IN QUESTO NUMERO
Numero 10 - Dicembre 2013
Numero 10 Dicembre 2013

Il lavoro ben fatto (anche a scuola) e il caso Toscana

Solo una cultura miserabilmente ripiegata sul compiacimento di se stessa poteva, e ha potuto pensare, che l'esperienza pratica, il lavoro, appunto, potesse rappresentare una condizione di minorità


28 Novembre 2013 | di Valerio Vagnoli

Il lavoro ben fatto (anche a scuola) e il caso Toscana
[..] Solo una cultura miserabilmente ripiegata sul compiacimento di se stessa poteva, e ha potuto pensare, che l'esperienza pratica, il lavoro, appunto, la libertà di sceglierlo e di impararlo secondo la propria inclinazione e passione potesse rappresentare una condizione di minorità. Pertanto, di fronte alla ''rivoluzionaria e progressista'' convinzione che le attività manuali respingessero l'uomo verso chissà quale selvatica condizione, quei pochi che nel passato hanno invece rivendicato l'alto valore formativo ed educativo della formazione professionale, auspicandola magari fin dal primo anno delle superiori, hanno dovuto subire a volte, piuttosto che sereni confronti con chi la pensava diversamente, forme di aggressione ideologica e rifiuto pregiudiziale del dialogo.

A nulla è valso, per anni e anni, fare riferimento a quanto accadeva in altri paesi o in regioni come il Trentino, dove il grande sviluppo della formazione professionale ha fatto ridurre il tasso di bocciature e di evasione scolastica sotto la soglia del 10% e dove peraltro hanno addirittura abolito gli istituti professionali. E a nulla è valso, per molto tempo, mettere sull'avviso gli addetti ai lavori della nostra politica scolastica, che non avremmo dovuto lasciare ad una eventuale crisi economica, che poi è purtroppo davvero comparsa, l'ingrato compito di ridare valore al lavoro e alla formazione professionale, perchè niente è più mortificante e diseducativo che subire il futuro senza avere la soddisfazione di conquistarselo e di prepararselo come meglio si crede.

Sceglierlo a 14 anni, questo nostro futuro, ci è stato molte volte detto, è ingiusto perchè a quell'età non si è consapevoli in quanto ancora troppo giovani. Rispondere a queste motivazioni affermando che in altri paesi europei è il sistema scolastico che obbliga i ragazzi, secondo le loro inclinazioni e i loro risultati scolastici, a intraprendere ben prima dei 14 anni percorsi di formazione professionale è tempo perso. Chi ha certezze direi quasi religiose rispetto alla convinzione che, costi quel che costi, tutti i ragazzi hanno il diritto di fare le stesse cose, non è quasi mai disponibile, come ho già detto, a mettersi in discussione. E a nulla serviva obiettare che, anche iscrivendosi ai licei, i nostri ragazzi finiscono col fare delle scelte ancor più definitive, in quanto rischiano di ipotecarsi il futuro con inutili anni di università. Ma si sa, per certi sacerdoti della pedagogia scegliere a 14 anni i licei è ben più democratico e dignitoso che scegliere a quell'età un percorso di formazione professionale!

Quando l'ideologia prevale rispetto all'analisi dei fatti, tanto per richiamarci a Machiavelli, si può arrivare ad ignorare il danno profondo che si fa ai ragazzi aprendo loro la strada alla formazione professionale solo a 16 anni e sempre dopo che questi hanno ripetutamente fallito il percorso dell'istruzione. Alla fine, inoltre, si finisce col trasmettere loro la consapevolezza che la formazione professionale è un percorso per falliti e di conseguenza si continua ad alimentare la distorta mentalità che approdare o scegliere un lavoro manuale è una strada riservata ai perdenti.

L' esperienza della Toscana : il modello complementare e non quello integrato.


Il caso Toscana

Anche in Toscana, come in molte altre regioni ove si ''sperimenta'' il modello integrato, si coglie con sempre maggiore evidenza come tale modello non riesca neanche ad entrare nel merito di una vera formazione integrata che salvaguardi i percorsi d'istruzione e, nello stesso tempo, valorizzi davvero quelli della formazione.

Come avevamo notato fin dall'inizio, il prevalere di questo modello ''compromissorio'' e poco incline a misurarsi con la realtà degli istituti professionali, rispetto a quello complementare, sta confermando, se non addirittura accentuando, i mali cronici dei professionali: tassi altissimi di bocciature e di evasione dell'obbligo scolastico e fragilità nella formazione dei ragazzi sia all'istruzione che alla formazione.


