I contenuti essenziali di un contratto sulla “didattica agile” senza che si entri pesantemente nell’ambito della libertà di insegnamento
03 Novembre 2020 | di Fabrizio Reberschegg
L’articolo 2, comma 3-ter del decreto legge 8 aprile 2020,n. 22, convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 2020, n. 41, stabiliva che, entro l’inizio dell’anno scolastico, fosse discusso- e possibilmente sottoscritto- uno specifico Contratto Integrativo Nazionale sulla didattica a distanza (DaD) tra amministrazione del Ministero dell’Istruzione e sindacati per definire alcune regole generali per lo svolgimento dell’attività didattica a distanza nell’emergenza COVID
A tutt’oggi nessun tavolo di contrattazione è stato aperto e le scuole, come sempre, stanno organizzando le attività come possono in presenza o con forme parziali di didattica a distanza, diventata magicamente Didattica Digitale Integrata (DDI). Il tutto nel nome dell’autonomia scolastica. Traducendo: poiché il governo non intende stabilire regole generali cogenti per tutte le scuole per l’esplicitazione delle attività didattiche a distanza, si trasferisce alla singola scuola (leggi dirigenza scolastica) ogni decisione.
Il tutto è stato reso più confuso a partire dal 7 agosto con il D.M.89 che ha introdotto la DDI che, a differenza della DaD prevede l’attivazione contestuale di attività in presenza e a distanza nella secondaria di secondo grado e l’applicabilità negli altri ordini di scuola solo in caso di aggravamento della pandemia. La DaD resterebbe pertanto una modalità eccezionale solo in caso di chiusura della scuola per COVID o per lockdown.
Non si tratta in questi casi di “smart working” o di “telelavoro” immaginati soprattutto per gli ambiti impiegatizi. Il lavoro agile (o smart working) è solo una parte del lavoro a distanza (o “da remoto”), che comprende lavoro agile e lavoro tramite piattaforme digitali . Nel telelavoro classico invece la postazione di lavoro è fissa, predeterminata e conosciuta dal datore di lavoro e in genere corrisponde alla residenza o al domicilio del telelavoratore. Quest'ultimo raggiunge un accordo con il datore per lo svolgimento delle proprie mansioni al di fuori dei locali aziendali, mantenendo il medesimo trattamento economico e normativo applicato a tutti gli altri prestatori che operano all'interno dell'ufficio, così come per quanto riguarda l'assoggettamento al potere direttivo, di controllo e disciplinare da parte dei superiori. Lo smart working, o lavoro agile, rappresenta una modalità di esecuzione della prestazione di lavoro subordinato in cui, seppur vi sia sempre la necessità di un accordo tra le parti, non è predeterminato un vincolo di luogo. DDI e DaD rappresentano quindi una forma di nuovo lavoro agile, a singhiozzo, con una ampia flessibilità che non è mai stata normata. Le linee guida sulla DDI dell’agosto 2020 però entrano a gamba tesa nella redifinizione di tempi di lavoro, modalità di erogazione delle lezioni, valutazione e responsabilità da parte dei docenti, rapporti con le famiglie, ecc.. Furbescamente esse rimandano ad un “regolamento della DDI” da adottare scuola per scuola scaricando le decisioni ultime sulla dirigenza scolastica, sui Collegi dei Docenti e sui Consigli di Istituto, con le RSU nel ruolo di garanti dei protocolli sanitari. La definizione “linea guida” è volutamente ambigua. Non si tratta di norme imperative, ma di semplici “consigli” alle scuole che di fatto impongono ai dirigenti e ai Collegi dei Docenti comportamenti predeterminati. In questa situazione appare grave la mancanza di un contratto nazionale che definisca paletti chiari all’interno dei quali la creatività dell’autonomia scolastica deve essere costretta.
Quali dovrebbero essere i contenuti essenziali di un contratto sulla “didattica agile” senza che si entri pesantemente nell’ambito della libertà di insegnamento intesa come libertà di adottare metodi e tempi della didattica per il raggiungimento dei livelli essenziali di conoscenza e di “competenze” richieste agli allievi?
