Stipendi sempre più magri per gli insegnanti. Ricerca del Centro studi della Gilda degli Insegnanti
27 Agosto 2019 | di Gianluigi Dotti
La ricerca che chi scrive e Rosario Cutrupia hanno condotto per il Centro studi della Gilda degli Insegnanti evidenzia come il potere di acquisto dei docenti sia crollato inesorabilmente nel corso degli ultimi anni e ha documentato, cifre alla mano, il malcontento dei docenti per i loro stipendi, dimostrando, di conseguenza, la necessità di intervenire al più presto con aumenti contrattuali consistenti, pena lo scivolamento della categoria degli insegnanti nella fascia di povertà.
Lo studio, del quale si possono leggere le tabelle riassuntive in questa pagina, prende come riferimento lo stipendio medio di un insegnante con 21 anni di servizio nella scuola secondaria di primo grado ed esamina la variazione annua degli stipendi dei docenti in relazione all’andamento dell’inflazione media annua programmata dal 1997 al 2018. Quindi, la perdita del potere d’acquisto rilevata è relativa al dato dell’inflazione programmata che, come sappiamo, è sempre inferiore a quella reale.
L’analisi dei dati dimostra come gli stipendi dei docenti italiani siano calati mediamente del 7% rispetto all’andamento dell’inflazione. In particolare, si nota che a partire dal 2010 e fino al 2017 gli incrementi stipendiali non hanno mai raggiunto l’1%, attestandosi addirittura a zero dal 2012 al 2015, a fronte di un’inflazione che, pur se non a ritmi galoppanti, viaggiava con segno positivo toccando punte del 2,80% e del 3% rispettivamente nel 2011 (aumento stipendi dello 0,20%) e nel 2012 (aumento stipendi dello 0,00%).
La perdita del potere d’acquisto degli stipendi degli insegnanti non si è fermata nemmeno con gli aumenti contrattuali strappati al Governo negli ultimi anni. Infatti nel grafico si può notare che ai picchi del 2007, del 2009 e del 2018 (gli anni degli aumenti ottenuti con il CCNL) è poi seguito un aumento significativo della distanza tra retribuzioni e inflazione che ha annullato i benefici della progressione stipendiale. In particolare, come si rileva dal grafico, il blocco dei contratti tra il 2009 e il 2016, voluto dai Governi di ogni colore politico, unito al congelamento dello scatto di anzianità del 2013, è il principale responsabile dell’impoverimento dei docenti italiani.
Tradotto in altri termini, significa che dal 2007 a oggi le buste paga mensili si sono alleggerite di circa 170 euro lordi. Se i nostri governanti non se ne sono accorti, invece i docenti lo sanno bene perché la petizione promossa dalla Gilda degli Insegnanti, e indirizzata al presidente del Consiglio Giuseppe Conte per chiedere lo “scongelamento” dello scatto di anzianità del 2013 e l’aumento degli stipendi dei docenti, ha superato le 30.000 firme e si è conclusa il 6 giugno con la consegna delle sottoscrizioni alla presidenza del Consiglio.
Le buste paga sempre più leggere hanno portato gli insegnanti a diventare fanalino di coda non soltanto nell’impietoso confronto con i colleghi degli altri Paesi europei, ma anche con tutti gli altri dipendenti pubblici italiani. Inoltre la significativa riduzione del potere di acquisto degli stipendi ha provocato una sostanziale diminuzione anche del prestigio sociale dei docenti.
Alla luce di tutto questo, la Gilda degli Insegnanti chiede al Governo di prevedere nel DEF e nella prossima legge di Bilancio uno stanziamento adeguato di risorse per recuperare la differenza tra gli stipendi dei docenti italiani non solo rispetto al resto degli insegnanti europei ma anche agli altri dipendenti del pubblico impiego.
Una parte delle risorse è possibile reperirle abolendo il bonus premiale introdotto dalla legge 107/2015 e destinando quei fondi all’aumento degli stipendi. Senza dimenticare il recupero dello scatto di anzianità 2013 che non deve finire nel dimenticatoio.
In questo contesto la Gilda degli Insegnanti si augura che il presidente del Consiglio, il quale ha già dimostrato sensibilità e apertura verso questo tema impegnandosi in prima persona con l’accordo siglato lo scorso 24 aprile con i sindacati rappresentativi della scuola, presti ascolto alle richieste di chi ogni giorno lavora per formare l’Italia del futuro.
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