Gli insegnanti, all’indomani del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, che imponeva la sospensione didattica, si sono attivati per prendere contatto con i loro studenti e fornire loro una qualche forma di docenza, senza chiedersi se ciò fosse o meno contemplato dal loro contratto di lavoro, ma consapevoli di essere in servizio e di avere il dovere professionale e morale di svolgere il loro lavoro e di mantenere vivo il rapporto con i loro alunni
01 Maggio 2020 | di Raffaella Soldà
Si continua a parlare di didattica a distanza, anche se spesso chi ne parla non la sta praticando e questa forse è la discriminate tra la visione burocratica della questione e quella militante, come si diceva un tempo, penso sia il momento di fare un po’ di chiarezza.
La prima osservazione che mi viene è che gli insegnanti, all’indomani del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, che imponeva la sospensione didattica, si sono attivati per prendere contatto con i loro studenti e fornire loro una qualche forma di docenza, senza chiedersi se ciò fosse o meno contemplato dal proprio contratto di lavoro, ma consapevoli di essere in servizio e di avere il dovere professionale e morale di svolgere il loro lavoro e di mantenere vivo il rapporto con i loro alunni.
Tutti noi ci siamo trovati completamente spiazzati di fronte ad una situazione inedita che ci chiamava ad un lavoro da inventare e, soprattutto, ad un lavoro da fare con strumenti spesso non conosciuti e in molti casi non all’altezza della situazione. A questo proposito vorrei far notare che, dopo alcuni giorni dal decreto, le piattaforme delle classi editrici attraverso le quali si poteva gestire una classroom erano lentissime, non in grado di supportare il numero di accessi, la stessa piattaforma messa in campo da Spaggiari, appositamente per la didattica a distanza, è stata chiusa per essere potenziata. Solo le scuole che avevano già attivata precedentemente qualche piattaforma education sono riuscite a sollevare i docenti almeno dallo stress di dover trovare gli strumenti per raggiungere gli studenti. Nel primo periodo si è spesso dovuto lavorare via skype o whatsapp.
Ci si è attrezzati e dopo la prima settimana ci si è messi in grado di programmare un lavoro che ormai si sta svolgendo a pieno ritmo con molta più fatica di quello in presenza, ma anche con la consapevolezza che pur con difficoltà stiamo riuscendo a mantenere vivo il rapporto con i nostri studenti.
La scuola è andata avanti, in solitudine, come sempre, la comunità educante, come la chiama la nostra ministra, ha continuato a lavorare inventandosi da sola il come, nella consapevolezza che la didattica a distanza è un surrogato di quella in presenza, che non potrà mai sostituirla perché manca dell’empatia necessaria perché si instauri un processo educativo vero, la didattica a distanza è ammaestramento può servire a trasmettere delle conoscenze, oltre a far sentire la presenza della scuola a dei ragazzi che altrimenti si troverebbero di fronte ad un “vuoto” in un quotidiano in cui tutti i loro ritmi sono stati stravolti.
Parlo di solitudine della scuola, perché tutti gli interventi che sono stati fatti da parte del ministero, ma mi duole dirlo, anche da parte del sindacato si sono concentrati su l’aspetto normativo, che per quanto importante in un primo momento era il meno urgente soprattutto perché riferito a norme concepite per contesti in presenza.
Ora sarebbe il momento di dare un quadro normativo alla situazione contingente e purtroppo ancora una volta si confonde la necessità di linee guida necessarie ai docenti, agli studenti e alle famiglie per avere un quadro di riferimento entro il quale muoversi, con imposizioni normative totalmente inutili.
Nella secondaria ad esempio, si pone più che mai il problema della valutazione, vista la situazione del tutto inedita gli insegnanti sentono il bisogno di riferimenti normativi, nessuno può nascondersi dietro alla libertà di insegnamento. Infatti se è vero che ogni docente è libero di organizzare il proprio lavoro in relazione alla materia di docenza e soprattutto alla classe che ha di fronte, e di adattare il lavoro agli strumenti a disposizione, è pur vero che occorre una normativa d’urgenza entro la quale inserire questo lavoro, per evitare criteri completamente diversi tra scuola e scuola o peggio tra docente e docente. Mi riferisco in particolare alla valutazione, perché dobbiamo sapere in che modo valutare il lavoro comunque svolto.
I docenti e gli studenti che nonostante tutte le difficoltà della situazione stanno svolgendo delle attività devono in qualche modo misurarne le ricadute? A mio avviso sì, questo per dare consapevolezza agli studenti che anche quello che fanno da casa ha un valore, ci sono ragazzi che si stanno impegnando che rispondono in modo responsabile alle consegne, così come ci sono competenze che possono essere consolidate anche a distanza. Va considerato anche che i ragazzi sono abituati alla valutazione, se noi togliamo questo riscontro i primi a trovarsi spiazzati sono proprio gli studenti.
E’ ovvio che bisogna tener conto del contesto, ma riconoscere un peso, seppur relativo a quanto viene fatto in questo periodo è un modo di dare dignità e serietà al lavoro di tutti.
Su questo devono esserci delle indicazioni precise primo per evitare contenziosi, secondo perché perché chi ha lavorato si troverà sicuramente costretto a dover giustificare il proprio lavoro con un’infinità di rendicontazioni burocratiche, il più delle volte completamente lontane dalla realtà che ha dovuto affrontare. E questo sarebbe insopportabile!
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