Riflessioni sull'importanza di non cedere alla tentazione di una risposta individuale al disagio della professione docente
28 Dicembre 2013 | di Gianluigi Dotti
Negli ultimi due mesi, dopo l'avvio della mobilitazione che la FGU-Gilda degli Insegnanti ha promosso per porre all'attenzione dell'opinione pubblica la questione della professione docente e della scuola più in generale, grazie al mio part-time ho tenuto decine di assemblee in diverse scuole di tutta Italia e ho incontrato migliaia di colleghi che come me entrano in classe e si confrontano con le problematiche dell'insegnamento con i quali ho discusso del mancato investimento nell'istruzione, dell'impoverimento dei docenti, del numero di alunni eccessivo, della sicurezza nelle scuole, dei BES, delle piccole e grandi prevaricazioni dei Dirigenti scolastici, delle scartoffie da compilare, e di tutto il resto che incombe.
Nonostante il senso di disagio generalmente avvertito in questi anni e la grande difficoltà di insegnare ho, però, incontrato maestre e maestri, professoresse e professori con ancora una grande passione e una eccellente professionalità che impiegano con i propri alunni e studenti, è su questo impegno che la scuola pubblica statale italiana ancora si regge.
Ho constatato come la stragrande maggioranza degli insegnanti ami la propria professione e ritenga fondamentale il ruolo dell'istruzione non solo per formare il cittadino di domani ma anche per uscire dalla crisi attuale. Una richiesta è venuta da tutti gli insegnanti ed è quella di poter insegnare senza essere quotidianamente vessati e afflitti da incombenze burocratiche e assistenziali, queste sono la vera causa del disagio e delle difficoltà dei docenti.
Proprio a questo proposito, in particolare in alcune assemblee ho parlato con insegnanti che, reagendo in modo istintivo nel frangente della crisi economica, mi hanno chiesto se aveva ancora senso essere iscritti ad un sindacato o se non fosse meglio aumentarsi lo stipendio togliendo la propria adesione.
Essendo anch'io un insegnante ed un iscritto ho provato a fare a me stesso la domanda di questi colleghi. Mi sono detto, con un ''moto di pancia'', non sarebbe più ''comodo'' e ''facile'' risolvere individualmente le diverse problematiche che mi disturbano a scuola, andando dal dirigente scolastico o dal suo staff? Potrei forse avere un buon orario, essere assegnato alla classe con pochi alunni o a quella dei migliori, limitare il numero di riunioni pomeridiane, ... Ma, senza mettere in discussione la questione etica, sulla quale molto ci sarebbe da dire, è bastato riflettere per verificare che la soluzione individuale al massimo è temporanea e non porta da nessuna parte: basta che cambi la dirigenza e/o lo staff della presidenza, che le condizioni delle classi subiscano un peggioramento e mi ritroverei con gli stessi problemi che avevo tentato di risolvere individualmente. E taccio di quello che il Dirigente potrebbe chiedermi in cambio!
La riflessione mi porta a pensare che l'unica possibilità che i docenti e la scuola hanno di lenire il disagio e affrontare le problematicità sta proprio nella risposta collettiva a questa situazione. Risposta collettiva che attraverso gli istituti della rappresentanza sindacale possa creare le condizioni comuni con regole certe e trasparenti per tutti, sancite a livello nazionale da un CCNL chiaro e trasparente, per creare un clima sereno e fattivo nelle scuole e mettere tutti nelle migliori condizioni di esercitare la professione, cioè di insegnare.
La controprova di questa ipotesi, come in matematica, è stata provare ad immaginare come sarebbe stata la mia condizione professionale se non ci fosse stata l'Associazione sindacale (FGU-Gilda degli Insegnanti) in questi ultimi anni.
Anche in questo caso il primo moto dell'animo, quello di ''pancia'', è riassumibile nelle espressioni: ''ma se come insegnanti non siamo riusciti ad ottenere nulla, anzi hanno (loro, i politici) tagliato?'' o ''come si potrebbe stare peggio di così?''
Poi, riflettendo e guardando la storia della scuola e degli interventi dei diversi governi, di ogni colore politico, raccogliendo i dati mi sono accorto che, senza le battaglie degli insegnanti, organizzate e condotte anche dal sindacato oggi, novembre 2013:
- avrei ben 24 ore di lezione frontale ( insegno nella secondaria di secondo grado), sommate a tutti gli impegni extra-curricolari di contorno, e percepirei lo stesso stipendio (neanche un euro in più per l'aumento dell'orario), il che significherebbe che la qualità della mia docenza sarebbe di gran lunga peggiore;
- avrei molti più colleghi precari, un numero di gran lunga maggiore di quello attuale, infatti negli ultimi 12 anni sono entrati in ruolo ben 220.000 colleghi grazie alle pressioni e agli accordi sindacali;
- avrei uno stipendio senza gli scatti di anzianità del 2010 e del 2011, quindi ancora più povero di quello che percepisco ora nel quale sono conteggiati questi scatti;
- avrei un Ds che decide a suo piacere come e a chi distribuire il fondo d'istituto (che sarebbe molto più ricco, a scapito dello stipendio di ogni docente);
- avrei il Ds, i genitori e gli studenti che mi darebbero i ''voti'' secondo il metodo ''reputazionale'', la fama che il docente gode nella scuola, come prevedeva il progetto Valorizza, con premi in denaro per il 25% dei più bravi e il licenziamento per chi per tre anni veniva giudicato scarso;
- avrei il nuovo stato giuridico della docenza previsto dalla Legge Aprea con la scuola-azienda (la valorizzazione del cliente-studente, della sua famiglia e degli interessi economici legati al territorio) e la nuova governance, che prevedeva l'abolizione del Collegio docenti.
Insomma, il ruolo e l'operato della rappresentanza dei docenti è sicuramente criticabile e le Organizzazioni Sindacali vanno spronate a fare sempre meglio nel rappresentare il disagio della professione e nell'indicare soluzioni condivise, ma di certo non va scelta la strada della risposta individuale.
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