Il risultato dei mancati investimenti nell'istruzione è evidente nella regressione delle capacità di leggere e di scrivere. Seconda tappa del viaggio nella Scuola del ‘900
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30 Ottobre 2013 | di Piero Morpurgo
Nella precedente puntata è stato introdotto un tema: la politica di espansione della cultura e della scuola introdotta nel ‘900 è stata quasi del tutto annullata e così sono spariti gli intenti di riscatto dell'infanzia abbandonata e delle classi più emarginate e gli ideali di rendere disponibili la cultura a tutti i cittadini. Nelle prossime puntate vedremo: gli interventi a tutela dei bambini girovaghi, l'azione di Mazzini a favore dei figli degli operai, la politica di Luigi Luzzatti contro il lavoro minorile, la politica scolastica di Ernesto Nathan in sinergia con intellettuali e pittori, il circuito scientifico europeo in cui si svilupppò il metodo Montessori, gli impegni dell'Assemblea Costituente, i 50 anni della scuola media unica. Prima di tutto però analizziamo gli effetti dei tagli. Il risultato dei mancati investimenti nell'istruzione è evidente nella regressione delle capacità di leggere e di scrivere.
Dal 1988 calano i lettori e diminuisce l'entusiasmo per la Scuola
Nel 2012 - anno per il quale non si dispone ancora di dati completi e disaggregati - solo il 46% degli italiani (51,9% tra le femmine e 39,7% tra i maschi) dichiara di aver letto almeno un libro all'anno: il dato, che pure è di gran lunga inferiore a quello di paesi stranieri confrontabili al nostro (per un confronto internazionale, si pensi che legge il 61,4% degli spagnoli, il 70% dei francesi, il 72% degli statunitensi, l'82% dei tedeschi). /.../ Ma leggere un libro in dodici mesi non basta a qualificarsi lettori e da questo numero potremmo sottrarne circa la metà: infatti, non dovremmo considerare quel 20,7% della popolazione che ha letto meno di tre libri e che ha quindi un rapporto piuttosto occasionale con la lettura, mentre dovremmo considerare solo un 18,4% che ne ha letti da 4 a 11 e una sparuta pattuglia di ''lettori forti'', pari al 6,3% della popolazione, che legge almeno 12 libri in un anno. In totale, quindi, meno di 14 milioni di italiani.Il dato è sostanzialmente stagnante da quasi un ventennio, dopo un periodo di crescita impetuosa. Nel 1965 poco più del 16% degli italiani leggeva un libro nell'arco dell'anno, mentre alla fine degli anni Ottanta, dopo l'ondata della scolarizzazione di massa, la percentuale era più che raddoppiata (36,8% nel 1988). Un ritmo di crescita di questo tipo non si verificherà più nei decenni successivi.(1) . Si potrebbe parafrasare Hobsbawm e dire che il secolo breve della scuola và dal 1962 (scuola media unica obbligatoria) al 1997 quando con il varo dell'autonomia scolastica si intraprende una destrutturazione del significato dell'istruzione. In trenta anni si modifica una tradizione secolare che andava riformata tenendo conto della storia. Ora soffermiamoci sul presente poi torneremo indietro.
Differenze di genere: la lettura rende felici le ragazze, ma non i ragazzi
Nel Regno Unito generalmente le ragazze dichiarano che la lettura le rende tranquile (66.4% vs. 55.5%) e felici (48% vs. 36.3%). Mentre I ragazzi dichiarano che il leggere li annoia (33.5% vs. 24.9%), e addirittura induce loro ansia (9.2% vs. 7.7%). La lettura per le ragazze è un fenomeno positivo che induce serenità (46.4% vs. 39.8%), sicurezza e onestà (70% vs. 60.8%) e che risulta essere la chiave per il avere una vita soddisfacente (65.5% vs. 54%). Invece per i ragazzi il lettore è un noioso (18% vs. 12.7%) o addirittura un ''geek'' termine che potremmo tradurre con asociale e forse meglio con ''sfigato'' (22.3% vs. 18.5%) (2) . La Ricerca del National Literacy Trust rivela che il 19% dei ragazzi legge solo a scuola mentre le ragazze hanno questa attitudine sole per l' 11%. Tra i maschi c'è il doppio di ''non scriventi assoluti'' (8% boys vs 4% of girls) e solo il 12% degli alunni scrive poesie mentre le studentesse compongono testi per il 21%.
