Accantonata la chiamata diretta, resta il fatto che occorre subito procedere ad una nuova legge sul reclutamento dei docenti che possa finalmente contribuire a risolvere il problema tutto italiano del precariato scolastico
29 Maggio 2013 | di Antonio Antonazzo
E' notizia di questi giorni che la Corte Costituzionale ha bocciato definitivamente la norma approvata dalla Giunta Regionale Lombarda che permetteva ad ogni singola istituzione scolastica di poter ''scegliersi'' autonomamente i suoi docenti precari. Si tratta di quella forma ''innovativa'' di reclutamento, nota a tutti con il nome di chiamata diretta.
Con questa sentenza, la Corte non si esprime nel merito contro o a favore della chiamata diretta, ma si limita ad affermare che il reclutamento dei docenti è prerogativa dello Stato centrale e pertanto ogni norma inserita a livello locale non può in nessun modo essere considerata legittima.E' evidente però che, per il modello scolastico lombardo, si tratta di un brutto colpo e che da oggi in poi sarà sempre più difficile che un sistema di reclutamento basato sulla chiamata diretta possa vedere la luce.
L'idea di un sistema di reclutamento basato sulla chiamata diretta da parte dei dirigenti viene da molto lontano; la prima volta che ne ho sentito parlare, è stato nel 1998, quando ero uno dei responsabili nazionali del CIP ( Comitati Insegnanti Precari ).
In tale veste, insieme ad altri colleghi del CIP, fummo convocati presso la sede nazionale dell'ANP (Associazione Nazionale Presidi) dal loro dirigente nazionale che ci preannunciò la presentazione di un disegno di legge che avrebbe rivoluzionato il vecchio sistema di reclutamento basato sul concorso ordinario su base nazionale; secondo il loro disegno di legge, il vecchio concorso sarebbe stato sostituito da concorsi indetti su base locale da ogni singola istituzione scolastica.
L'ANP cercava il nostro appoggio e ci propose in cambio di appoggiare la nostra richiesta di rendere in qualche modo automatico il conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento dopo 4 anni di servizio senza demerito. Noi rifiutammo anche perchè, oltre al livello locale della procedura di reclutamento, il disegno di legge prevedeva che i vincitori di concorso venissero assunti a tempo determinato con un contratto di 4 anni prorogabile solo in seguito ad un passaggio presso il nucleo di valutazione di ogni singola scuola.
Il Disegno di Legge in questione venne presentato poco dopo dall'Onorevole Deputata di Forza Italia: Valentina Aprea che, da allora in poi, ha riprovato sotto varie forme di portare avanti il suo progetto fino a vederlo in parte realizzato, almeno formalmente, dalla giunta Regionale Lombarda.
Accantonata la chiamata diretta, resta il fatto che occorra subito procedere ad una nuova legge sul reclutamento dei docenti che possa finalmente contribuire a risolvere il problema tutto italiano del precariato scolastico.
L'ex Ministro Profumo, e prima di lui la Gelmini, in questi ultimi 3 anni, non solo non sono riusciti ad intaccare minimamente la questione del precariato, ma hanno contribuito a complicarlo ulteriormente dando il via libera a norme e ad interventi che, alla luce dei fatti, sono risultati frutto di improvvisazione e di poca lungimiranza.
Aver buttato nella mischia un nuovo concorso ordinario, i TFA ordinari e quelli speciali senza prima aver delineato un percorso chiaro, certo e trasparente, sta, ancora una volta, creando tra i precari, solo scompiglio, rabbia ed amarezza.
La Gilda degli Insegnanti da anni in tutte le sedi continua a sostenere che il problema del precariato deve essere affrontato a 360 gradi ponendo al centro una vera riforma del reclutamento che abbia come obiettivo principale la stabilizzazione di decine di migliaia di docenti precari che da tempo e a pieno titolo lavorano nelle nostre scuole garantendo il regolare svolgimento di tutte le attività didattiche.
I docenti precari nei vari ordini di scuola, sono più di centomila; senza di loro non si potrebbero svolgere gli esami di Stato, non ci sarebbero le gite scolastiche e, soprattutto, non ci sarebbe un regolare svolgimento delle lezioni.
Bisogna prendere atto che con così tanti precari è la scuola ad essere precaria e che solo partendo da un serio piano di stabilizzazione si potrà pensare di migliorare il livello qualitativo del nostro sistema scolastico. Solo portando il numero di docenti precari ad una percentuale fisiologica del 5% (attualmente è quasi pari al 20%), si potranno fare tutte le altre riforme con la speranza di poter raggiungere risultati positivi.
D'altra parte il costo di un'operazione del genere è irrisorio in quanto si tratta di docenti che già lavorano regolarmente e percepiscono uno stipendio da parte dello Stato; senza contare poi il danno economico dovuto alla miriade di ricorsi vinti dai precari per il riconoscimento degli scatti di anzianità loro negati e alla procedura di infrazione che la Comunità Europea potrebbe avviare nei confronti dello Stato Italiano per l'abuso dei contratti a termine perpetrato nei confronti dei colleghi precari.
La Gilda degli Insegnanti ha da tempo presentato diverse ipotesi in tal senso, non ultima quella di poter consentire a tutti i docenti che si sono visti bloccati dalla riforma delle pensioni del governo Monti di poter accedere ad un part-time e di utilizzare le loro ore residue per l'assunzione di migliaia di colleghi della graduatoria ad esaurimento.
Anche in un periodo storico travagliato e difficile come quello attuale, i margini di manovra ci sono ed è per questo che, ancora una volta lanciamo un appello al Ministro e a tutte le forze politico-sindacali affinchè si intervenga in maniera organica e concreta per risolvere questa problematica che riguarda non solo il futuro di decine di migliaia di lavoratori, ma soprattutto il futuro dell'intero paese.
RENDIAMO MENO PRECARIA LA NOSTRA SCUOLA.
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