Elaborare una proposta di organi di gestione della scuola che rispetti la dimensione istituzionale dell' istruzione, i vincoli costituzionali, il riconoscimento della funzione docente
27 Gennaio 2013 | di Renza Bertuzzi
Molti anni sono passati dall' introduzione nella legislazione italiana dell' Autonomia. Esattamente nel 1997 è stata varata (Governo di Centro Sinistra) l' Autonomia delle scuole, presentata come il sole dell' avvenire e come la soluzione privilegiata per il rilancio dell' istruzione. Da quell'art.21 della legge 59/1997 molta acqua e molte leggi sono passate sotto i ponti. Citiamo solo quelle che più hanno inciso, a nostro parere non in senso positivo, sulle caratteristiche fondative della scuola e che l' hanno modificata lentamente in un' altra cosa.
Infatti, a poco a poco, a piccoli pezzi, l' istruzione del nostro Paese, da strumento di unificazione culturale, quale era stato concepito dopo l' Unità d' Italia e di ascensore sociale, come aveva funzionato fino agli anni ‘70 del secolo scorso, è divenuta qualcosa di diverso, non certo migliore e in ogni caso anche assolutamente lontano dalla concezione ideata dai padri costituzionali.
Moltissimi sono stati gli interventi legislativi che hanno mutato la scuola: i più incisivi sono stati certamente il Decreto Legislativo 6 marzo 1998, n. 59 che ha introdotto la Dirigenza scolastica, i cui poteri sono stati ampliati dalle norme del ministro Brunetta, poi il Decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, Regolamento sull'Autonomia infine la Riforma costituzionale del 2001 ( Legge 3 Costituzionale 2001) che ha ''assunto'' in Costituzione tale autonomia.
Oggi, questa Riforma Costituzionale- secondo il parere di autorevoli commentatori appare tessuto incompleto e, in qualche parte, anche grossolanamente allestito (si veda il contributo di Sergio Auriemma, nel sito del centro Studi, www.gildacentrostudi.it) e presenta molti aspetti discutibili se è vero che la Corte costituzionale ha dovuto svolgere una difficile opera di ritessitura del Titolo V della Costituzione, attraverso numerosissime sentenze. Tanto che nella legislatura uscente era iniziato un processo di revisione della Costituzione (anche in seguito ad un'incalzante cronaca di attualità che lo aveva imposto). E tra le decisioni in discussione vi era quella dell'inserimento in Costituzione di una cosiddetta ''clausola di supremazia'', presente in varia forma in tutti gli ordinamenti costituzionali federati, e che potesse prevedere l' intervento del legislatore statale, nel rispetto dei prıncipi di leale collaborazione e di sussidiarietà, nell' adozione di provvedimenti che si rendessero necessari per assicurare la garanzia dei diritti costituzionali e la tutela dell'unità giuridica ed economica della Repubblica.
Ci sarebbero, dunque, fondati elementi per ripensare a quella forma di autonomia assoluta che la Proposta di legge sull' autogoverno delle scuole Aprea- Ghizzoni delineava e che cedeva completamente le scuole al territorio di appartenenza, senza controllo sui loro Statuti per i quali non erano previsti nè convalida nè approvazioni da parte di Organi superiori di controllo. Dove lo Stato veniva indicato come un Ente (tra Regioni ed autonomie locali) che dovrebbe contribuire al perseguimento delle finalità educative delle istituzioni scolastiche (art. 1, comma 2), le quali, si badi bene, potevano dotarsi di autonomi '' principi educativi e culturali''.
Ugualmente, sarebbe opportuno riconoscere finalmente ai docenti il ruolo che la Costituzione assegna alla loro funzione '' la funzione docente è intesa come esplicazione essenziale dell'attività di trasmissione della cultura, di contributo alla elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo e alla formazione umana e critica della loro personalità''. D.Lgs. 16 Aprile 1994, n.297 (Parte III, titolo I, Capo I); rivalutando il Collegio dei Docenti, con l' introduzione di un Coordinatore del medesimo eletto dallo stesso Collegio; contemplando la maggioranza dei Docenti in ogni eventuale consiglio dell' autonoma, perchè gli insegnanti sono i garanti pubblici dell' istruzione; prevedendo Organi di rappresentanza dei docenti su base nazionale e/o regionale che possano partecipare alle scelte di politica scolastica, con apporti di tipo tecnico e culturale e che siano garanti della libertà d' insegnamento nei contenziosi disciplinari.
Non abbiamo dubbi sul fatto che il modello di ente pubblico a cui si richiama la logica contenuta in quel progetto sia ancora criticabile. Infatti riproduce quello delle Asl enti pubblici locali divenute aziende dotate di autonomia organizzativa, gestionale, tecnica, amministrativa, patrimoniale e contabile. Enti che si sono dimostrati di gestione del potere e di spreco di danaro pubblico, come le inchieste giudiziarie e giornalistiche e di questi ultimi anni hanno dimostrato. Enti preposti, in molti caso, all' uso allegro dei bilanci.
Non crediamo dunque che si possa insistere con questo modello e siamo anche convinti che il legame tra scuola e territorio non possa essere di sudditanza della prima al secondo. Notava Franco Bruni in ''Federalismo è l'ora di ripensarlo'' (La STAMPA 23/09/2012):
La vicinanza fra elettori ed eletti è una vicinanza pericolosa perchè favorisce la prepotenza degli interessi particolari, a scapito di quelli generali. Le lobby locali, i cui interessi non collimano con quelli della collettività dei cittadini del proprio territorio, hanno meno presa se devono condizionare decisioni nazionali, mentre catturano facilmente i politici eletti localmente.
Crediamo invece che sarebbe salutare rimettere in discussione questo mito del territorio che sarebbe buono in sè. Il territorio è buono se chi lo abita e chi lo governa possiede principi ed etica orientati all' interesse generale e al bene pubblico. Dunque non è il territorio che rende buoni gli uomini, ma è il contrario : il territorio diventa luogo positivo, solo se le persone che lo abitano praticano principi sani e hanno esigenze orientate all' interesse generale.
L' istruzione di un Paese, ricordava il premio Nobel, Amartya Sen, in un' intervista al nostro giornale di alcuni anni fa, deve essere la più universale possibile perchè l' istruzione deve servire soprattutto ad aprire le menti. L' educazione scolastica deve essere non settaria ma capace di espandere, invece di ridurre, la capacità di penetrazione della ragione.
Concludiamo perciò con l' auspicio che l' ultimo tassello (relativo agli organi di gestione della scuola) di una rivoluzione della scuola, quale è stata l' Autonomia, sia anche l'occasione di una riflessione critica sulla medesima e che si possa riparare a quegli errori che hanno impoverito la scuola italiana, puntando tutto ora sul ruolo dei docenti, sulla loro responsabilità, e sul loro coinvolgimento. La retorica che sentiamo nei discorsi di tutti i politici sulla valorizzazione degli insegnanti solo in questo modo potrebbe trovare la giusta e credibile forma.
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