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Numero 4 - Aprile 2012
Numero 4 Aprile 2012

Un convegno a Modena. Libertà di insegnamento: sempre più vigilata?

In questo sfondo nasce la necessità, ribadita dal Coordinatore nazionale, che sia istituito al più presto un organismo collegiale di autogoverno della categoria, un Consiglio Superiore della Docenza, sul modello di quanto avviene per altre categorie professionali


26 Marzo 2012 | di Roberto Gallingani

Un convegno a Modena. Libertà di insegnamento: sempre più vigilata? Il recente convegno'' Libertà di insegnamento, valutazione del merito e nuovi poteri dei dirigenti. Esiste ancora la libertà d' insegnamento?'', svoltosi a Modena il 2 marzo a cura della Gilda dell' Emilia Romagna e del Centro Studi nazionale ha avuto come oggetto il delicato tema della libertà di insegnamento, da sempre caro alla nostra Associazione professionale, soprattutto in questo momento in cui i cambiamenti ordinamentali, intervenuti nel mondo della scuola italiana da dieci anni a questa parte, sembrano talora minare questo importante pilastro del nostro sistema scolastico.

L'intervento introduttivo al convegno, svolto dal Coordinatore nazionale Rino Di Meglio, intervenuto per l'occasione, ha dato la misura della portata delle problematiche connesse all'intera questione. Molto opportunamente, infatti, il prof. Di Meglio si è soffermato, anche con esempi concreti tratti dalla sua esperienza alla Direzione Nazionale, sui pericoli che oggi incombono sulla libertà di insegnamento dei docenti, soprattutto alla luce della riforma delle norme inerenti il procedimento disciplinare, varata con il D. Lgs. 150/2009 (decreto Brunetta), che hanno visto accrescere il potere sanzionatorio dei dirigenti scolastici, senza che vi sia, da parte del docente, un corrispettivo potere di appello ad organi collegiali di vigilanza e garanzia, come invece avveniva in precedenza (quando, di fronte all'irrogazione di un provvedimento disciplinare, era possibile ricorrere alle sezioni disciplinari dei vecchi consigli scolastici provinciali e del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, le cui competenze in materia sono state appunto abrogate dal decreto Brunetta). Nonostante le stesse norme in materia si preoccupino di salvaguardare la libertà didattica degli insegnanti [1], è esperienza comune rilevare come in questi ultimi due anni i procedimenti disciplinari a carico dei docenti siano molto aumentati, con veri e propri casi di abuso della potestà disciplinare da parte di alcuni dirigenti scolastici, che spesso, di fatto, nell'esercizio del loro legittimo potere sanzionatorio, invadono l'autonomia didattica dei docenti. Emblematica, in tal senso, l'intervista realizzata, in coda alla mattinata, da Renza Bertuzzi, moderatrice del convegno, alla professoressa Mara Paltrinieri, che ha esposto le ragioni che l'hanno spinta a dare le dimissioni dalla scuola statale, per poter fare la ''libera docente'', come lei stessa ama definirsi ora: una scelta sofferta, coraggiosa da un lato, controversa dall'altro, un caso limite se vogliamo, che tuttavia non può non indurre ad una riflessione sulle condizioni in cui oggi svolgiamo la nostra professione.
Nel contesto appena delineato non sarà retorico affermare che in certi casi si ha l'impressione di trovarsi in una condizione di ''libertà vigilata''. Di qui la necessità, ribadita dal Coordinatore nazionale, che sia istituito al più presto un organismo collegiale di autogoverno della categoria, un Consiglio Superiore della Docenza, sul modello di quanto avviene per altre categorie professionali, come ad esempio i magistrati, affinchè il disposto dell'art. 33 della nostra Costituzione repubblicana trovi un'adeguata realizzazione.

