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Numero 3 - Maggio 2020
Numero 3 Maggio 2020

Non dimentichiamo la lezione della storia: è stato attraverso la scuola pubblica che la nazione italiana è diventata realtà

Intervista al professor Adriano Prosperi


01 Maggio 2020 | di Fabrizio Reberschegg

Non dimentichiamo la lezione della storia: è stato attraverso la scuola pubblica che la nazione italiana è diventata realtà ► Professore, l’emergenza derivata dalla pandemia da coronavirus sta aprendo scenari imprevisti per il mondo che verrà. La scuola pubblica ne è stata travolta e sta reagendo affidandosi all’ impegno dei docenti nella cosiddetta “didattica a distanza”. La didattica a distanza, a suo avviso, è una opportunità oppure solo una necessità in questa situazione?


Penso che su questo sarebbe utile ascoltare il parere di studenti e docenti a fine anno. Per quanto mi riguarda non ho incertezze nel rispondere che ritengo la didattica a distanza un rimedio d’emergenza ma non una opportunità per il domani. Siamo davanti a un uso emergenziale delle risorse elettroniche che allarga alle scuole una pratica già entrata nell’insegnamento e nella ricerca. Ci sono università private che lo fanno da tempo, convegni di studio e contatti fra studiosi dove l’uso di skype è normale. Nell’immediato questo rimedio ha permesso di surrogare l’insegnamento vero e di non lasciare abbandonati in solitudine gli studenti. Ma quello che è facile immaginare è qualcosa di simile al disastro delle mascherine: quante regioni, quante famiglie, quanti giovani dispongono di computer e dell’accesso alla rete? Quanti docenti -di scuola media e di università - sono all’altezza della domanda? Tra l’altro, qui siamo di fronte ancora una volta alle due o tre Italie, al problema dei piccoli borghi, a quello di case dove magari ci sono più studenti e manca anche lo spazio per isolarsi. E c’è l’analfabetismo mediatico in un paese da sempre a più velocità. Ma tutte queste sono difficoltà e difetti marginali. La necessità non vuole legge. Il limite insuperabile rimane quello dell’isolamento domestico e della separazione dall’ambiente sociale – una mancanza di cui tutti oggi soffriamo ma che pesa tanto più quanto più si è giovani, bisognosi di uscire di casa, socializzarsi. Non dimentichiamo la lezione della storia: è stato attraverso la scuola pubblica che la nazione italiana è diventata realtà. Perfino la rilettura di “Cuore” di De Amicis, oggi opportunamente riproposto, pone davanti alla cronaca di una scuola torinese dove la bronzea durezza delle differenze sociali fa parte integrante e obbligata della socializzazione. Eppure anche qui emerge la dinamica di un coinvolgimento delle vite e delle esperienze che alla fine lascia tutti un po’ diversi (Franti sorriderebbe...). E il rapporto con la scuola non si riduce certo a quello coi docenti o col bisogno di ottenere un diploma. Quanto ai docenti, il loro compito è delicatissimo perché è attraverso la loro parola che deve prendere vita la pagina scritta del testo, l’immagine proiettata, la suggestione e la ricchezza del verso di Dangte o del documento storico. Sarebbe un disastro se l’esperimento di necessità si trasformasse in pratica di tempi normali. Qualcuno certamente lo proporrà, è facile immaginarlo. E gli argomenti non mancheranno: risparmio di spese, per le famiglie e per lo stato. Ma sarebbe un arretramento grave.
 
► Le forme di didattica a distanza o di formazione a distanza accentuano il problema della solitudine delle persone di fronte a sistemi parcellizzati di comunicazione e informazione. Lo studio dovrebbe essere qualcosa di diverso che mette in relazione i soggetti. Molti però preconizzano uno sviluppo esponenziale della formazione a distanza perché più economica, ecologica e personalizzabile. Che ne pensa?


Vedo che siamo d’accordo, ho risposto alla prima domanda senza avere letto la seconda. Dunque, l’importante è che si faccia muro davanti a qualunque passo in questa direzione, quando dovesse accadere – e sicuramente accadrà, anzi sta già accadendo. Aggiungo che la personalizzazione la si può avere solo nel vivo scambio tra un docente e un gruppo di discenti che anche grazie a lui si dovrà trasformare in una comunità. Il precettore privato resti appannaggio di pochissimi, anche se è facile prevedere che non avranno la fortuna del per altri aspetti sfortunatissimo Giacomo Leopardi.
 
