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Numero 5 - Maggio 2013
Numero 5 Maggio 2013

Insegnare con le crocette

Da Berlinguer in poi, una scuola più ''sexy'' anzichè più ‘scuola' che svilisce tutti quegli elementi di asperità e di fatica caratterizzanti un vero ed autentico percorso formativo


30 Aprile 2013 | di Gianluca Mungo

Insegnare con le crocette
Il docente dovrebbe essere, principalmente e strettamente, una figura attinente al significato di quella stessa parola che lo individua, lo identifica e ne rimarca le sue funzioni principali: ''docere'' significa, appunto, ''insegnare'', ''istruire''. e ''docente'' è, pertanto, ''colui che insegna'', ''colui che istruisce''. Spesso si tende a confondere la figura del docente con quella di un agente di vendita e, talora, lo stesso docente è visto al pari di un impiegato con scadenze, esigenze di ‘batter cassa' per la scuola, mansioni burocratiche e qualsivoglia specie di cose che esulano totalmente da una vera didattica. Vi sono paesi dove la scuola apre anche il pomeriggio con attività alternative e culturali, paesi che consentono ad un insegnante di usufruire di un anno sabbatico per iscriversi gratis all'università e frequentare corsi appositi. In Italia, invece, spesso il docente vive la frenesia dell'organizzazione di open days e di progetti per rendere sexy un P.O.F al mero scopo di attrarre fondi e studenti e battere, così, la ''cassa''. Eppure sul contratto firmato dai vari docenti non figura da nessuna parte l'obbligo di dover dedicare il proprio tempo alla stesura e alla elaborazione di progetti, ma spesso si punta il dito contro gli insegnanti che sono ivi recalcitranti, infondendo in essi sensi di colpa e responsabilità che non hanno e che non dovrebbero avere. Può, però, un docente essere valutato sulla base di simili punti? Uno Stato dovrebbe avere il dovere di monitorare adeguatamente il lavoro svolto nelle sue scuole in termini di ‘cultura', ‘formazione' etc., ma il punto è: in Italia ciò come avviene? Con le prove INVALSI forse? Alla società italiana può davvero interessare che uno studente sappia mettere al posto giusto le crocette del test quando magari lo stesso non è mai entrato nei principali luoghi d'arte della propria città? Non mi risulta che lo Stato italiano incentivi, con ingressi gratuiti e quant'altro, docenti e studenti a valicare le porte di un teatro, di un parco archeologico o di un museo. Le ultime riforme hanno pure ridotto e gli insegnamenti di ‘storia dell'arte' in un paese, sottolineo, dall'incommensurabile patrimonio artistico quale è l'Italia. Pochissimi docenti, intanto, avranno visto ispettori scolastici entrare nelle aule per monitorare attentamente come dentro di esse si lavora. L'importante pare solo che le scuole rispettino l'ennesima scadenza burocratica delle prove INVALSI. Lo sviscerato ‘amore' che il MIUR pare avere per le crocette si è rivelato anche nella prova preselettiva dell'ultimo concorso per docenti dove, nel selezionare i propri insegnanti, al Ministero non importava evidenziare che tipi di letture, di studi e di ricerche i candidati svolgessero o avessero svolto nella propria vita, bensì la loro bravura a risolvere quiz da settimana enigmistica. Le future generazioni di aspiranti docenti farebbero forse meglio ad esercitarsi con tali riviste della domenica piuttosto che impiegare il proprio tempo nel cimentarsi in importanti studi. Le riforme di Berlinguer hanno mirato a portare la scuola verso un ideale di rinnovamento nell'anima della progettualità, rendendola più amichevole nei confronti dello studente anche con uno snellimento dei programmi e puntando su una didattica che si incentrasse sul ''metodo'' e seguisse il motto di ''imparare ad imparare''. Particolare rilevanza è stata assegnata alle nuove tecnologie, rilevanza che si poteva riassumere in un altro motto rimasto solo sulla carta: ''Un computer per ogni banco!''