Finestra sul mondo e nel tempo: iperprotezione dell' infanzia
26 Marzo 2013 | di Piero Morpurgo
La frase è attribuita in modo incerto a Giuseppe Mazzini che lottava contro l'indifferenza dei singoli e delle istituzioni nei confronti dell'istruzione. Oggi gli eccessi sono diversi e tra questi l' overparenting ovvero quella forma di invadenza nella libera crescita dell'infanzia che ha visto la rivista Time[1] pubblicare una significativa copertina dove si raffigura un bambino condotto da numerosi fili che dovrebbero guidarlo e proteggerlo costantemente.
Il fenomeno, noto anche come helicopter parents[2], iniziò nel 1899 quando una mamma decise di prendere in affitto un appartamento vicino al campus di West Point per poter osservare e controllare il figlio con un binocolo. In realtà è dal 1990 che la vicenda ha preso pieghe estremamente preoccupanti con un crescendo di stati d'ansia per la sicurezza del figlio, il tutto seguito da improponibili richieste di successo sin dalle fasi iniziali della vita (bambini che debbono essere più bravi degli altri, i primi a: camminare, scrivere, disegnare, nuotare), il tutto accompagnato o da incredibili distrazioni tanto che i produttori di passeggini sono costretti a mettere etichette che avvertono ''rimuovete il bambino prima di richiudere'' o da altrettanto inimmaginabili negligenze sicchè ci sono bambini in grado di nuotare, ma incapaci di infilarsi e allacciarsi le scarpe. E se ogni sforzo è diretto a potenziare il livello di IQ, al tempo stesso, si tralasciano attività fondamentali quali: a) la capacità di osservare il bambino; b) il lasciare autonomia di tempo dedicato al giocare senza controllo eccessivo, tempo che tra il 1981 e il 1997 è calato del 25%! Non si capisce come una generazione di genitori, che hanno sperimentato la libertà di andare a scuola da soli, almeno sin dalle elementari e che hanno giocato serenamente in giardini e cortili, oggi sia così ansiosa da dover seguire passo-passo il bambino in ogni suo spostamento offrendosi come figura che custodisce e non come presenza che educa e trasmette cultura e ragione. Invero su tutto ciò c'è il peso di una società che ha isolato la famiglia da altre forme di aiuto (i nonni, gli zii, gli amici) talora costringendo i genitori ad affidare i neonati di 3 mesi agli asili nido[3]; queste istituzioni sono soggette alla legislazione delle Regioni che in genere prevedono che: ''il nido d'infanzia è un servizio educativo e sociale di interesse pubblico, aperto a tutti i bambini e le bambine in età compresa tra i tre mesi e i tre anni, che concorre con le famiglie alla loro crescita e formazione, nel quadro di una politica per la prima infanzia e della garanzia del diritto all'educazione, nel rispetto dell'identità individuale, culturale e religiosa''[4]. Ora, se non v'è dubbio che il nido sia una risorsa necessaria per una famiglia che lavora, è anche vero che -come affermano le stesse Linee Guida del MIUR- tutto questo processo ha trasformato in una vera e propria delega dell'educazione da parte delle famiglie alle istituzioni scolastiche tanto che il documento del MIUR annota ''vi è un'attenuazione della capacità adulta di presidio delle regole e del senso del limite''[5]. Qui sta il punto di crisi che occorre spiegare: non c'è solo incapacità di controllo genitoriale c'è soprattutto amnesia di quello che è stata l'infanzia nel passato e nella storia di ciascuno di noi. Fatiche e successi, gioie e amarezze sembrano essere state dimenticate. L'oblio dei genitori cancella le storie della fatica del vivere quotidiano: non era molto lontano il tempo in cui le lenzuola si lavavano alla fontana o di quando si andava a scuola con il grembiule senza sfoggiare abiti alla moda. E in un continuo susseguirsi di amnesie è stata riscritta la storia del nostro modo di essere che introduce i bambini nel sistema educativo sicchè la scuola materna diventa occasione di competizione e non di riflessione, la rivalità prende il posto della socializzazione, l'idea che ogni bambino debba essere una sorta di imbuto in cui riversare ogni sorta di abilità (la scrittura, il bilinguismo, la palestra, il nuoto, i videogiochi elettronici). Si tratta di forzature che quando avvengono senza tener conto dei periodi sensitivi del bambino ledono le sue capacità di concentrazione, di riflessione, di fantasia del bambino. Le ambizioni dei genitori, le pressioni di maestre e docenti debbono essere rivisitate soprattutto ricordando un passato che ha dato risultati proficui.
