Il principio dell’autorizzazione adulta è figlio della “cultura” dei nostri malsani tempi e di una pedagogia pedestre per i quali il giovane è un minus habens considerato sotto tutela permanente
29 Ottobre 2019 | di Gianluigi Dotti
Le recenti dichiarazioni del ministro Fioramonti, poi tradotte in una circolare ufficiale del MIUR, la n. 1845 del 23 settembre 2019, tese a favorire attraverso la giustificazione dell’assenza la partecipazione degli studenti al 3 Global Strike for Future del 27 settembre 2019, mi hanno deluso e amareggiato come insegnante e come adulto.
Premesso che, dal massimo rappresentante del MIUR, mi sarei aspettato una considerazione maggiore dell’Istituzione scuola, del tempo scuola e delle discipline di studio, saltare un’intera giornata di lezione non è in nessun caso un buon insegnamento di Educazione civica perché mette in discussione i doveri dello studente nei confronti dell’intera società, che ha investito risorse economiche e professionali per la sua formazione.
A maggior ragione, ritengo che gli studenti non abbiano proprio bisogno di alcuna autorizzazione a protestare. Anzi proprio il solo pensiero di autorizzare una protesta da parte degli adulti che rappresentano l’Istituzione trasforma anche le pur buone intenzioni nel più bieco paternalismo.
La protesta è tale se è vissuta come autonoma decisione dell’individuo che è consapevole delle sue scelte e delle conseguenze di queste. La protesta non è un gioco né un modo per saltare qualche giornata di lezione, per questo chi protesta deve mettere in conto che se viola le regole fissate dall’Istituzione può incorrere in sanzioni.
Tra l’altro chi decide quali siano i motivi per i quali le proteste sono autorizzate e giustificate dagli adulti? C’è una verità dell’Istituzione scolastica o dello Stato che consente al ministro di autorizzare le proteste quando affrontano alcuni argomenti e di vietarle quando ne contestano altri?
Il principio dell’autorizzazione adulta è decisamente dannoso perché priva il giovane di un suo diritto fondamentale, quello di decidere, compreso quello di decidere in modo sbagliato, in quanto lo ha già fatto l’adulto per lui. È figlio della “cultura” dei nostri malsani tempi e di una pedagogia pedestre per i quali il giovane è un minus habens considerato sotto tutela permanente, una sorta di grande fratello adulto che gli impedisce di crescere prendendosi le responsabilità connesse alle azioni di protesta.
Per quanto mi riguarda credo che l’Istituzione scolastica e i docenti non possano sottrarsi alla loro funzione educativa che comporta sia la richiesta agli studenti di rispettare i propri doveri sia quella di comminare le sanzioni previste nel caso questi doveri non siano rispettati. Tra i principali doveri degli studenti c’è l’impegno nella frequenza delle lezioni e nello studio.
In definitiva anche l’azione di protesta, se l’adulto è portatore di valori e di regole e se pone lo studente di fronte alle proprie responsabilità, può diventare un momento educativo, ma questo esclude qualsiasi accondiscendenza da parte dell’adulto.
Una riflessione molto più interessante della mia sul tema, variante registro elettronico, è stata pubblicata a firma di Annalena Benini su Il foglio quotidiano del 20 settembre 2019 che invito a leggere.
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