In Francia si legge sempre di meno soprattutto tra i maschi
Il numero dei forti lettori ovvero di quanti leggono più di 20 libri l'anno è in caduta libera erano il 28 % dei francesi di più di 15 anni nel 1973, sono diventati il 24 % nel 1988, per passare poi al16 % nel2008 (3) . Un disastro! Si legge poco e dunque non si partecipa alla vita culturale del Paese. Eppure emerge che le donne sono quelle che progrediscono di più nel processo di scolarizzazione, son le più numerose tra i diplomati e sono tra coloro che, grazie alla loro formazione letteraria, di più si dedicano all'impegno nell'arte e nella cultura (4) . La costanza nella lettura si lega strettamente agli esiti scolastici. L'irregolarità negli studi e l'insuccesso scolastico connotano la scuola italiana con alcune costanti significative: Le donne, generalmente, presentano percorsi di studi più regolari rispetto ai loro coetanei maschi: tra questi ultimi, la quota di ripetenti è pari al 31,1 per cento, mentre fra le donne è inferiore di quindici punti percentuali (16,4 per cento). Il miglior rendimento scolastico delle donne è evidente anche al momento dell'esame. Le ragazze che ottengono performance più brillanti (voto di diploma compreso tra 90/100 e 100/100) rappresentano il 26,4 per cento dei diplomati del 2001, mentre i ragazzi che si diplomano con voti alti si attestano al 15,4 per cento (5) . Sembrerebbe che il sogno di Anna Frank si sia realizzato. Nel 1944 la giovane ebrea scriveva: ''Più volte mi sono posta una di quelle domande che non mi danno pace, e cioè perchè un tempo, e spesso anche adesso, la donna nei popoli occupa un posto molto meno importante rispetto all'uomo ... Per fortuna la scuola, il lavoro, il progresso hanno un po' aperto gli occhi alle donne (6)''. La Scuola nel ‘900 ha contribuito all'emancipazione delle donne, ma quel percorso ora è stato interrotto sia nel mondo degli studi sia in quello del lavoro.
Dal diploma alla laurea
Il tutto si traduce in calo delle iscrizioni alle università che corrisponde a una drastica riduzione dei finanziamenti nei paesi del sud e dell' est Europa come evidenzia Stefano Paleari (7) ; sicchè da un lato la Norvegia, la Svezia, la Germania hanno incrementato i finanziamenti di oltre il 20% d'altro canto l'Italia, la Spagna, il Regno Unito hanno effettuato tagli attorno al 10%. Il che comporta un incremento significativo del tasso di abbandono universitario che, ancora una volta, vede lasciare gli studi più i maschi (24,8%) che le femmine (17,5%) (8) . In media venti giovani su cento lasciano il percorso universitario, ma avvicinando la lente d'ingrandimento sui singoli atenei si scopre che in alcune situazioni è allarme rosso. Siena con il 40,7% di mancate iscrizioni batte il record: su 5.760 immatricolati 3.413 non hanno confermato la scelta. Foggia, con il 34,7%, si piazza al secondo posto della graduatoria. Delle tre università della Sicilia, poi, due hanno percentuali preoccupanti: Palermo 29%; Messina 27,3% (9) . Il Regno Unito non è dameno: le università perdono 27.000 studenti l'anno e il 10% degli iscritti non conclude gli studi (10) . In Italia lo scenario è drammatico: dati disponibili nel rapporto OECD Education at a Glance (2010) in Italia soltanto il 32,8% degli studenti porta a termine un corso di laurea e lo afferma il Centro Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario evidenziando altresì l'alto numero di ''studenti inattivi'' ovvero di iscritti senza dare esami persino tra le lauree del vecchio ordinamento (11) . Il che significa che il sistema non funziona e questo avviene perchè non si investe più in scuola e università: l'OCSE testimonia che la spesa procapite per studente in Italia ogni anno è di 9.580 dollari. Un impegno ridicolo se confrontato con quello degli altri paesi: Stati Uniti, 25.576 dollari; Canada, 22.475; Svizzera, 21.893; Svezia, 19.562; Giappone, 16.015; Gran Bretagna, 15.860; Francia, 15.067; Corea del Sud, 9580. La media, nei paesi OCSE è di 17.665 dollari. La media di spesa per studente nell'Unione Europea è di 12.865 dollari. La verità, dunque, è che per ogni nostro studente noi spendiamo il 26% in meno della media europea e il 46% in meno della media OCSE (12) . Così si taglia il futuro, così si tradiscono gli impegni presi nell'Assemblea Costituente.
(II - continua)
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(1) Presidenza del Consiglio dei Ministri, Rapporto sulla promozione della lettura, 2013, http://www.governo.it/DIE/attivita/rapporto_promozione_lettura.pdf
(2) National Literacy Trust http://www.literacytrust.org.uk/assets/0001/4047/BRC-_Research_overview_-_Final.pdf pp. 16-17
(3) http://www.telerama.fr/livre/mutation-de-l-animal-lecteur-les-nouvelles-pratiques-de-lecture,101239.php
(4) http://www.pratiquesculturelles.culture.gouv.fr/doc/evolution73-08/CE-2011-7.pdf p. 14 e p. 33 ; cfr http://www.pratiquesculturelles.culture.gouv.fr/index.php
(5) http://www.istat.it/it/files/2011/02/diplomatiestudio.pdf?title=Indagine+stato+scuola+italiana+-+22%2Ffeb%2F2007+-+I+diplomati+e+lo+studio.pdf
6) F. Sessi ed., I diari di Anne Frank, Torino 2002
(7) http://www.roars.it/online/stefano-paleari-criticita-ed-emergenze-nel-sistema-universitario/ (tavole 9, 11, 12)
(8) http://statistica.miur.it/scripts/IU/IU_abbandono.asp (dati 2003/2004)
(9) http://www.universitastrends.info/index.php?option=com_content&view=article&id=709:il-tasso-di-abbandono-nelle-universita&catid=65:20-giugno&Itemid=95 (dati 2008/2009)
(10) http://www.telegraph.co.uk/education/educationnews/9946149/Warning-as-27000-university-students-drop-out-in-a-year.html
(11) http://www.cnvsu.it/_library/downloadfile.asp?id=11778
(12) http://www.roars.it/online/luniversita-e-il-futuro-in-italia-e-nel-mondo/
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