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Numero 4 - Aprile 2013
Numero 4 Aprile 2013

La scuola di Pilato

I commenti. Usr Puglia vuole licenziare i docenti e il personale ata, anche nella scuola il metodo fiat?


26 Marzo 2013 | di Vito Carlo Castellana

La scuola di Pilato
Con la Scuola sempre poco al centro degli interessi della nazione, con la crisi economica e l'inflazione che erodono il nostro potere d'acquisto, i docenti di ruolo hanno sempre potuto per lo meno consolarsi con la certezza (magra consolazione) di avere il lavoro ''sicuro''. Tutto questo a Bari sta per diventare una chimera, infatti in questi giorni l'USR Puglia e l'A.T. di Bari stanno procedendo ad inviare lettere di licenziamento ad una decina di lavoratori tra docenti e personale ATA, unica colpa quella di essere stati immessi in ruolo per ''ultimi'' nelle rispettive classi di concorso. Devono far posto a colleghi che hanno ottenuto la stabilizzazione attraverso una sentenza di un giudice, la Fiat e il metodo Marchionne fanno scuola, il diritto di un lavoratore sancito da un magistrato va a scapito di un altro collega. Per entrare nella questione è bene spiegare meglio quello che sta accadendo. Negli anni scorsi, come tante sigle sindacali, l'UGL patrocinava, presso il tribunale di Trani, un ricorso di alcuni lavoratori della scuola (docenti e ATA) volto ad ottenere la stabilizzazione, la sentenza è giunta nei mesi scorsi è ha sancito il sacrosanto diritto dei lavoratori di ottenere finalmente il tanto agognato ruolo. Siamo solo però al primo grado, di solito l'amministrazione in caso di esito a lei sfavorevole fa ricorso e prende tempo, in questo caso però tutto ciò non è avvenuto, l'amministrazione si è ''dimenticata'' il ricorso in appello e pertanto la sentenza è passata in giudicato. Quale migliore notizia potrebbe esserci per i precari della scuola! Questa esultanza e questa soddisfazione avrebbe senso in un paese normale, ma si sa siamo in Italia e le cose non vanno mai come dovrebbero andare. Infatti nei giorni scorsi l'USR Puglia invitava l'Ambito Territoriale di Bari a dar seguito alla sentenza, retrodatando giuridicamente l'immissione per chi, tra i ricorrenti fosse già in ruolo, ovvero, nel caso in cui qualcuno degli stessi avesse ancora contratto a tempo determinato o fosse inoccupato, di far spazio loro, licenziando gli ultimi immessi in ruolo. I docenti coinvolti nella procedura, al momento, sarebbero poche unità, qualche decina gli ATA, alcuni di loro, secondo la sentenza dei giudici avrebbero diritto a nomine in ruolo datate a metà degli anni '90. Evidente è che una decisione del genere non ha precedenti ed è fortemente dubbia nella sua legittimità. Oltre ai tanti dubbi giuridici, ci sono poi delle pesanti ricadute dal punto di vista organizzativo, tenendo presente che ci troviamo anche in periodo di domande di mobilità, che molti colleghi sono stati inesorabilmente depennati dalle GAE e che alcuni si sono anche trasferiti in altre province. Quello che ancor più infastidisce è che ormai si pensa alla scuola in termini economici e di numeri, ma dietro quei numeri ci sono ''persone'' che ogni giorno con dedizione e sacrificio servono lo Stato e assolvono al loro compito di educatori. Con il ruolo, finalmente arrivato, può cambiare anche la vita privata, molti di questi colleghi hanno operato scelte di vita che non possono essere spazzate via da una fredda e burocratica circolare. Si spera che quello che sta accadendo a Bari non costituisca un precedente, ma soprattutto che la politica e le istituzioni si assumano le loro responsabilità, senza prendere decisioni fantasiose che per dare ciò che è di diritto agli uni tolga ingiustamente agli altri. Per vederla positivamente, probabilmente forse questa potrebbe anche essere finalmente l'occasione per iniziare ad affrontare seriamente il problema del precariato nella scuola e pensare che, quel poco che lo Stato risparmia non stabilizzando, lo spende in termini di risorse umane, dovendo infatti utilizzare per mesi personale, che potrebbe fare altro, a dirimere vicende legate al precariato. Tutto questo senza poi tralasciare l'enorme danno che si fa alle nuove generazioni non garantendo loro la continuità didattica e soprattutto dando un segnale di disinteresse nei confronti del mondo della scuola e della formazione.

*Gilda degli Insegnanti di Bari


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