► Il suo ultimo libro “Un volgo disperso” (ed Einaudi 2019) tratta della situazione sociale dei contadini nel sec. XIX in Italia. Protagonisti sono anche i medici “condotti”, testimoni della condizione dei contadini, e gli scopritori della madre di tutte le malattie: la miseria. Ora i medici sono nuovamente protagonisti . Il COVID 19 sembra più interclassista ma i suoi effetti sembrano non esserlo. Quali saranno i prossimi “contadini” del mondo?


Già ci sono. Chi lavora nei campi per produrre il necessario per vivere? E anche in città i mestieri più faticosi e penosi chi li fa, se non i senza diritti, i fantasmi rifiutati e non espulsi? Poco se ne sa. Un amico mi fa notare la differenza tra Italia e Portogallo: là c’è stata l’integrazione degli immigrati che da noi i famigerati decreti sicurezza hanno ricacciato nel buio dell’inesistenza legale. Riaprite le frontiere e li vedrete andarsene in blocco, attirati da molte offerte.
 
► Se dovesse scrivere un capitolo di un libro di storia per descrivere l’anno 2020 come lo rappresenterebbe?


Per fortuna non mi capiterà di farlo. Ma penso che in un’ipotesi del genere, per evitare le troppe memorie e riflessioni personali, dovrei prepararmi rileggendo attentamente il capitolo di Tucidide sulla peste di Atene e le pagine di Albert Camus sulla sepoltura degli appestati a Orano. A proposito: chissà se agli studenti gli insegnanti avranno consigliato di aggiungere a lezioni e compiti da fare (o sostituirli con) la lettura di un libro. In fondo, è questo il tipo di compagnia che ci aiuta nella solitudine obbligata di questo periodo.




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Adriano Prosperi  è professore emerito di Storia moderna presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. È membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei. I suoi principali interessi di studio hanno riguardato la storia dell’Inquisizione romana, la storia dei movimenti ereticali nell’Italia del Cinquecento, la storia delle culture e delle mentalità tra Medioevo ed età moderna. Ha scritto per le pagine culturali del “Corriere della Sera” e de “Il Sole 24 Ore”, ha collaborato con “la Repubblica”.
Tra i suoi libri: Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari (Torino 1996, Premio Nazionale Letterario Pisa per la Saggistica); Il Concilio di Trento e la Controriforma (Trento 1999); America e apocalisse e altri saggi (Pisa 1999); Il Concilio di Trento: una introduzione storica (Torino 2001); L’Inquisizione romana. Letture e ricerche (Roma 2003); Storia del mondo moderno e contemporaneo (con P. Viola, Torino 2004, 6 voll.); Dare l’anima. Storia di un infanticidio (Torino 2005); Giustizia bendata. Percorsi storici di un’immagine (Torino 2008, Premio Viareggio per la saggistica); Cause perse. Un diario civile (Torino 2010); Eresie e devozioni. La religione italiana in età moderna, vol. I: Eresie; vol. II: Inquisitori, ebrei, streghe, vol. III: Devozioni e conversioni (Roma 2010); Il seme dell’intolleranza. Ebrei, eretici, selvaggi: Granada 1492 (Roma-Bari 2011); Delitto e perdono. La pena di morte nell’orizzonte mentale dell’Europa cristiana. XIV-XVIII secolo (Torino 2013, ed. riveduta Torino 2016); La vocazione. Storie di gesuiti tra Cinquecento e Seicento (Torino 2016); Identità. L’altra faccia della storia (Roma-Bari 2016); Lutero. Gli anni della fede e della libertà (Milano 2017). Un “Volgo disperso. Contadini d’ Italia nell’ Ottocento” è l’ultimo saggio di Adriano Prosperi (ed. Einaudi 2019).
 
 
 
 
 


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Numero 3 - Maggio 2020
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
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Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
Antonio Antonazzo, Piero Morpurgo, Fabrizio Reberschegg, Massimo Quintiliani.
Hanno collaborato a questo numero:
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