Firenze, 5 ottobre 2013: Il sistema dell'istruzione e della formazione tra pensiero critico e mercato del lavoro
30 Ottobre 2013 | di Ester Trevisan
Puntuale all'appuntamento del 5 ottobre istituito dall'Unesco nel 1994, anche quest'anno la Gilda degli Insegnanti ha celebrato la Giornata Mondiale dell'Insegnante con il convegno ''Il sistema dell'istruzione e della formazione tra pensiero critico e mercato del lavoro' che si è svolto a Firenze.
Ad aprire i lavori, l'intervento di Renza Bertuzzi, direttrice del mensile della Gilda degli Insegnanti ''Professione docente'', che ha sottolineato come il rapporto tra scuola e lavoro sia insito nella Costituzione: ''Il lavoro, fatto di autonomia e dignità, - ha detto Bertuzzi - è fondamento della Repubblica e titolo di appartenenza alla comunità nazionale e la scuola, riprendendo le parole di Piero Calamandrei, è l'organo centrale della democrazia. Principio comune tra scuola e lavoro è quello dell'inclusione e dunque - ha concluso Bertuzzi - separare questi due luoghi democratici è profondamente sbagliato''.
Gianluigi Dotti, responsabile del Centro Studi Nazionale della Gilda degli Insegnanti, ha analizzato il legame, in Italia ancora troppo debole, tra scuola e apprendistato, ricordando come gli imprenditori in passato abbiano abusato del contratto di apprendistato utilizzandolo come modalità di assunzione agevolata e, quindi, meno costosa. ''Una serie di riforme - ha spiegato Dotti - ha nel tempo modificato e completato la legge del 1955 e quelle successive con l'intento di rendere effettiva la finalità formativa dell'apprendistato e di avvicinarsi all'Europa. Nel 2011, poi, è stato definito il testo unico che ha istituito tre tipologie di contratto. Nonostante ciò, - ha rilevato Dotti - in Italia l'apprendistato non è decollato perchè le aziende hanno maturato una percezione sbagliata di questo tipo di contratto ritenuto troppo rigido e oneroso dal punto di vista economico e burocratico''.
In tema di apprendistato, Fabrizio Reberschegg, presidente dell'associazione Docenti Art. 33, ha illustrato il caso della Germania dove la disoccupazione giovanile si attesta a un livello molto basso rispetto al resto dei Paesi europei e si registra un alto livello di inclusione nel mercato del lavoro. ''In Italia - ha affermato Reberschegg - la scuola e gli insegnanti sono al servizio delle famiglie, mentre in Germania l'autorevolezza dei docenti è molto più elevata perchè sono loro a definire in termini precisi qual è orientamento degli studenti fin dai primi anni di scuola. Quello tedesco è un sistema che pone in collegamento stretto il mercato del lavoro e quello della scuola mentre noi in Italia riteniamo atavicamente, sbagliando, che il lavoro manuale sia di serie B''. Qualche dato: in Italia il tasso di disoccupazione è dell'11,5% e in Germania del 5,4%, contro la media europea del 10,9%. In Germania il fenomeno dell'occupazione marginale riguarda 7,3 milioni di lavoratori (20% della forza lavoro); dal 1 gennaio 2013 si registra un + 2,5 milioni di lavoratori che usano i minijobs come integrazione allo stipendio.
Al modello tedesco Enzo Marvaso, coordinatore Rete Robotica a Scuola, ha contrapposto quello del Piemonte da dove è partito il progetto ''Robotica a scuola'', nato grazie alla collaborazione tra Politecnico Torino, associazioni datoriali, Camera di Commercio di Torino e sindacati. ''Da una ricerca sui bisogni formativi del territorio - ha spiegato Marvaso - è risultato che in Piemonte sono presenti 252 aziende attive nel settore high tech, soprattutto robotica e meccatronica, che non trovavano figure professionali adatte. Così è nato un progetto, finanziato interamente da soggetti privati che hanno investito 600mila euro per laboratori e 100mila euro per la formazione di 121 docenti, grazie al quale è stato siglato un protocollo d'intesa con Telecom per realizzazione di ulteriori nuove tecnologie nelle nostre scuole. Un esempio concreto - ha concluso Marvaso - che dimostra come la scuola non possa essere autoreferenziale''.
Sull'importanza e sul valore dell'esperienza pratica si è concentrato l'intervento di Valerio Vagnoli, dirigente scolastico e membro del Gruppo di Firenze, che ha puntato l'indice contro la ''damnatio memoriae nei confronti del lavoro manuale di qualunque tipo, fosse pure quello artigianale e artistico a cui tanto devono la cultura e l'economia italiana. E l'idea che la cultura liceale, quella in grado di formare esseri pensanti, critici e liberi, si dovesse almeno in parte estendere anche agli altri indirizzi, - ha detto Vagnoli - fece sì che nei primi anni Novanta gli istituti tecnici e professionali si snaturassero totalmente ‘licealizzandoli' e cancellando in modo quasi definitivo la loro identità''. Vagnoli ha poi presentato l'esperienza toscana nel campo dell'istruzione professionale che ha abbandonato il modello integrato a favore di un percorso complementare in cui le materie di cultura di base sono spostate al terzo anno, quando gli studenti, avendo sperimentato le attività tecnico-pratiche, possono comprendere meglio il valore delle discipline culturali. ''Infatti ogni lavoro ben fatto, qualunque esso sia, - ha concluso Vagnoli - è sempre il frutto di un uomo ben fatto''.
Ha chiuso i lavori del convegno Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, che ha ringraziato i relatori e la platea dell'Auditorium al Duomo, sottolineando la soddisfazione di aver parlato e discusso di esperienze positive di una scuola che dimostra di essere ancora propositiva e protagonista.
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