Forse noi cittadini potremmo legittimamente pensare che la strutturazione dello Stato e delle autonomie locali, come emersa dalla riforma costituzionale del Titolo V operata nel 2011, andrebbe rivista. Macchinosità e sovrapproduzione burocratica fanno male alla salute della Repubblica
01 Maggio 2020 | di Rino Di Meglio
Il 21 febbraio 2020, con l’individuazione ufficiale del primo contagiato, ha avuto inizio l’odissea degli italiani nel corona virus, che ha comportato nei giorni successivi lo “stato di emergenza” con conseguente limitazione delle libertà costituzionali e di innumerevoli restrizioni alcune anche di dubbia ragionevolezza.
Le scuole hanno iniziato le chiusure e, non senza sussulti e confusione, si sono lanciate nella didattica a distanza: non possiamo dimenticare che, nell’occasione dell’emergenza alcuni dirigenti si sono esibiti in esercizi assurdi del potere, incrementando inutili adempimenti burocratici, anche a distanza e disprezzando le regole contrattuali, sorretti da luminosi esempi dall’alto.
Voglio anche ricordare che, a seguito della chiusura dei tribunali, anche le garanzie giurisdizionali sono risultate in sostanza sospese e che quindi il cittadino si trova temporaneamente impossibilitato a far valere i propri diritti.
Come ha retto in generale l’organizzazione dello Stato, nelle sue varie articolazioni? Senza entrare nel campo delle critiche di parte, penso sia oggettivo osservare che vi è stata una certa confusione, e che la prova difficile non ha visto l’Italia brillare per chiarezza.
Basti pensare all’iniziale chiusura delle scuole sulla quale sono arrivate ordinanze di sindaci, prefetti, amministrazioni regionali e, per ultimo la Presidenza del Consiglio.
Un eccesso di produzione normativa e la sovrapposizione di competenze si possono sicuramente rilevare: un giornalista ha scritto che, alla data dell’otto aprile 2020, si contavano 19 provvedimenti del Governo (10 DPCM, 6 decreti-legge, 2 delibere del Consiglio dei Ministri ed un protocollo), poi si sono contati 48 provvedimenti del Capo Dipartimento per la Protezione Civile, i ministeri hanno emanato 160 tra decreti ed ordinanze. Le Regioni, alla stessa data, avevano emanato 339 ordinanze.
Incalcolabili poi le ordinanze dei quasi 8.000 comuni italiani.
Forse noi cittadini potremmo legittimamente pensare che la strutturazione dello Stato e delle autonomie locali, come emersa dalla riforma costituzionale del Titolo V operata nel 2011 andrebbe rivista. Macchinosità e sovrapproduzione burocratica fanno male alla salute della Repubblica, più che mai ora che sembra farsi strada anche l’idea di differenziare le riaperture produttive e commerciali e i permessi di movimento. Non bisogna essere indovini per prevedere come minimo un caos pericoloso.
Per quanto riguarda, ad esempio, l’interpretazione del nuovo articolo 117 della Costituzione, i 9 lunghi anni trascorsi, non sono stati sufficienti a trovarne di univoche.
Le parti incriminate sono il diritto dello Stato a stabilire i “livelli essenziali delle prestazioni” nel devolvere i poteri alle Regioni e, per quel che riguarda la scuola, vi sono altri due grandi enigmi: quali sono le “norme generali sull’istruzione” riservate allo Stato? E, con l’eccezione di istruzione e formazione professionale, sull’istruzione Stato e Regioni esercitano un potere “concorrente”, in sostanza un bizzarro co-potere legislativo, ovviamente fatta salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche.
In pratica il Governo Nazionale ed i 20 governi regionali dovrebbero concorrere alla gestione della Scuola.
Mi sbaglierò, ma sembra che si sia in un infinito guazzabuglio foriero di incertezza per i poveri cittadini e dannoso per il funzionamento della macchina dello Stato.
Forse i reggitori della cosa pubblica, ammaestrati anche dalla drammatica emergenza che ci è piovuta in testa, dovrebbero con urgenza pensare a ridisegnare il titolo V della Costituzione, usando chiarezza ed equilibrio nella distinzione dei poteri e risparmiandoci sovrapposizioni e verbosità.
Ci vorrebbe insomma uno sforzo, da parte delle intelligenze della politica e del mondo giuridico, per riscrivere con chiarezza questa parte della Costituzione con un riordino delle competenze anche in materia di Pubblica istruzione.
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