I nostri studenti quindicenni non sfigurano di fronte ai loro coetanei, grazie alla professionalità e alla dedizione degli insegnanti, nonostante una stagione di tagli e risparmi che i diversi governi hanno inflitto al sistema di istruzione
26 Febbraio 2014 | di Gianluigi Dotti
Il 3 dicembre 2013 è stata presentato, presso il MIUR, il report del Programma di valutazione internazionale degli studenti 2012 (conosciuto come PISA: Programme for International Student Assessment) che ogni tre anni valuta il livello delle ''competenze essenziali'' per una consapevole cittadinanza nella società moderna (alternativamente in matematica, scienze, lettura) acquisito dagli studenti quindicenni.
La rilevazione del 2012 fa perno in particolare sulle ''competenze essenziali'' della matematica, ma, seppur in secondo piano, sono testate anche quelle delle scienze e della lettura. All'indagine hanno partecipato 510.000 studenti in rappresentanza di circa 28 milioni di quindicenni dei 65 paesi ed economie coinvolti.
Il campione italiano è costituito da 38.142 quindicenni di 1.186 scuole rappresentativo di tutto il territorio e di tutti gli ordini di scuola, con un tasso di partecipazione del 93%.
I test, della durata di due ore, sono stati somministrati su supporto cartaceo con domande a risposta multipla e domande con risposte elaborate individualmente dagli studenti. Un questionario che raccoglie informazioni sulla famiglia, sulla scuola frequentata e sull'esperienza di apprendimento accompagnava il test.
L'obiettivo dichiarato del programma OCSE-PISA è quello di mettere a disposizione degli esperti dei sistemi d'istruzione e dei decisori politici i dati relativi all'esistente per consentire lo studio e l'adozione di provvedimenti che consentano migliori performance al sistema d'istruzione dei singoli paesi.
La Gilda degli Insegnanti, come ricorderà facilmente chi ci legge, ha sempre guardato con una certa prudenza e cautela queste indagini, che come ricorda G. Israel rischiano di diventare una sorta di ''anestesia dello spirito critico''. Le principali perplessità riguardano, in particolare, il sistema dei test, la strumentazione cosiddetta scientifica, per valutare le competenze degli alunni che, come ricorda sempre Israel, ha mostrato tutti i suoi limiti negli ultimi anni e la cui attendibilità ''è stata già messa in discussione, per esempio dai sociologi Jörg Blasius e Victor Thiessen''.
Ma diversi dubbi e preoccupazioni ci sono anche per quanto riguarda l'interpretazione e l'uso dei risultati del report che ne possono fare i decisori politici.
Proprio queste preoccupazioni, e l'impatto che l'indagine ha sull'opinione pubblica e sugli stessi docenti, impongono, per una corretta interpretazione dei risultati e delle eventuali proposte di intervento, una precisa conoscenza e una attenta riflessione proprio da parte degli insegnanti, che ne sono direttamente coinvolti.
Naturalmente, saranno necessari più interventi per analizzare una mole di dati davvero impressionante riportati nel report completo, in questo breve articolo ci limitiamo alle questioni più generali.
Il primo dato che merita attenzione è un dato di contesto, non direttamente legato ai test, ma alle risorse impiegate dagli stati per il proprio sistema d'istruzione. Tra il 2001 e il 2010, dice il report: ''la spesa per studente è cresciuta nella maggior parte dei Paesi OCSE. Durante lo stesso periodo tuttavia la spesa cumulata per studente dai 6 ai 15 anni di età è diminuita dell'8% in Italia, con una riduzione delle risorse concentrata verso la fine del periodo''. Troviamo qui l'autorevole conferma, certificata dall'organismo internazionale, dei tagli operati sulle scuole in Italia dagli ultimi governi e, come tutti sappiamo, questa la riduzione dei ''costi dell'istruzione'' è continuata anche dopo il 2010.