Proprio sugli aspetti più squisitamente giuridici del problema è intervenuto il prof. Pietro Milazzo, docente di Diritto costituzionale all'Università di Pisa, che nella sua lezione ha analizzato le diverse sfaccettature sotto le quali si può considerare la libertà di insegnamento: nata nell'ambito delle cosiddette ''libertà negative'', che si oppongono e resistono al generale potere di supremazia e coercizione che lo Stato detiene nei confronti dei cittadini, essa, nella dottrina e nella giurisprudenza, è stata progressivamente messa sempre più in relazione al fine cui è preordinata, cioè la promozione della ''piena formazione della personalità degli alunni'', e quindi da principio connotato da una forte valenza individualistica (rafforzata anche dall'altisonante formulazione dell'art. 33 della Costituzione [2]), è oggi soprattutto inteso in maniera ''funzionale'', tanto più dopo il varo dell'autonomia scolastica.
La legge stessa sembra oscillare entro questi due poli (da una parte i soggetti in capo ai quali è affermata tale libertà, dall'altra i destinatari di essa) nel definirne, nello specifico, il campo di applicazione. [3]
Nell'introduzione dell'autonomia scolastica c'è chi ha visto una limitazione della libertà dei docenti, a fronte di un rafforzamento dell'identità dei singoli istituti scolastici, a scapito quindi del singolo individuo, che potrebbe trovarsi in opposizione rispetto alle scelte didattiche e organizzative della scuola entro cui opera. Altri, invece, vedono proprio nell'autonomia delle scuole, declinantesi in termini di autonomia didattica, organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo, nuove e ulteriori possibilità perchè si possa esplicare la libertà d'insegnamento dei docenti, soprattutto a livello degli organi collegiali, come il Collegio, che ha il compito di elaborare il Piano dell'offerta formativa: lo Stato, infatti, non opera più in maniera rigidamente prescrittiva, con l'emanazione di programmi che devono essere semplicemente svolti, ma dà solo indicazioni generali, a partire dalle quali i singoli istituti scolastici (cioè i singoli collegi dei docenti) definiscono in piena libertà, tenendo conto del concreto contesto territoriale entro cui si colloca la scuola, il proprio curricolo d'istituto.

Questa la teoria. Purtroppo nella pratica di tutti i giorni sappiamo che non sempre le cose sono così lineari e pacifiche, tuttavia a nessun docente potranno essere mai imposti i metodi, gli strumenti, le concrete scelte didattiche, necessari a conseguire gli obiettivi fissati dal POF.
In conclusione, comunque la si voglia analizzare, la libertà di insegnamento dei docenti rimane sempre un baluardo, non a caso costituzionalmente tutelato, perchè si possa realizzare a pieno quello che la legge stessa, come ha ricordato il prof. Di Meglio nel corso del suo intervento, demanda agli insegnanti quale loro compito esclusivo: ''La funzione docente è intesa come esplicazione essenziale dell'attività di trasmissione della cultura, di contributo alla elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo e alla formazione umana e critica della loro personalità'' [4].

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[1] Cfr. CM 88/2010, che nel dettare le procedure del nuovo procedimento disciplinare, si preoccupa di ribadire che in nessun caso il potere sanzionatorio del dirigente scolastico potrà essere diretto a limitare l'autonomia didattica dei docenti: ''Il dirigente scolastico deve in ogni caso assicurare che l'esercizio del potere disciplinare sia effettivamente rivolto alla repressione di condotte antidoverose dell'insegnante e non a sindacare, neppure indirettamente, l'autonomia della funzione docente''.
[2] ''L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento'' (Cost. art. 33, c. 1).
[3] Cfr. l'art. 1 del Testo Unico delle leggi sulla scuola (D. Lgs. 297/1994), che così recita: ''1. Nel rispetto degli ordinamenti della scuola stabiliti dal presente testo unico, ai docenti è garantita la libertà di insegnamento intesa come autonomia didattica e come libera espressione culturale del docente. 2. L'esercizio di tale libertà è diretto a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli alunni. 3. È garantita l'autonomia professionale nello svolgimento dell'attività didattica, scientifica e di ricerca''.
[4] Cfr. D. Lgs. 297/1994, art. 395, c. 1.


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Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO

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