzione di alto livello in particolare: ''Ogni insegnante avrebbe dovuto avere in dotazione: enciclopedie e dizionari, proiettori per diapositive, figure d'Epinal (5) , film, materiali per esercitare alla lettura gli studenti...'' (6) . Il libro di Richard Overy su L'età malata mette in risalto come per uscire dalla crisi si proponesse di investire sull'istruzione.
La necessità di un progetto per la Scuola del sec. XXI
Di recente questi principi fondamentali sono stati al centro di due diverse opere di Eric Hobsbawm. In Interesting Times si analizzano alcune caratteristiche della cultura del Novecento: l'importanza della lettura (fondata sia sui classici sia sui giornalini per l'infanzia) nella costruzione dell'identità del bambino (p. 19), la necessità di un insegnamento della storia che non scivoli nei sociologismi (p. 296), il fascino esercitato dalla cultura francese (p. 321), il profondo legame (oggi smarrito) tra intellettuali e politica nonchè tra editori come Giulio Einaudi e scrittori (p. 354), la necessità nel secolo che si stava chiudendo di affermare un metodo storico fondato sul dubbio (p. 202) e sul dovere di impegnarsi per il cambiamento perchè ''Il mondo non migliorerà di sua iniziativa'' (p. 418) (7). Con queste premesse si entra nel secolo XXI con la serie di saggi raccolti in Fractured Times (impropriamente tradotto in italiano con La fine della cultura) quando l'intero sistema dell'istruzione si espande e rende necessario ''un programma didattico funzionale rivolto alla comunità dei giovani educabili, non solo all'interno di una nazione o di un circolo culturale, ma in tutto il mondo (p. 43)
Le logiche della politica e del mercato nella scuola
Si consideri, che agli inizi del Novecento, Francia, Gran Bretagna e Germania accoglievano solo l'un per mille della popolazione (p. 10) e in quest'ultimo paese gli insegnanti di scuola secondaria in Germania erano solo 4200 (p. 87). Ora in Europa gli insegnanti sono oltre 5 milioni (8). Dinanzi all'espansione del sistema scolastico è accaduto che la costruzione di una struttura educativa sia stata sottoposta alle logiche della politica e del mercato (p. 57) tuttavia questa tendenza è pericolosa perchè ''gli interessi della cultura non possono essere lasciati al libero mercato'' (p. 71). Purtroppo la politica (quella che risponde a interessi particolari e non ad imperativi morali) e il mercato interagiscono sulla cultura in maniera nefasta; infatti ''per quel che concerne i responsabili delle decisioni politiche, almeno negli Stati democratici, la cultura semplicemente non riveste grande importanza negli affari interni'' (p. 60), mentre ''in campo culturale, il concetto contemporaneo di ‘mercato' un'indiscriminata, globalizzante ricerca del massimo profitto è del tutto nuovo'' (p. 61). Il tutto compromette la vecchia indipendente tradizione critica degli intellettuali dell' Ottocento e del Novecento giacchè ''è un paradosso tipico del nostro tempo che l'irrazionalità nella politica e nell'ideologia non abbia alcuna difficoltà a convivere con le tecnologie più avanzate, e anzi a servirsene'' (p. 210). Il dilemma del XXI secolo è segnato dalle lacerazioni ''tra il mondo del sentimento e una tecnologia impermeabile alle emozioni'', eppure ''si possono fare più soldi con la cultura di quanto tutti pensavano in precedenza (p. 63).
Il segreto del successo
Investire in cultura e scuola non solo è utile e necessario, è anche redditizio e tutto ciò sembra sfuggire alle classi dirigenti del nostro Paese; eppure tutto ciò risulta anche dal libro di Edward Glaeser. Infatti nel Trionfo delle città (9) si legge: ''Il successo del Museo Guggenheim a Bilbao ha dato credito alla concezione secondo cui le istituzioni culturali possono costituire delle strategie di successo per il rinnovo urbano'' Il dato notevole è che il museo ha attirato un milione di turisti l'anno e che i visitatori della città sono passati da 1,4 milioni (1994) a 3,8 milioni (2005). Investire nelle scuole significa anche superare il disagio sociale dei quartieri particolarmente deprivati come è accaduto per la Children's Zone di Harem (10) . La diffusione della cultura comporta un incremento del successo economico: Minneapolis nel 2009 aveva uno dei redditi pro-capite più alti degli U.S.A. e ''il segreto del successo di questa città sta nell'istruzione: il 47,4 % della popolazione adulta possiede un diploma universitario'' e ciò discende dall'attaccamento al sapere che portarono i luterani scandinavi quando fondarono questa città. ''Il prodotto pro-capite sale nettamente con le dimensioni dell'area metropolitana se la città offre buona istruzione, altrimenti no'' . Più chiari di così non si può essere! Invece chi governa la Scuola insegue la politica dei tagli economici alle risorse didattiche e agli stipendi dei docenti e così si tradisce un percorso lungimirante iniziato nell'Ottocento e nel Novecento.
( I - continua)
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1. http://www.nybooks.com/articles/archives/2008/may/01/what-have-we-learned-if-anything/?page=1
2. http://en.wikipedia.org/wiki/Arthur_Ponsonby,_1st_Baron_Ponsonby_of_Shulbrede
3. http://hansard.millbanksystems.com/lords/1932/jun/29/public-expenditure#S5LV0085P0_19320629_HOL_29
4. http://www.nobelprize.org/nobel_prizes/peace/laureates/1937/chelwood-bio.html
5. http://blog.bnf.fr/gallica/?p=3202
6. R. Overy, The Morbid Age. Britain and the Crisis of Civilization, 1919-1939, New York 2009, p. 227
7. E. Hobsbawm, Interesting Times. A Twentieth-Century Life, London 2002
8. http://eacea.ec.europa.eu/education/eurydice/documents/key_data_series/151EN.pdf p. 88
9. Edward Glaeser, Il trionfo delle città, trad. it., Bergamo 2013
10. Glaeser, p. 151; cfr. http://www.hcz.org/about-us/history
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