Lo Stato italiano non può continuare a sottoscrivere contratti a tempo determinato e contemporaneamente guadagnarci
30 Ottobre 2013 | di Antonio Antonazzo
Ci siamo quasi!
Quando nel lontano 1998 il sottoscritto e alcuni colleghi militanti nel CIP (Comitati Insegnanti Precari) decisero di intraprendere la via legale per denunciare i soprusi e le ingiustizie che i docenti precari subivano a causa del ''particolare'' trattamento contrattuale da parte dello Stato italiano, sapevamo che per ottenere giustizia si sarebbe dovuto andare al di fuori dei confini nazionali.
Il percorso è stato lungo e travagliato, fatto di cocenti vittorie e di brucianti sconfitte, ma alla fine, dopo 15 anni, siamo quasi giunti alla meta. È vero, non siamo ancora arrivati a sentenza - per quella bisognerà aspettare ancora qualche mese - ma, le osservazioni scritte che la Commissione Europea ha inviato al Presidente e ai Giudici della Corte di Giustizia dell'Unione Europea sono così chiare e lineari che lasciano ben più di una semplice speranza riguardo alla sentenza che la Corte di Giustizia Europea dovrà pronunciare in seguito alla richiesta di pronuncia pregiudiziale proveniente dal Tribunale di Napoli. Le conclusioni non lasciano adito a dubbi: Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, la Commissione propone alla Corte di rispondere ai quesiti pregiudiziali sollevati dal Tribunale di Napoli nelle presenti cause riunite: ''Non può ritenersi obiettivamente giustificata ai sensi della... una legislazione nazionale che consente il rinnovo di contratti a tempo determinato non solo per la sostituzione di personale temporaneamente assente ma anche per la copertura dì vacanze nell'organico del personale docente e ausiliario tecnico amministrativo della scuola statale in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale di ruolo, senza che vi sia alcuna certezza sul momento in cui tali procedure saranno espletate e, pertanto,senza prevedere criteri obiettivi e trasparenti per di verificare se il rinnovo dei contratti in questione risponda effettivamente ad un'esigenza temporanea reale, sia atta a raggiungere lo scopo perseguito e necessaria a tal fine. Spetta al giudice nazionale verificare se tali condizioni ricorrano nel caso di specie. La clausola 5 dell'accordo quadro non osta a che gli Stati membri prevedano, per tutto il settore pubblico, incluso il settore scolastico, un regime per il ricorso abusivo a contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi diverso da quello applicabile al settore privato, purchè le misure previste nell'ambito di tale regime siano sufficientemente effettive e dissuasive per garantire la piena efficacia delle norme adottate in attuazione dell'accordo quadro, non meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna e tali da non rendere praticamente impossibile o eccessivamente diffìcile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento dell'Unione... Ragioni di carattere puramente finanziario non costituiscono, di per sè e salvo casi estremi motivi imperativi di interesse generale sufficienti.
Quindi, uno Stato membro non può arbitrariamente derogare a norme generali europee e se lo fa, deve accertarsi di avere delle motivazioni serie, convincenti e temporanee e mettere in piedi un meccanismo di tutele del lavoratore tale da rendere poco conveniente al datore di lavoro, pubblico o privato che sia, abusare di tali deroghe.
In altre parole, lo Stato italiano non può continuare a sottoscrivere contratti a tempo determinato e contemporaneamente guadagnarci; se vuole continuare a farlo, deve pagare di più i precari e pagarli così tanto che gli converrebbe sicuramente assumerli a tempo indeterminato. È la giustizia Bellezza. La giustizia! E tu non ci puoi fare niente. Niente.
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