. Si pensi alle parole, rasentanti un certo entusiasmo, con cui Maragliano, coordinatore della Commissione dei Saggi, usava in un'intervista rilasciata all'Unità il febbraio del 1997: ''Il videogioco è la più grande rivoluzione epistemologica di questo secolo. Ti dà una scioltezza, una densità, una percezione delle situazioni e delle operazioni che puoi fare al proprio interno che permette di esaltare dimensioni dell'intelligenza e dello stare al mondo finora sacrificate dalla cultura astratta.'' Quanti si opponevano, già allora, ad un simile modo di procedere, facevano notare come questo comportasse una certa tendenza a deconcettualizzare l'insegnamento e puntavano il dito contro una certa didattica che avrebbe iniziato quel classico percorso che porta ad andare da un eccesso ad un altro, scivolando, inesorabilmente, da un piano di mera astratta conoscenza a quello di una mera operatività empirica. A risentirne sono, in particolare, gli insegnamenti delle discipline scientifiche che finiscono col considerare i propri contenuti non come ''modelli'' e come ''concetti'', bensì come ''paradigmi'' cosa che equivale a dire ''veri oggetti di studio e di riflessione'', bensì come ''cose'' e finiscono più con lo spettacolarizzare che non con il formare e, quindi, insegnare, avvicinando l'alunno alla materia. Spettacolarizzare significa di fatto privare i contenuti delle ricchezze teoriche e metodologiche, generando una conoscenza assai vicina ad una sorta di collezione di dati. Nata per combattere l'inclinazione al nozionismo enciclopedico, la riforma ha così portato ad un'esasperazione dello stesso nozionismo, facendolo diventare una sorta di collezionismo piuttosto che promuovere un certo spirito alla ricerca ed all'approfondimento dei vari studi, finendo col trattare gli studenti più come consumatori che non come cittadini. Berlinguer, secondo Russo, avrebbe sostanzialmente smantellato la tradizionale scuola secondaria, colpevole di essere appunto tradizionale, per sostituirla con una scuola per ''consumatori'' che, sulla linea della scuola americana, avvicina i ''prodotti'' più che i saperi ad una sorta di studente-cliente, puntando su una qualità sempre più carente e proponendo al suddetto studente-cliente degli articoli di massa senza un minimo senso culturale e scientifico, ma aventi semplicemente l'unico vantaggio di essere ''gradevoli e rassicuranti''. Una scuola, dunque, più ''sexy'' anzichè più ‘scuola' che svilisce tutti quegli elementi di asperità e di fatica caratterizzanti un vero ed autentico percorso formativo. Le riforme della fine degli anni '90 hanno, così, inaugurato una scuola detta della progettualità; di fatto una scuola dell'intrattenimento assai simile ad una sorta di grande supermercato sui cui scaffali sono posti articoli di vendita che portano il nome di ''contenuti'', metodologie'' etc., che vengono portati alla conoscenza del grande pubblico, come nella migliore tradizione della GDO, con volantini, open days, e, infine, con opuscoli dall'inconfondibile nome di ‘P.O.F.' con buona pace di ogni ideale ed intento educativo di chi nella scuola vedeva e vede più un compito di formare senso critico e passione civile nei propri ‘utenti'. Sarebbe anche il caso di dare una corretta definizione di ‘progetto': se chiamiamo, per esempio, ''progetto'' anche l'organizzazione di uno spettacolo teatrale, di un corso di nuoto o di una mostra scolastica, allora possiamo dire che ''tutto'', nella scuola, è un ''progetto''. Che fine fa la preparazione degli studenti in tutto questo? Possiamo rintracciare la risposta in un articolo della Beltramini (Focus 11/2008) la quale riporta quanto segue: ''Nel Novembre 2007 furono messi a concorso 380 posti di uditore giudiziario. Nonostante partecipassero 4 mila laureati in giurisprudenza, ne rimasero scoperti 58 a causa di errori ortografici: apostrofi, doppie e punteggiatura messi a casaccio, un 'hanno' senza acca, un 'risquotere' e una 'Corte dell'Aiax', anzichè Aja. Per non parlare della vexata quaestio inviata per sms da un suggeritore (in latino significa 'questione a lungo dibattuta senza soluzione'), che il candidato, pensando che la 'x' fosse l'abbreviazione di 'per', ha scritto 'veperata quaestio'. I tradizionalisti sostengono che la colpa di tanta ignoranza è da attribuire alla scuola di massa e al '68. Ma la scuola finlandese, di massa ed erede del '68, dimostra che questo tipo di scelte e di origini culturali non sono un limite ai migliori risultati del mondo.''




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Numero 5 - Maggio 2013
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
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Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
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Hanno collaborato a questo numero:
Rosario Cutrupia, Tommaso De Grandis, Giorgio La Placa, Gianluca Mungo.