- La DDI deve prevedere la libertà di collegamento ed erogazione delle lezioni nel domicilio, anche temporaneo, liberamente scelto dal docente
- L’orario delle lezioni a distanza non può essere quantificato nella stessa determinazione di quelle in presenza. Si reputa, nella letteratura prevalente, che si è soffermata sulle dinamiche dei corsi a distanza, che ad un ora di lezione frontale debba corrispondere al massimo il collegamento di 40 minuti . Ciò senza comportare la riduzione stipendiale corrispondente. Infatti il livello di preparazione delle lezioni e lo stress correlato dalla continuità dell’uso delle modalità telematiche sono da considerarsi molto più gravosi e impegnativi. Stesso ragionamento vale per le attività di formazione e le attività funzionali (40 h più 40h) che devono rientrare nell’orario di lavoro e che devono essere comprese nel piano delle attività deliberato dal Collegio dei Docenti.
- A differenza del telelavoro in cui i mezzi di collegamento sono a carico del datore di lavoro come pure le spese corrispondenti (collegamento internet), nella DaD prima e nella DDI ora ci si è “dimenticati” di affrontare tali temi fondamentali. Se il docente fosse considerato un vero professionista avrebbe il diritto di dedurre dal suo reddito l’acquisto di computer e l’abbonamento a una linea digitale veloce, ma così non è al momento. Ciò significa che qualsiasi CCNI o contrattazione territoriale deve prevedere un adeguato indennizzo per il docente o il lavoratore amministrativo della scuola per spese sostenute per garantire il “lavoro agile”. È da considerare provocatoria l’affermazione secondo cui i docenti possono utilizzare la carta del docente per comprare computer. Possono, ma non debbono. Anzi la Carta del Docente era stata introdotta per favorire le attività di formazione, non per ingrassare le catene di elettronica e Amazon.
- Punto delicatissimo è quello relativo al potere di controllo del datore di lavoro nel “lavoro agile” e nella DaD/DDI cui può conseguire un potere sanzionatorio in caso di “inadempimento degli obblighi contrattuali”. Per questo è fondamentale che le modalità di “controllo”, che hanno pericolosi risvolti nella sfera della privacy, siano contrattualizzate così come la modalità tecnica in cui si effettua il lavoro a distanza. Nel caso dei docenti questo ha caratteristiche ancora più delicate perché il mezzo utilizzato (piattaforma, registro elettronico, ecc.) ha ricadute immediate sulle modalità di insegnamento e valutazione. Ricordiamo che è ancora vigente l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori che vieta il controllo audiovisivo delle attività dei lavoratori.
- Fondamentale è stabilire chiaramente il diritto alla disconnessione per separare il tempo del lavoro dal tempo della persona. Ciò vale anche per le comunicazioni da parte della dirigenza scolastica che non può porre obblighi se non con congruo preavviso sempre nel rispetto del piano delle attività.
Questi sono solo alcuni dei contenuti fondamentali che dovrebbero essere oggetto di contrattazione mantenendo la specialità della funzione della scuola e dei docenti che non possono essere assimilati al personale impiegatizio dove è più semplice porre in essere il cosiddetto smart working.
Perché non si fa allora questo contratto? Perché il sindacato dimostra debolezza nel pretendere l’applicazione della legge che lo impone? Due sono le risposte possibili. In un caso si teme che una contrattazione sulla DaD e sulla DDI possa diventare lo strumento per farle diventare ordinamentali, valide anche per il post COVID. Dall’altra, alcuni sindacati credono illusoriamente che la contrattazione efficace sia solo quella decentrata a livello di singola Istituzione Scolastica in nome del totem dell’”autonomia”. Le due posizioni devono essere apertamente contrastate.
È chiaro che una contrattazione sulla DaD e sulla DDI deve essere ricondotta solo al periodo emergenziale della pandemia. Mai deve diventare ordinamentale e processo “normale” dell’attività didattica. La didattica, quella vera, si fa solo in presenza. Del resto una contrattazione di Istituto su tali temi appare evidentemente debole e consente ai dirigenti scolastici di proporre/imporre visioni bizzarre dell’organizzazione didattica senza contare che le RSU non hanno capacità e poteri in merito alle scelte didattiche dei docenti.
Il pericolo che si corre in questa fase di stallo o di attendismo tattico è che la DDI o la DaD entrino formalmente nella proposta del futuro CCNL presentata dal governo diventando così strumenti applicabili anche in periodo di attività scolastica ordinaria.
Bisogna evitare che ciò avvenga. Assolutamente.
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