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Numero 9 - Novembre 2012
Numero 9 Novembre 2012

Star bene a scuola

Ovvero della valutazione dello stress lavoro correlato al miglioramento della qualità di vita


04 Novembre 2012 | di Gianluigi Dotti

Star bene a scuola
Innanzitutto trovo interessante il titolo dato dagli organizzatori al convegno: ''Star bene a scuola''. Infatti fino ad ora ''Star bene a scuola'' era un progetto dedicato agli studenti e alle studentesse, che da diversi anni viene proposto alle scuole. Molto positivo che lo ''star bene a scuola'' venga qui invece riferito agli insegnanti. Questa ''qualità desiderata'' (lo star bene) dell'ambiente e del carico professionale del docente non sempre coincide con quella perseguita dall'amministrazione.

Ecco, è su questa asimmetria e sull'utilità dello ''star bene a scuola'' sia per il docente sia per l'amministrazione (anche se spesso quest'ultima non se ne rende conto) che vorrei presentare alcuni dati e alcune riflessioni.

Infatti, quando gli insegnanti sperimentano uno stress sul lavoro, cioè, per qualche ragione, ''non stanno bene a scuola'' di solito si trovano in una condizione di under performance, cioè di scarso rendimento.

Come viene definito e misurato lo scarso rendimento? L'under performance ''è la differenza negativa tra il rendimento di un investimento ed un indice di riferimento'' e, in ambito amministrativo, lo scarso rendimento viene definito come un continuo fallimento, da parte di un membro del personale, nel soddisfare i requisiti del proprio incarico, tra cui il raggiungimento degli obiettivi (rendimento) o la prestazione di un servizio soddisfacente (competenza e comportamento).[1] Il termine soddisfacente, utilizzato dalla disciplina amministrativa, ci fa però immediatamente capire quanto sia opinabile il giudizio, infatti l'indice di qualità/riferimento non è una valutazione obiettiva, ma una valutazione concordata.

La stessa relazione della Corte dei Conti europea dice che questo sistema è poco attendibile, non c'è corrispondenza tra la valutazione degli under performance e la realtà.

Per unanime riconoscimento i docenti ''sottoperformanti'' vengono riuniti in tre categorie:
- docenti inidonei al ruolo per patologie fisiche e/o psicologiche;
- docenti in difficoltà (temporanea) per motivi legati alla sfera professionale, vittime ad esempio di burn-out;
- docenti scarsamente vocati e/o demotivati e/o incompetenti (insegnanti per ripiego, oppure che hanno un altro lavoro).

Il Centro Studi della Gilda degli Insegnanti, lavorando a stretto contatto con i docenti, è da più di un decennio che si interessa del tema del burn-out, non come patologia, che è di competenza della professione medica, ma per contrastarne le cause, almeno quelle riferibili all'ambiente di lavoro.

Nelle ricerche prodotte in questo decennio è emerso che l'insegnante con burn-out è una persona che parte molto bene ed ha grosse aspettative dal suo lavoro, ma la sovraesposizione in ambienti troppo problematici lo porta a bruciarsi. Fino ad oggi, quando in una scuola vengono individuati dei docenti responsabili di scarso rendimento, la soluzione adottata è stata quello di trasferirli in altri istituti. Questo perchè cambiare ambiente può migliorare la prestazione e risolvere un problema di scarso rendimento.

Invece il burn-out si può contrastare e prevenire: ci vorrebbe la consapevolezza delle difficoltà e un buon clima organizzativo nelle scuole, ma soprattutto è necessario valorizzare la funzione e il ruolo dei docenti (da parecchi anni invece a mio avviso avviene il contrario, si ha una svalutazione e mortificazione del docente a tutti i livelli: amministrazione, genitori, alunni, opinione pubblica).

