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Numero 8 - Ottobre 2013
Numero 8 Ottobre 2013

Verso la scomparsa delle bocciature, in nome dell’Europa e del Mercato

Se il sistema formativo statale abdica alla funzione premiale di selezione non riconoscendo agli studenti che vengono da settori svantaggiati della società il merito individuale trasforma la scuola in grande area di parcheggio per le giovani generazioni


29 Settembre 2013 | di Fabrizio Reberschegg

Verso la scomparsa delle bocciature, in nome dell’Europa e del Mercato
La Ministra Carrozza ha dichiarato recentemente in una intervista al Mattino ''la bocciatura è utile solo in casi rari. Io non faccio il suo elogio. La scuola deve permettere ai ragazzi di studiare al meglio. Vengo da una mentalità in cui si seleziona all'ingresso ma, quando si entra in una scuola, si entra per uscirne vincitori con il diploma''. Una presa di posizione importante da parte della massima figura politica ''competente'' su formazione e istruzione. Da tale dichiarazione si evince che la bocciatura scolastica deve essere proposta solo in casi eccezionali e che deve prevalere la cultura della selezione in ingresso, non in itinere o finale. Ci permettiamo di dissentire completamente dalle posizioni espresse dal Ministro che riprendono in gran parte il dibattito che in alcuni paesi europei sta portando alla eliminazione delle procedure di selezione nei sistemi formativi nel segmento della scuola dell'obbligo e alla loro progressiva riduzione nel segmento secondario.

Si tratta di proposte politiche portate avanti spesso da governi socialdemocratici e di ''sinistra'' che sembrano aver dimenticato il ruolo fondamentale della scuola pubblica nei sistemi democratici. Una malattia che colpisce da anni anche la sinistra italiana che si illude di perseguire l'eguaglianza dei cittadini eliminando la selezione formale scolastica. Tutti promossi uguale pari opportunità per tutti, minore sofferenza e disillusioni per allievi e famiglie. Ma soprattutto, in un mondo in cui alla politica e alle ideologie si sta imponendo il pensiero unico economico governato dalla finanza globale: eliminare le bocciature significa risparmiare circa 10 mila euro per ogni allievo bocciato o che ripete l'anno scolastico ridimensionando il costo complessivo del welfare per l'istruzione. Il tutto condizionato da un sistema di misurazione e di valutazione econometrico e statistico degli standard dell'istruzione che impone traguardi di natura formale che danno senso al successo delle politiche scolastiche di uno Stato. Si vedano come esempio gli obiettivi della strategia dell'UE per il 2020 (riduzione del tasso di abbandono scolastico al di sotto del 10%, portare la percentuale dei 30-34enni in possesso di laurea o diploma equipollente al 40%, partecipazione del 95% dei bambini all'istruzione pre-primaria, miglioramento delle competenze dei quindicenni in lettura, matematica e scienze, portare al 15% la percentuale di adulti che partecipano ad attività di apprendimento permanente), oppure i vari sistemi di valutazione statistici delle ''competenze'' portate avanti da OCSE-PISA o da INVALSI. Tale impostazione dimostra ancora una volta la progressiva impotenza del sistema statale di difendere e far valere le prerogative relative ad un sistema di valutazione e formazione autonomo dal sistema economico.

Nella sostanza lo Stato riconduce il proprio ruolo a sistema prettamente assistenziale in cui i diritti sono uguali solo nella forma e dove nella sostanza le diversità, le funzioni e i ruoli produttivi e di potere vengono demandati al mercato riproducendo di fatto le differenze di casta e classe sociale. Se il sistema formativo statale abdica alla funzione premiale di selezione non riconoscendo agli studenti che vengono da settori svantaggiati della società il merito individuale trasforma la scuola in grande area di parcheggio per le giovani generazioni demandando a terzi (istituzioni scolastiche e università private, conoscenze familiari, ecc.) la creazione di un modello distorto di ''meritocrazia'' laddove la ''meritocrazia'' è in funzione di una consolidata ''aristocrazia'' sociale.

Selezionare non significa automaticamente aumentare la dispersione scolastica, significa dare agli studenti tutti conoscenze e strumenti veri per scegliere e orientarsi nel sistema sociale e lavorativo e soprattutto per essere cittadini a pieno titolo. Selezionare dovrebbe essere strumento di orientamento serio per consentire a tutti in modo realmente inclusivo di trovare il senso dell'essere non solo nel mercato del lavoro, ma nel Mondo. Il problema italiano e di molti paesi occidentali è che il mito del ''diritto al successo formativo'' è stato declinato a livello di ideologia di massa come diritto alla promozione a prescindere dalla preparazione e delle conoscenze individuali perseguendo una pericolosa logica di deresponsabilizzazione. Così infatti il mancato successo scolastico viene attribuito alla ''scuola'', agli insegnanti, alla mancanza di percorsi di sostegno e recupero individuali, alla società. Chi non studia, o chi sceglie un percorso scolastico sbagliato non ha colpe. La colpa è sempre di altri. Il fallimento scolastico inteso come elemento traumatico solo per lo studente mortifica l'autorevolezza dell'insegnante che viene spinto dal sistema istituzionale a promuovere, a chiudere un occhio, a comprendere, a creare percorsi individualizzati, a colpevolizzarsi. ''L'insegnante che boccia boccia se stesso''. Così le performance della scuola sono calcolate dagli ''esperti'' in proporzione al numero di promozioni e al livello medio dei voti, le università vengono finanziate in relazione al numero di laureati, i TFA ordinari, come del resto le vecchie SSIS, basano la selezione di fatto solo in ingresso con test risibili. Il massimo del paradosso si ha nel caso delle università a numero chiuso che prima impongono incredibili test di accesso, poi sono obbligate a promuovere in pratica quasi tutti coloro che li superano mentre una vera e seria selezione dovrebbe essere fatta in itinere e con piano di studio obbligatorio e strutturato.

In questo contesto preoccupante sta sempre più legittimandosi il progetto di abolizione del valore legale del titolo di studio gestito dallo Stato per un sistema di certificazione delle cosiddette ''competenze'' che possono essere riconosciute e costruire al di fuori del sistema di formazione statale e con l'apporto determinante di enti di formazione e agenzie educative private. Dallo Stato al mercato. Una privatizzazione della scuola e della formazione che dobbiamo contrastare. Ci dispiace, ma dal Ministro Carrozza ci aspettavamo altro.


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Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
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