E’ andato a regime uno degli istituti giuridici più pericolosi per la scuola pubblica, che ne segnerà la definitiva trasformazione da luogo di valorizzazione della cultura a fabbrica di precoci consumatori.
28 Dicembre 2017 | di Antonio Gasperi
Una delle innovazioni della buona scuola è ormai a regime. La frase, apparentemente molto significativa, è in realtà assolutamente priva di senso. Analizziamola nei suoi tre concetti cominciando dal primo, innovazione. Fra i significati del termine innovazione, mutuato dal linguaggio tecnico-scientifico che ormai permea il nostro parlare quotidiano, troviamo “Introduzione di sistemi e criteri nuovi”. Ora, fin dalle prime FAQ ministeriali seguite alla l. 107, si è capito che i criteri per l’assegnazione del bonus per il merito – pur formalmente stabiliti da un apposito comitato di valutazione – erano in realtà affidati alla discrezionalità del dirigente scolastico. Dunque, riguardo al bonus merito non si può parlare correttamente di innovazione, bensì di modifica degli elementi retributivi della busta paga dei docenti.
Passiamo al secondo concetto contenuto nella frase, quello di buona scuola: è facile notare che l’etichetta positiva affibbiata all’ultima riforma scolastica targata Renzi, fa parte della strategia comunicativa di quest’ultimo, analizzata da fior di analisti fin nei minimi particolari. Non mi azzarderò quindi ad esprimere giudizi generali sul se e perché la l. 107 è conosciuta in questo modo, ma mi limiterò a collegare l’aura di ottimismo che aleggia intorno al concetto di buona scuola con il nuovo istituto del bonus per il merito. Quest’ultimo, per sua natura, introduce una distinzione fra docenti meritevoli e docenti che non lo sono, inoculando nel “corpo docente” il germe della concorrenza. Ora, se da un lato le direttive ministeriali spingono i docenti a collaborare allo scopo di progettare una didattica per competenze, per arrivare nel medio termine, con buona pace della libertà di insegnamento, a curricoli vincolanti di progettazione e valutazione delle competenze, dall’altro la buona scuola crea graduatorie di bravura fra gli stessi docenti che dovrebbero collaborare. Ecco una profonda contraddizione insita nel sistema creato dalla buona scuola.
Terminiamo queste brevi osservazioni analizzando il terzo concetto, il fatto che l’istituto del bonus per il merito è andato a regime. Questo è infatti il terzo anno di applicazione dell’istituto giuridico analizzato ed una recente sentenza del TAR del Lazio – venduta come una conquista da importanti sindacati della scuola – fa giustizia della necessaria trasparenza che un così delicato procedimento quale è la valutazione dei docenti da parte del loro datore di lavoro vorrebbe imprescindibile. Recita la sentenza che “l’istanza proposta dal ricorrente ha nella sostanza ad oggetto la documentazione relativa al procedimento di concessione del bonus, che costituisce documentazione ostensibile a chi vi abbia interesse ai sensi degli artt. 22 e segg. L. 241/90..” In parole semplici ciò significa che tutti i docenti che sono esclusi dall’assegnazione del bonus merito potranno chiederne la motivazione con un semplice ricorso al TAR territorialmente competente. Dunque, nonostante qualche timida FAQ seguita all’introduzione dell’istituto giuridico in questione raccomandasse ai Dirigenti Scolastici di favorire il clima di democrazia e trasparenza nell’applicazione del medesimo, il passaggio a regime del bonus merito sancisce il definitivo tramonto del regime democratico nella scuola adombrando una sorta di feudalesimo in cui viene favorito un atteggiamento di vassallaggio verso il signore al quale si prestano i propri servigi: il feudatario scolastico infatti – salvo improbabili costosi ricorsi amministrativi da parte dei “docenti contrastivi” – non dovrà render conto a nessuno delle scelte riguardanti una quota per ora piccola del salario dei suoi dipendenti. Va aggiunto che inevitabilmente le graduatorie di merito produrranno una sorta di effetto alone sulla reputazione dei docenti, rafforzando il potere clientelare del “dominus”: tale fenomeno è in linea con la volontà degli ultimi governi di modificare la proporzione fra retribuzione base ed elementi variabili a favore di questi ultimi, cosa ampiamente dimostrata dall’entità degli aumenti previsti.
In conclusione è andato a regime uno degli istituti giuridici più pericolosi per la scuola pubblica, che ne segnerà la definitiva trasformazione da luogo di valorizzazione della cultura a fabbrica di precoci consumatori; la frase va perciò corretta in questo modo: è entrato in funzione un istituto che distrugge uno dei pilastri fondamentali dell’istituzione scolastica.
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