IN QUESTO NUMERO
Numero 5 - Novembre 2019
Numero 5 Novembre 2019

Mof e FIS. Rimettere in discussione istituti obsoleti e penalizzanti della professionalità dei docenti

Uno dei fondamenti del sindacalismo è il principio che a parità di lavoro e funzione dovrebbe spettare parità di retribuzione. Le funzioni ritenute essenziali per il buon funzionamento della scuola o addirittura previste dalla normativa vigente dovrebbero essere contrattate a livello nazionale nel CCNL con parametri omogenei sul territorio nazionale


29 Ottobre 2019 | di Fabrizio Reberschegg

Mof e FIS. Rimettere in discussione istituti obsoleti e penalizzanti della professionalità dei docenti La Gilda degli Insegnanti ha firmato il 19 settembre, dopo anni di mancato consenso, il CCNI sul MOF 2019. L’elemento positivo che ha portato alla sottoscrizione è stato soprattutto il riconoscimento, in sede di erogazione del bonus per il merito, anche dei docenti a tempo determinato che ne erano precedentemente esclusi. In una situazione di organici in cui quasi un quarto degli insegnanti è a tempo determinato, i quali partecipano a pieno titolo alla progettualità delle scuole, la decisione è senza dubbio un altro tassello che modifica radicalmente i principi della legge 107/15 (La Buona Scuola..) di renziana memoria.
 
Si tratta di un piccolo passo in avanti che non può però soddisfare appieno le posizioni che la FGU-Gilda degli Insegnanti ha da sempre proposto in sede di contrattazione. Quali sono i motivi di dissenso e che differenziano la Gilda degli Insegnanti dalle altre OO.SS.?
 
Fin dal 1995, data di sottoscrizione da parte di CGIL,CISL,UIL del CCNL scuola in cui si è introdotto il Fondo dell’Offerta Formativa e il Fondo dell’Istituzione Scolastica con cui pagare le prestazioni accessorie del personale della scuola, la Gilda sempre ha ribadito che il MOF è fatto da soldi dei lavoratori, perciò dovrebbero essere parte integrante degli stipendi e dunque non considerati stanziamenti esterni gestiti da contrattazioni frammentate nel territorio nazionale o addirittura a livello di singola Istituzione Scolastica.
 
La Gilda ha chiesto da sempre che le figure strumentali e intermedie necessarie all’organizzazione scolastica fossero inquadrate a livello nazionale con compensi stabiliti uniformemente dal CCNL. Anche per questo, dalla sua nascita, la Gilda ha ribadito la necessità di creare un’area di contrattazione separata tra personale docente, personale ATA e presidi. I presidi, diventati dirigenti con l’appoggio delle altre OO.SS., hanno avuto il riconoscimento dell’area separata di contrattazione mentre le stesse OO.SS. si sono sempre rifiutate di concedere l’area separata per i docenti affermando che così “si dividevano i lavoratori della scuola” con effetti disastrosi nella pratica lavorativa nelle scuole. Con l’introduzione delle RSU di Istituto nel 2000 si sono trasferite, dalle tradizionali strutture territoriali del MIUR – allora Ministero della Pubblica Istruzione - (nazionale, regionale e provinciale) alle singole scuole, le contrattazioni sul salario accessorio.
 
Dopo tanti anni i risultati sono sotto gli occhi di tutti: troppe scuole sono diventate aziende con a capo dirigenti-manager e i lavoratori della scuola si scannano tra di loro nella contrattazione di istituto tra RSU e dirigente per quattro euro in più o in meno. Personale ATA contro docenti, staff di presidenza contro i docenti “normali”, progettisti di professione contro i semplici docenti che fanno il “solito” lavoro di insegnamento. Tutti contro tutti per dividersi una fettina di una torta già misera che molti dirigenti interpretano come tesoretto a loro disposizione per premiare i soggetti più funzionali alla loro immagine di scuola, dimenticando che si tratta di soldi dei lavoratori e non un fondo a loro disposizione.
 
Per evitare la triste lotta per la divisione del FIS (Fondo dell’istituzione Scolastica) tra personale ATA e personale docente, la Gilda aveva chiesto in sede di contrattazione integrativa nazionale che la quota fosse divisa già a livello nazionale tra personale ATA e personale docente incontrando la netta contrapposizione delle altre OO.SS.
 
Evidentemente la frammentazione della contrattazione e la conseguente lotta per la spartizione dei fondi nelle singole scuole è vista da alcuni come “libertà” e “autonomia” della contrattazione di istituto.
Così per la stessa funzione (ad es. il coordinatore di classe) i lavoratori sono retribuiti in maniera differente da scuola a scuola a seconda della forza contrattuale delle RSU.
E’ evidente che la complessità della scuola azienda e la letteratura aziendale appiccicata alla governance scolastica hanno introdotto molte figure organizzative intermedie che sono considerate strutturalmente essenziali.
Solo per citarne alcune: il coordinatore di classe, il coordinatore di dipartimento, il responsabile di plesso, le funzioni strumentali, il responsabile GLH, i tutor per i neo immessi in ruolo, i tutor per l’ex alternanza scuola-lavoro (ora PCTO), ecc. ecc. Alcuni autori ne hanno contato almeno una trentina, per ogni scuola.
 
Nella contrattazione di Istituto ci si dimentica che uno dei fondamenti del sindacalismo è il principio che a parità di lavoro e funzione dovrebbe spettare parità di retribuzione. In sede di RSU di Istituto questo principio basilare viene bellamente dimenticato da troppe organizzazioni sindacali forse per consolidare un miserabile micro potere nel microcosmo aziendale. Le funzioni ritenute essenziali per il buon funzionamento della scuola o addirittura previste dalla normativa vigente dovrebbero essere contrattate a livello nazionale nel CCNL con parametri omogenei sul territorio nazionale mentre potrebbero restare alla contrattazione di scuola solo i progetti che contraddistinguono il PTOF della specifica Istituzione Scolastica. Alcuni dicono che così si “svuoterebbe la contrattazione di istituto”.
 
Ma di questa contrattazione abbiamo veramente bisogno?
 
Per questo la Gilda degli Insegnanti continuerà a chiedere a gran voce la contrattualizzazione delle funzioni e delle figure intermedie che dovrebbero essere diretta espressione degli organi collegiali della scuola - a parte i due collaboratori del dirigente il cui compenso dovrebbe ricadere sul dirigente medesimo- e che si reintroduca, per la parte normativa, una contrattazione provinciale o di reti di scuola per evitare, cosa che accade ormai comunemente, che i dirigenti interpretino le norme contrattuali in maniera creativa e contraddittoria.
 
Sono proposte di buon senso che troverebbero anche il favore anche di molti dirigenti costretti a riunioni defatiganti e spesso inutilicon le RSU per trovare una quadratura su un FIS ormai ridotto all’osso.
Pensiamoci.
 
 
 


Condividi questo articolo:

Numero 5 - Novembre 2019
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
Comitato di Redazione:
Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
Antonio Antonazzo, Piero Morpurgo, Fabrizio Reberschegg, Massimo Quintiliani.
Hanno collaborato a questo numero:
Stefano Battilana, Alberto Dainese, Marco Morini, Adriano Prosperi, Fabrizio Tonello, Ester Trevisan.