Rispetto ad una realtà del genere, sia la Regione Toscana che l'Ufficio scolastico regionale hanno progressivamente dimostrato una maggior disponibilità a misurarsi con la possibilità di aprire al complementare, almeno nel settore dell'enogastronomia. Purtroppo questa loro disponibilità che viene incontro alle richieste di due istituti Alberghieri, non ha incontrato quella di altre scuole, a conferma che non sempre i mali della scuola provengono dall'alto. Così le classi che sperimentano questo nuovo percorso sono quelle di soli due istituti professionali confidando tuttavia sul fatto che eventuali buoni risultati di questa sperimentazione inducano anche altre scuole a intraprendere questa strada.

Il percorso complementare è ispirato a quello già da tempo avviato in alcune scuole del Veneto, tuttavia con qualche importante variante, almeno sul piano della strategia didattica. La più significativa di queste consiste senz'altro nell'offrire ai ragazzi l'opportunità di potersi misurare, soprattutto in prima e seconda, con un maggior numero di ore dedicate alle discipline tecnico-pratiche, sottratte a materie come italiano e matematica, eliminando fisica e chimica a vantaggio delle discipline centrate sull'esperienza pratica. In terza, gli studenti potranno recuperare le competenze di base quando avranno saputo trovare le giuste motivazioni e gli opportuni equilibri cognitivi per poter finalmente comprendere e utilizzare in modo consapevole e appropriato i contenuti fondamentali di materie come lettere e matematica. E sempre in terza, saranno attivati corsi aggiuntivi per permettere di acquisire le altre competenze di base in fisica e chimica, non studiate in prima e seconda, a chi desidera rientrare l'anno successivo, in quarta, nel percorso dell'istruzione.

Tale recupero avverrà diminuendo le ore delle discipline tecnico-pratiche, che rimangono tuttavia numerose e già privilegiate in prima e seconda classe, e corroborate, sempre in terza, dalle attività di stage.

Il percorso complementare, inoltre, potrà permettere a quegli studenti del corso tradizionale, che nei primi mesi di scuola si trovino a vivere situazioni di demotivazione per non aver trovato quello che si aspettavano, di poter passare al percorso maggiormente professionalizzante. Occorre davvero ribadire che i percorsi tradizionali costringono gli studenti a seguire 12-13 discipline, che sarebbero senz'altro insopportabili e didatticamente insostenibili anche per gli stessi percorsi liceali.

Insomma, come accade in molti altri paesi europei, sembra che si faccia strada la necessità di andare incontro alla formazione dei ragazzi piuttosto che alle convinzioni di chi, in nome di principi astratti e forse ideologici, pensa che si diventi adulti sereni e responsabili solo se abbiamo percorso un certo tipo di studi. Da una parte si auspica una scuola sempre più attenta ai bisogni di ciascun studente, dall'altra si costringono migliaia e migliaia di ragazzi a un tipo di scuola che finisce per spersonalizzarli.

Se questo comincia ad accadere in Toscana, c'è di che sperare e volendo essere ottimisti, come occorre esserlo nell'ambito scolastico, si potrebbe auspicare di trovarsi alla vigilia di una inversione di rotta, anche a livello nazionale a proposito della Formazione professionale. Una speranza che nasce dal constatare il penoso fallimento in molte regioni, del sistema integrato.



____________________________________

*Parte della relazione che Valerio Vagnoli ha tenuto al Convegno nazionale della Gilda il 5 ottobre 2013 a Firenze '' Il sistema dell' istruzione e della formazione tra pensiero critico e mercato del lavoro''. Nel numero di novembre di questo giornale è stata pubblicato il resoconto del Convegno. La relazione completa è in http://gruppodifirenze.blogspot.it/





ALLEGATI


Condividi questo articolo:

Numero 10 - Dicembre 2013
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
Comitato di Redazione:
Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
Antonio Antonazzo, Piero Morpurgo, Fabrizio Reberschegg, Gina Spadaccino.
Hanno collaborato a questo numero:
Maria Angela Agazzi, Valeria Ammenti, Raffaele Salomone Megna, Gigi Monello, Donatella Rossi, Valerio Vagnoli, Maria Varisco.