Per quanto riguarda, invece, la ''classifica generale'' è interessante notare che, rispetto alle precedenti rilevazioni, il modello Finlandia che aveva sempre dominato scende al dodicesimo posto per matematica, al sesto in lettura e al quinto in scienze, mentre in decisa ascesa ci sono i paesi asiatici: Shangai primo in tutte e tre le competenze rilevate; Singapore e Hong-Kong si dividono il secondo e terzo posto, seguiti da Giappone e Taiwan.
Subito gli studiosi hanno rilevato che il modello didattico e l'impostazione pedagogica, decisamente più tradizionali dei paesi asiatici, hanno prevalso sulle innovazioni finlandesi che tutto il mondo ha studiato e cercato di imitare negli scorsi anni. Il giudizio, forse troppo sommario, ha però il pregio di aver messo in discussione quello che sembrava essere una sorta di ''dogma'' didattico dell'innovazione e dello student-center. Una buona pista di ricerca è quella indicata da Gabriele Ferrante su Tecnica della scuola del 20 dicembre 2013: ''Due sistemi a confronto, due diversi modi di intendere il processo di insegnamento-apprendimento: pagano di più le nuove tecnologie innovative o i buoni vecchi metodi della nostra infanzia? O non sarebbe forse più opportuno combinare le due cose, modulando ed integrando sinergicamente e a seconda delle circostanze il nuovo con l'antico, il futuro con la tradizione?''.
Per quanto riguarda l'Italia, i risultati delle rilevazioni collocano le competenze in matematica dei quindicenni italiani di poco al di sotto della media OCSE, 485 punti contro i 494 di media. Sullo stesso livello dell'Italia si collocano paesi come: Norvegia, Portogallo, Spagna, Repubblica Slovacca e Stati Uniti. Distanza che si accorcia per la lettura (490 contro 496) in compagnia di Danimarca, Repubblica Ceca, Ungheria, Lussemburgo, Israele e per le scienze (494 contro 499) con Danimarca, Francia, Ungheria, Lussemburgo, Norvegia, Portogallo, Spagna e Stati Uniti.
I risultati, che collocano l'Italia intorno alla metà classifica dei 65 Paesi che hanno partecipato alla rilevazione, evidenziano un dato decisamente positivo per il sistema di istruzione del nostro Paese che ha registrato i progressi più rapidi e significativi, tra tutti i paesi coinvolti, in matematica e in scienze rispetto ai precedenti report (2000, 2003, 2006, 2009).
Un elemento di ulteriore riflessione è il permanere di forti differenze territoriali tra le diverse zone della penisola, con la sorpresa che in alcune di esse i quindicenni italiani raggiungono punteggi ben superiori alla media OCSE e figurano tra i migliori studenti del mondo in matematica, scienze e lettura, al pari dei loro coetanei asiatici.
Il report registra anche il permanere di una variabilità statisticamente significativa tra istituti scolastici, che non si riduce nelle diverse indagini, mentre si riduce la variabilità/differenze all'interno degli istituti.
Un ulteriore dato è la rilevazione che gli studenti italiani risultano essere, in generale, tra coloro che si assentano più spesso dalle lezioni e che esiste un rapporto molto significativo tra i risultati inferiori alla media OCSE dei quindicenni l'alto numero di assenze registrato (le più alte tra i 65 paesi che hanno partecipato all'indagine).
L'indagine prende anche in esame il rapporto tra la frequenza della scuola materna e/o del nido e i risultati conseguiti nei test. Emerge che i quindicenni che hanno frequentato i corsi pre-primaria hanno risultati decisamente migliori nelle competenze di matematica dei loro coetanei che non li hanno frequentati.
Concludiamo questa prima breve riflessione sui risultati del report OCSE-PISA 2012 con una considerazione : i nostri studenti quindicenni non sfigurano di fronte ai loro coetanei, nonostante una stagione di tagli e risparmi che i diversi governi hanno inflitto al sistema di istruzione. Prima che qualcuno possa pensare che tagli e risparmi siano ininfluenti sui risultati, è bene sottolineare come il merito di ciò sia senz'altro da individuare nella professionalità e nella dedizione degli insegnanti che, nonostante la burocrazia, le classi numerose, la mortificazione economica e professionale svolgono la loro professione con impegno e serietà.
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