Il ruolo delle organizzazioni sindacali è quello di lavorare a livello contrattuale per creare un ambiente di lavoro che contrasti il burn-out e di inserire nel contratto nazionale gli strumenti (definizione del burn-out come patologia professionale) per poter definire la tutela dei casi di burn-out.

Il fenomeno dell'insoddisfazione professionale dei docenti non è una specificità italiana, in Francia, sia il ministero, sia i sindacati lo studiano da diversi anni.
La ricercatrice Dominique Cau Bareille, che nel 2009 analizza il sentimento di stanchezza e i problemi di salute degli insegnanti francesi anziani/esperti [2], ha rilevato come in molti sistemi scolastici ci sia la fuga dall'insegnamento e gli insegnanti siano stanchi già dopo 10 anni di professione e, la notizia è recente, in Francia la maggioranza degli insegnanti hanno un'assicurazione contro il rischio di aggressione da parte di genitori e alunni.
Il primo dato rilevato dalla Cau Bareille è che la stanchezza e la demotivazione dei docenti sono prodotte dall'apparato burocratico, cioè da tutto quello che è non insegnare. Gli insegnanti si lamentano dei tempi troppo pressanti, delle motivazioni da inventare per i giudizi, delle relazioni finali, della programmazione cartacea, delle circolari, dei regolamenti, del ministero dell'istruzione.

Come secondo punto, ma non meno sentito, compare la questione dei problemi con il modello di educazione dei bambini e dei genitori, che rimanda alla solitudine dell'insegnante-educatore nella società contemporanea.
Il disagio incalcolabile dei docenti di ogni ordine e grado è quello di non poter fare quello per cui hanno studiato, di non sentirsi più liberi di insegnare. I docenti vivono un senso di oppressione, espropriati alla ''professione docente'' e ridotti ad un ruolo impiegatizio.

Nei dati della ricerca i docenti rivendicano la necessità che venga loro lasciato fare il lavoro per cui sono stati formati: quello di insegnare, trasmettere cultura.
Emerge, inoltre, che quando un insegnante si sente costantemente sotto esame e svalutato, finisce per sentirsi un fallito, un incapace e perde qualsivoglia interesse per la sua professione.

La ricerca non si limita a presentare i dati ma fornisce anche alcune semplici, ma fondamentali, indicazioni per provare a contrastare questa deriva della professione docente. La prima proposta degli studiosi francesi è quella di studiare, raccogliere le esperienze e ascoltare gli insegnanti; poi si deve intervenire nel modo di organizzare le scuole: semplificare le procedure, ridurre la burocrazia e cambiare il clima; infine bisogna cambiare l'organizzazione usando la LOGICA DEL SISTEMA e non una logica individuale, anche perchè un altro elemento di disagio è la solitudine dell'insegnante. Il clima migliore prevede collaborazione, spirito di corpo insegnante e necessità che non ci sia nulla di imposto.

Da questa ricerca emerge, quindi, la pressante richiesta dei docenti di lasciare insegnare i docenti, ed è da qui che dobbiamo ripartire per ricostruire una buona scuola e le soluzioni per ''star bene a scuola''.

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[1] Corte dei Conti europea, Relazione speciale n. 10 del 2012, L'efficacia dello sviluppo del personale in seno alla Commissione Europea.
[2] Dominique Cau Bareille, Vècu du travail et santè des enseignants en fin de carrière: une approche ergonomique. Centre d'ètudes de l'emploi. Novembre 2009.

(Relazione presentata al convegno'' Star bene a scuola'' tenutosi a Firenze il 13 settembre 2012. Cfr '' Professione docente'', ottobre 2012).


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Numero 9 - Novembre 2012
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
Comitato di Redazione:
Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
Antonio Antonazzo, Piero Morpurgo, Fabrizio Reberschegg, Gina Spadaccino.
Hanno collaborato a questo numero:
Sergio Auriemma, Stefano Borgarelli, Giuseppe Lorenzo, Raffaele Salomone Megna, Mariacristina Reggiani.