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Numero 1 - Gennaio 2018
Numero 1 Gennaio 2018

Tutti i banchi sono uguali: un libro che apre profonde riflessioni sul ruolo della scuola e della diseguaglianza sociale

Christian Raimo, Tutti i banchi sono uguali. La scuola e l'uguaglianza che non c'è. Einaudi 2017. Un libro da leggere.


28 Dicembre 2017 | di Fabrizio Reberschegg

Tutti i banchi sono uguali: un libro che apre profonde riflessioni sul ruolo della scuola e della diseguaglianza sociale Christian Raimo, scrittore, traduttore, intellettuale e, soprattutto, insegnante in un Liceo di Roma ha pubblicato recentemente con Einaudi un libro importante sui temi dell'istruzione e degli effetti delle contraddittorie politiche educative e formative in Italia. La scuola e l'uguaglianza che non c'è: è il sottotitolo del libro. Infatti la tesi di fondo che permea tutto il lavoro di Raimo è il riconoscimento che la scuola, invece di essere luogo di formazione dei cittadini e ascensore sociale per i ceti meno favoriti, assume la funzione di accoglienza acritica e para-assistenziale, di strumento che crea competenze di adattamento e adattabilità rispetto alla sfera dell'economia.
 I riferimenti di Raimo a Don Milani risultano importanti e corretti : egli  contestualizza la figura del sacerdote di Barbiana nel suo tempo e all'interno di una dinamica politica in cui le ideologie erano punti fondamentali della collocazione della cittadinanza. Il tema  di fondo degli scritti di Don Milani era quello della diseguaglianza e del fatto che la scuola era allora la fotografia statica della diseguaglianza sociale evitando quindi di affrontare i temi della cittadinanza basata sulle regole costituzionali, della conoscenza dei contratti di lavoro, della critica all'esistente. Con questa contestualizzazione, appare allora infondata, o solo parzialmente fondata, quella critica contro Don Milani che negli ultimi anni ha contraddistinto un dibattito troppo spesso astratto e dimentico delle condizioni storiche, sociali e ideali in cui agiva la scuola di Barbiana. Il problema è che troppo spesso si è creata una meta-ideologia che paradossalmente ha santificato in una sorta di icona intoccabile lo stesso Don Milani. Nello  stesso tempo essa  ha  rigettato  nel dibattito sull'istruzione il problema della natura sociale e strutturale della diseguaglianza con una sorta di ipocrita assistenzialismo buonista. Così la nostra scuola delle incessanti riforme ha riempito di belle parole i documenti ministeriali e la montagna di normative che ha squassato il lavoro degli insegnanti. Meritocrazia, inclusione, accoglienza, eliminazione della dispersione scolastica, piani individualizzati, bisogni educativi speciali, soft skills, didattica per competenze, educazioni di varia natura e finalità (educazione all'alimentazione, contro il bullismo, alla cittadinanza, al consumo consapevole, alle differenze, ecc.) rappresentano superfetazioni del tempo che dovrebbe essere dedicato all'istruzione e al rapporto diretto con gli allievi.
Il libro di Raimo non risparmia le critiche alle riforme da Berlinguer,  alla "Buona Scuola" che non hanno affrontato la funzione di una scuola che deve avere risultati ed effetti nei tempi medi e lunghi. Al contrario l'intervento delle logiche aziendali ha inquinato la riflessione sui contenuti dei saperi obbligando a sposare l'ideologia delle competenze introdotta prima dallo psicologo del lavoro americano David McClelland (sapere, saper fare, saper essere) e poi sviluppata dal francese Guy Le Boterf, consulente per aziende, istituzioni e UE esperto di “valorizzazione del capitale umano”. Le "competenze" servono a fissare obiettivi da raggiungere in una data situazione per poi cercare e nominare le risorse necessarie e le modalità del loro utilizzo. Ma chi fissa gli obiettivi? Chi decide quali sono le priorità di utilizzo delle risorse del "capitale umano"? Nel nostro mondo globalizzato i governi e gli Stati hanno perso la centralità nelle politiche della formazione e dell'istruzione. Chi decide sono gli animal spirit del mercato globale che impongono  obiettivi di breve periodo ,  inoculano nella scuola l'ideologia della flessibilità e della adattabilità del lavoratore/consumatore, fingendo di introdurre ipocrite competenze di "cittadinanza". Non è un caso che in tutti i paesi economicamente avanzati si susseguano incessantemente riforme scolastiche che cercano di adeguare le competenze scolastiche alla competitività globale.
