Tomaso Montanari, Cassandra muta. Intellettuali e potere nell’ Italia senza verità. Edizioni Gruppo Abele 2017.
Gli uomini di cultura non devono lasciare al potere, che ha il monopolio della forza, anche quello della cultura. Perché gli intellettuali (e quindi gli insegnanti) devono parlare franco
28 Dicembre 2017 | di Renza Bertuzzi
Cassandra, la sacerdotessa troiana, ebbe da Apollo il dono della profezia, ma, non essendosi a lui concessa, ricevette dal dio la punizione di non essere creduta nelle sue profezie. Non ci è dato sapere se lei prevedesse effettivamente o sapesse vedere nel presente ciò che altri non volevano vedere, come disse di sé Pier Paolo Pasolini, Cassandra del nostro tempo. Certo è, come ci racconta Tomaso Montanari, citando l’Agamennone di Eschilo , che Cassandra tacerà quando verrà portata sul carro del vincitore, quando il potere si impadronirà di lei. “Cassandra muta” di Tomaso Montanari, Edizioni gruppo Abele è un piccolo bel libro, agile e profondo, polemico e acuto che parla del ruolo degli intellettuali e degli studiosi rispetto alla politica. Nasce dopo la vittoria del No al Referendum costituzionale proposto pervicacemente dal Governo, che aveva grevemente avversato i professoroni che dicevano No. “Gli uomini di cultura non devono lasciare al potere, che ha il monopolio della forza, anche quello della cultura” .Così Montanari ripercorrendo il cammino difficile – ma vittorioso- che ha portato il No a prevalere nel referendum di dicembre 2016 ricorda le bacchettate del potere a chi, intellettuale professionalizzato, osasse esprimersi contro le scelte politiche. La professionalizzazione spinta del lavoro intellettuale ha come corrispettivo il professionalizzarsi della politica, la costruzione di una sua sfera autonoma rispetto alla cultura e agli stessi conflitti sociali. E della politica come sfera autonoma si occupano prevalentemente i grandi mezzi di informazione.
Non deve essere così, sostiene Montanari, anche se molti intellettuali, soprattutto docenti universitari, accettano di tacere in cambio di cariche prestigiose. Invece, l’ intellettuale che tace o dice sempre sì, anche quando crede che dire no sia più giusto, rendendosi in tal modo acquiescente al potere, rende un cattivo servizio alla sua funzione. L’ intellettuale deve essere coscienza critica e quando rinuncia a ciò, per opportunismo o per timore, danneggia non solo sé stesso ma anche altri. Montanari parla in primis dei docenti universitari ma anche i docenti di tutti gli altri ordini di scuola hanno il dovere di parlare chiaro, di non tacere, nei luoghi decisionali, perché investiti dalla Costituzione della funzione di educare i giovani al pensiero critico. Così, ci permettiamo di interpretare il pensiero di Montanari, che in un capitolo affronta anche labuonascuola, è bene che i docenti non tacciano ( e molti lo continuano strenuamente a fare) a fronte della caduta libera di una scuola che non trasmette più cultura. Che sostituisce la storia dell’ arte con le immagini, una scuola, precisa l’autore, modello Briatore.
Sostiene un detto popolare che un bel tacer non fu mai scritto, oggi, invece, altro è necessario.
Praticare la paressia, il parlare franco, anche a costo di perdere qualcosa ma di guadagnare in dignità e in rispetto di noi come singoli e come docenti.
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