Organi collegiali tramutati gradualmente in noiose conferenze di servizio; mancanza di rispetto per le prerogative contrattuali del sindacato; i sindacati che protestavano additati al pubblico ludibrio come “disturbatori” in tempo di emergenza. Fatto gravissimo, infine, la gestione opaca e non trasparente delle informazioni da parte del ministero, non causata dall'epidemia, ma da una precisa volontà politica
03 Novembre 2020 | di Rino Di Meglio
In numerosi paesi la gestione della pandemia si sta accompagnando ad una diminuzione delle libertà, del resto difficilmente può essere goduta una democrazia reale quando si diffondono la paura e la miseria o entrambe.
Basti pensare all’enorme potere che è stato attribuito a “comitati tecnici” non legittimati da alcuna elezione, o all’emanazione confusa di disposizioni spesso in contrasto con leggi primarie e quindi nulle, ma applicate ugualmente, utilizzando la forza pubblica. Sono quelle restrizioni che di solito accompagnano uno stato di guerra, anche se l’epidemia non corrisponde affatto ad uno stato di guerra.
Anche la scuola ha risentito di questa condizione generale, ad esempio gli organi collegiali già tramutati gradualmente in noiose conferenze di servizio, anziché in organismi professionali, utilizzati in video conferenza sono scesi al livello più basso della loro esistenza.
Fin dall’inizio dell’emergenza sanitaria la Gilda degli Insegnanti aveva affermato con forza che, per riaprire le scuole in sicurezza, erano necessari due elementi fondamentali: spazi adeguati e personale scolastico in numero adeguato.
Si sono persi mesi e, alla riapertura dell’anno scolastico, a settembre 2020, non abbiamo potuto constatare la realizzazione di nessuna delle due condizioni: sulle strutture solo interventi sporadici dovuti alla buona volontà di qualche singolo ente locale, e gli organici, nonostante le enunciazioni propagandistiche, sono stati costituiti esattamente con gli stessi parametri della situazione normale.
Il cosiddetto “organico covid” è consistito, in realtà, in danaro attribuito alle scuole per coprire alcune supplenze, peraltro di difficile realizzazione , perché accompagnato da norme capestro.
Inoltre proprio quest'anno il Ministero ha deciso, improvvidamente, di rinnovare le graduatorie per le supplenze con un nuovo sistema, che ha generato una situazione caotica ed una grande difficoltà, ad oltre un mese dall'inizio delle lezioni, a reperire supplenti in alcune regioni.
L'intenzione di modernizzare le graduatorie era buona, ma la realizzazione pratica si è rivelata pessima e con effetti fortemente negativi. Il dato reale e drammatico rivela che l'anno scolastico, oltre che con l'emergenza epidemica, si è aperto anche con l'emergenza precariato, segnando il record di oltre 200.000 posti scoperti, praticamente uno ogni quattro insegnanti, un dato tanto oggettivo quanto drammatico.
Anche la libertà sindacale è un diritto civile oltre che sociale, sicuramente al sindacato non spetta il compito del governo, ma quello di rappresentare chi lavora, nell’ambito delle competenze che la Costituzione e le leggi affidano ad essi. Quando chi governa, sia pur in periodo di emergenza, non rispetta le prerogative contrattuali del sindacato, non compie un esercizio di democrazia.
A livello nazionale le organizzazioni sindacali della scuola sono state messe all’angolo, escluse da qualsiasi partecipazione alle decisioni, sbeffeggiate con informazioni successive a quelle già fornite alla stampa dallo stesso ministero. Le trattative su temi tipici della competenza sindacale sono state disattese, anche accordi assunti in precedenza non sono stati rispettati.
I sindacati che protestavano sono stati additati al pubblico ludibrio come “disturbatori” in tempo di emergenza, utilizzando a tal fine tutta la potenza di fuoco propagandistica a disposizione di chi siede al governo e con la medesima arma della propaganda, trasformando chi era l’autore della prepotenza, in una povera vittima dei cattivi disturbatori.
Fatto gravissimo infine, la gestione opaca e non trasparente delle informazioni da parte del ministero, non causata dall'epidemia, ma da una precisa volontà politica e, a parere di chi scrive, in palese contrasto con l'ordinamento giuridico e costituzionale dello Stato democratico.
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