In Italia sembra cambiato poco dai tempi di Barbiana. La cosiddetta dispersione scolastica appare ancora frutto di un classismo che ha origini nel ceto in cui la provenienza familiare ha grande influenza e che vede il punto dirimente nella incapacità di definire una seria politica nell'orientamento scolastico. Raimo ricorda Bourdieu quando si cita giustamente  il fatto che "i dominanti applicano a ciò che li domina schemi che sono il prodotto del dominio" Le famiglie che appartengono al medio-alto livello sociale spingono a contraddire il parere degli insegnanti e a pretendere in modo talvolta arrogante il pieno successo scolastico in linea con i desiderata per il futuro dei figli. Gli insegnanti (non parliamo poi dei dirigenti scolastici..) assumono troppo spesso, anche per stanchezza e demotivazione, la funzione di legittimazione di tale atteggiamento. La cecità di famiglie, insegnanti e studenti determina, nel nostro Paese più che in altri, atteggiamenti di cristallizzazione dei poteri esistenti consentendo quella che Bourdieu definisce "violenza simbolica".
Ma il tutto viene poi giustificato mediante astruse teorie sul "capitale umano", la sua misurazione e la  valorizzazione meritocratica. Le pagine di Raimo sulla meritocrazia e la valutazione nella scuola sono illuminanti laddove egli propone sinteticamente, ma con molta chiarezza, i principali modelli di misurazione degli effetti dell'istruzione nella distribuzione dei redditi che tanto hanno successo nei media italiani. Ma è centrale la citazione del premio Nobel per l'economia Arrow secondo cui "L'istruzione superiore non contribuisce in alcun modo a prestazioni economiche superiori...Al contrario, l'istruzione superiore serve come dispositivo di screening , in quanto individua persone di diversa abilità, trasmettendo così informazioni a chi compra lavoro". L'istruzione servirebbe quindi a certificare le qualità e potenzialità del lavoratore. Ma lo stesso processo vale per la misurazione del "merito" non solo per gli studenti, ma per gli stessi insegnanti. Il bonus per il merito ai "bravi docenti" è conseguenza di tale ideologia come la "chiamata diretta" dei docenti da parte dei dirigenti scolastici partendo dal curriculum. Così è parte integrante della "cittadinanza produttiva" l'applicazione delle varie forme di Alternanza Scuola-Lavoro sotto forma di stage aziendale non pagato, obbligatorio per un numero eccessivo di ore, organizzato in modo confuso e quasi anarchico nella scuola italiana. Paradossalmente tutto ciò in un mondo che tende a ridurre il lavoro a favore dell'automazione e dell'informatizzazione.
Di fronte a tale disastro rimane per Raimo, oltre ad una impellente necessità di ripensare complessivamente il sistema scolastico attuale, la forza ancora rivoluzionaria dell'insegnamento partendo dalla consapevolezza che la scuola è autocritica ed eterna messa in discussione di sè. Ciò partendo dalla riproposizione di una conoscenza critica, che ha il coraggio di cercare di comprendere il perchè delle cose:  perchè si può immaginare un modo diverso, perchè abbattere la diseguaglianza nella scuola non significa essere "buoni", ma essere laicamente tra quelli che vogliono abbattere le cause della diseguaglianza sociale ed economica partendo dalla rilettura e imponendo l'applicazione dell'art. 3 della Costituzione.
Un libro da leggere.
 


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Numero 1 - Gennaio 2018
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
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Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
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Hanno collaborato a questo numero:
Fabio Barina, Roberto Casati, Rosario Cutrupia, Antonio Gasperi, Marco Morini,
Adolfo Scotto di Luzio, Fabrizio Tonello, Ester Trevisan