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Numero 7 - Settembre 2013
Numero 7 Settembre 2013

Il sempre più duro “mestiere” di insegnare

Come ho scoperto che le 18 ore di'' palcoscenico'' settimanali sono il risultato finale di lunghe ore passate a preparare le lezioni e oggi mi chiedo quale sia veramente il nostro ruolo, la nostra funzione


01 Settembre 2013 | di Loredana Macuglia

Il  sempre più  duro  “mestiere”  di insegnare
Era il lontano 1992 quando ho deciso di lasciare il mio lavoro di analista programmatrice presso la SoGeI (Società Generale di Informatica) di Roma per diventare un' insegnante della Scuola Secondaria Superiore. Mi sono lasciata guidare dalla passione per le scienze naturali (passione che non vedevo l'ora di trasmettere ai miei futuri allievi) ma anche - diciamola tutta - dalla possibilità di lavorare solo 18 ore a settimana e di godere di un periodo incredibilmente lungo di vacanze estive. Ho così deciso di rinunciare ad un cospicuo stipendio e alla possibilità di fare carriera per abbracciare una professione che, malgrado fosse scarsamente retribuita e senza possibilità di carriera, mi era più congeniale e mi consentiva di disporre di più tempo libero.

Mi è subito stato chiaro però che le cose non stavano affatto come avevo immaginato: le 18 ore di ''palcoscenico'' settimanali erano solo il risultato finale di lunghe ore passate a preparare le lezioni. La platea da intrattenere e da conquistare, inoltre, era tra le più esigenti, avara di entusiasmi e pronta a coglierti in fallo alla prima occasione! Altro tempo doveva poi essere dedicato alla preparazione e alla correzione dei compiti, ai rapporti con le famiglie, alla scelta dei testi, alla stesura di programmazioni e relazioni o alla compilazione delle pagelle...

Non intendo comunque in questa sede soffermarmi sulle incombenze che sono funzionali all'insegnamento , ma su alcune attività che , almeno a mio modesto parere, hanno solo la funzione di sottrarre tempo e soprattutto energia a quello che dovrebbe essere il centro della nostra professione: la didattica.

Le continue riforme che si sono susseguite nel tempo ci hanno imposto frequenti aggiornamenti nel lessico, costringendoci a ''studiare'' per distinguere gli obiettivi dalle finalità, le competenze dalle capacità, e rendendo necessaria una continua revisione delle programmazioni individuali. Abbiamo assistito impotenti al moltiplicarsi delle sigle: PEI, POF, MOF, CIC, PON, FESR, IDEI, DSA, BES, ... solo per fare qualche esempio. Tutto questo non solo non ha accresciuto la nostra professionalità , ma a mio avviso ha anche nascosto un'insidia: con i contenuti disciplinari che diventano unità di insegnamento e poi di apprendimento si è inteso conferire un ruolo centrale all'allievo e alla sua azione dell' ''apprendere'' , ma contemporaneamente si è voluto svilire e togliere importanza al docente e alla sua azione dell' ''insegnare''. La recente introduzione in molte scuole di percorsi di alternanza scuola-lavoro , assieme alla convinzione sempre più diffusa che la scuola non sia l'unica agenzia del territorio a diffondere cultura, ma che ci siano ''modalità altre'' di formazione, è a sostegno della mia tesi.