Già nel 1948 scriveva Maria Montessori: ''una preoccupazione della maestra comune è quella di dover dilatare le conoscenze del bambino /.../. Il ‘fargli vedere tutto' - ‘riflettere su tutto' è un ansioso lavoro, e, purtroppo, è uno spegnitoio delle energie infantili, un crudele strappo di tutte le cose che formerebbero in lui un interesse''[6]. C'è un'ossessione martellante che vuole che il bambino tutto sappia fare fin dai primi anni di vita e che in tutto debba comportarsi come gli adulti e questa attitudine maniacale era stata già segnalata nel 1954 nel film di Edmondo Lozzi ''Il segreto dell'infanzia'' dove il bimbo Paolino è sottratto a ogni sua curiosità perchè in tutto deve seguire le esigenze del mondo degli adulti[7]. Sono passati molti anni e questi atteggiamenti si sono addirittura aggravati. Si resta amareggiati nel leggere che a 8 anni il bambino debba essere educato a compilare assegni bancari[8]. Oggi il bambino non può sbagliare mentre per la Montessori era fondamentale il ''controllo dell'errore'': alla fine del lavoro il bambino può rendersi conto da solo se quello che ha fatto è giusto o sbagliato ed eventualmente autocorreggersi. Così ha la soddisfazione delle proprie capacità, di sapere quello che fa. Controlli dell'errore 'casalinghi' possono essere: la sedia che, trascinata anzichè portata, fa rumore; il cassetto che, chiuso male, sporge sugli altri; il piatto che portato senza attenzione, cade e si rompe. Oggi -riporta Time- i genitori vivono nell'ansia che i bambini possano sbagliare fanno di tutto al posto loro e non riflettono sugli errori che loro, in quanto adulti, commettono.
Su questi temi è intervenuto più volte Michael Ungar [9]autore del libro Too Safe for Their Own Good: How Risk and Responsibility Help Teens Thrive (Troppo protetti contro il loro interesse: come il rischio e la responsabilità aiutano gli adolescenti a crescere); in sostanza il comportamento da ‘mamma chioccia' produce due fenomeni pericolosi: a) l'iperprotezione può indurre a credere che si vive in un mondo pieno di insidie pertanto il bambino si sentirà inadeguato e insicuro talora isolato; b) l'eccesso di cure parentali può altresì indurre il bambino ad atteggiamenti trasgressivi o a comportamenti di cui non conosce le conseguenze perchè è sempre stato ''protetto'' e non ha mai potuto sperimentare.
La reazione a tali eccessi ha portato a movimenti singolari quali quello dei Free Range Kids[10] ovvero dei bambini che crescono ''naturalmente'', ma senza arrivare a tutto ciò è bene essere consapevoli che ogni nostro figlio, ogni nostro studente, ha inclinazioni e tempi di apprendimento diversi e non è una macchina votata a eroici successi bensì uno spirito volto alla riflessione e all'emancipazione.
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[1] http://www.time.com/time/magazine/article/0,9171,1940697,00.html
[2] http://magazine.ucla.edu/depts/lifesigns/LifeSigns_DroppingIn/
[3] http://www.edscuola.it/archivio/norme/leggi/l1044_71.html
[4] http://opac.minori.it/VSRV01_EOS03_Linked_documents/Giuridico/Emilia_LR_10_gen_2000.htm
[5] http://www.istruzione.it/web/istruzione/prot5559_12
[6] Montessori, La scoperta del bambino, Milano 1970, p. 184
[7] Il film è consultabile liberamente in http://www.archivioluce.com/archivio/
[8] http://www.teachkidshow.com/teach-your-child-to-write-a-check/
[9] http://www.michaelungar.com/
[10] http://www.freerangekids.com/
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