Altro tasto dolente sono i libri di testo. Scegliere uno strumento di lavoro adeguato è fondamentale per la qualità del lavoro che si svolgerà, e dunque rappresenta per i docenti un impegno davvero notevole. Dopo aver passato intere giornate a visionare testi e dopo aver finalmente scelto quello giusto, si può scoprire che di quel libro esistono numerose edizioni, di colore rosa, blu, azzurro. A quel punto si va sul sito della casa editrice. Dopo aver capito finalmente che è l'edizione azzurra quella che fa al caso nostro, ci rendiamo conto che di quella esistono ben 16 versioni. Si controllano tutte e 16 le possibilità, ma poi occorre chiamare comunque il rappresentante, perchè a fronte del codice ISBN del testo che si ha in mano sul sito compare un testo con una diversa copertina e un differente numero di pagine... Inoltre quest'anno il mio Dirigente ha ''calorosamente invitato'' i docenti a cercare le informazioni relative ai libri di testo sul sito dell'AIE, Associazione Italiana Editori. Alcuni colleghi, più disciplinati e obbedienti della sottoscritta, l'hanno fatto, perdendo interi pomeriggi per la registrazione con tutti i loro dati personali e poi anche per l'accesso ai dati dei testi, poichè il collegamento era davvero lentissimo. Una volta finalmente in possesso dei dati necessari, tali dati: a) possono essere utilizzati per un confronto con i dati contenuti negli elenchi dei testi dell'anno precedente, che vengono confermati o modificati; b) possono essere riscritti ex-novo su nuovi tabulati cartacei; c) possono essere mandati via mail alla scuola. Nella scuola in cui insegno i docenti sono stati costretti a svolgere tutte e tre le opzioni sopra elencate, opzioni che il buon senso vorrebbe che fossero alternative. Inoltre l'invio telematico dei dati non è avvenuto in formato libero, ma tramite dei link che ci sono stati inviati per ciascuna classe di pertinenza. Le istruzioni per l'utilizzo di tali link ci sono state inviate in uno strano formato che ha reso necessario scaricare un nuovo browser.

L'utilizzo della tecnologia, dunque, che dovrebbe migliorare e velocizzare la parte burocratica del nostro lavoro, finisce così per rivelarsi un'ulteriore complicazione. Anche al documento del 15 maggio ci è stato possibile accedere tramite un link, solo che tale link era condiviso tra i docenti della classe, per cui il risultato è stato che, dovendo lavorare tutti contemporaneamente sullo stesso documento, ci sono stati diversi intoppi, e il lavoro si è rivelato più lungo del previsto. Inoltre non è stato possibile in nessun modo allegare tabelle o utilizzare le relazioni che ciascuno di noi aveva già preparato, ed è stato così necessario digitare nuovamente il lavoro già svolto.

Altre due parole si potrebbero spendere sulle mail inviate agli insegnanti dalla scuola. Non solo nelle scuole vengono redatte maree di circolari da leggere e firmare (noi siamo arrivati a 190), ma anche a casa l'apertura della casella di posta elettronica e la conseguente scoperta di una serie di comunicazioni a firma del Dirigente (ne ho ricevute oltre trenta) o dei suoi collaboratori costringe ad un impegno supplementare. Mi ha angosciato ricevere una comunicazione anche il primo di maggio, giorno della festa del lavoro. Anche i miei colleghi avvertono il mio stesso disagio, quasi si fosse vittime di uno stalking telematico.

Infine voglio far presente che, nel corrente anno scolastico, l'utilizzo del registro elettronico accanto a quello cartaceo ha rappresentato, per i colleghi delle scuole che l'hanno adottato, un notevole aggravio di lavoro. Poichè non sempre le scuole hanno un computer per aula e le poche postazioni disponibili sono spesso occupate da altri docenti che registrano assenze, voti e argomenti delle lezioni dopo il loro orario di servizio, alcuni insegnanti si sono attrezzati con tablet e portatili personali, mentre altri (mio marito è uno di questi) effettuano le registrazioni necessarie una volta rientrati a casa. Questo tempo si va dunque a sommare a quello impiegato per lo svolgimento di tutte le altre incombenze. Viene dunque da chiedersi quale sia veramente il nostro ruolo, la nostra funzione, la nostra figura professionale, visto che i compiti da svolgere sono sempre più simili a mansioni di tipo impiegatizio. Viene da chiedersi se il nostro tempo, di cui troppo spesso viene fatto strame, abbia veramente un valore, o se l'idea della centralità dell'alunno abbia paradossalmente reso la nostra presenza nella scuola del tutto superflua.


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Numero 7 - Settembre 2013
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
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Hanno collaborato a questo numero:
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