Il Barone di Montesquieu, risvegliatosi dal suo lungo sonno, continua a trovare in questo mondo, soprattutto scolastico, ampio materiale su cui scrivere ed esercitare la sua critica sarcastica. Ecco dunque un’ altra sua acuta riflessione
26 Maggio 2014 | di Charles-Louis de Secondat, barone de La Brède e di Montesquieu
L’altro giorno passeggiavo nella nostra solita nebbia con l’amico Georg Wilhelm Friedrich (Hegel, naturalmente, convinto che il reale sia razionale) il quale cercava dialetticamente di convincermi che, se sul pianeta Scuola certe istituzioni esistono, pur se per noi incomprensibilmente, allora esse sono perfettamente razionali. La risposta di senso ha molti seguaci, tuttavia non mi convince: in realtà molte cose che esistono non hanno senso logico alcuno e il mio amico Friedrich, nonostante la sua foga, non mi convince su molti punti.
Oggi, cari amici, proverò ad accennarvi ad alcune di queste istituzioni scolastiche, cui viene spontaneo associare la domanda: “Ma perché esistono?!” Alcuni rispondono facendo spallucce, con olimpica rassegnazione, altri, i più pericolosi, da tale esistenza in vita ricavano la razionalità del loro esistere, sventolandoti sotto il naso l’obbligante questione: “E allora, perché c’è??!”. Come se nella vita il perché fosse tutto...E invece no! Non si può semplicemente dire “cosa fatta, capo ha”. La politica scolastica assomiglia di più a una navigazione in acque incognite che a un viaggio in treno: si può inavvertitamente sbagliare rotta, tornare indietro o girare in tondo, attendere il vento o aspettare che cessi... da queste premesse nasce l’ovvia necessità di uno spirito critico, pronto a vagliare ogni parto burocratico, alla luce della disarmante considerazione che, se la madre delle fesserie è sempre incinta, i padri possono essere più d’uno...
Le questioni da affrontare sono tantissime e mi auguro che anche voi lettori possiate, per spirito di duplicazione, tirarne fuori altrettante, ma una balza agli occhi in questi giorni di vacanze terrestri inframezzate da ponti festivi: mai che ci sia una scuola che dispone i propri giorni di chiusura in sintonia con le altre del territorio circostante; magari si accorda con i giorni di altre scuole di altre regioni, ma NON con quelle vicine. Ora, essendo che il matrimonio fra insegnanti è frequente, lo è anche il caso che le vacanze di coppia o di famiglia, nel caso tipico di figli in età scolare, possano essere impedite da questo microfederalismo scolastico, in quanto chi lavora da una parte è libero e l’altro no oppure viceversa. Quisquilie, direte voi, e certo avete ragione, ma la razionalità non c’è, neppure nel cercare di impedire trasmigrazioni di massa, le quali avvengono comunque, associando tuttavia persone che non hanno legami familiari: ugualmente in fila verso il mare, ma liberi di inveire col prossimo che ci intralcia, sconosciuto e quindi oggetto di maggior xenofobia...
Del resto, il periodo appena trascorso ha visto compiersi un’ulteriore assurdità: test di ammissione all’università tenutisi prima della possibilità di accedervi: evidentemente si dà per scontato che l’Esame di Stato non fermerà nessuno, del resto i numeri sono lì a dimostrarlo. Se anche fosse così, quale meritocrazia si afferma, in un sistema universitario che non potrà riconoscere neppure un credito di quello scolastico? Ci sarà pure un unico MIUR, ma i due mondi, scuola e università, viaggiano su binari separati e divergenti.
L’ultima questione di oggi riguarda un curioso fenomeno di eterogenesi dei fini, cioè ottenere involontariamente l’opposto di quanto ci si prefiggeva. L’Amministrazione si era posta il lodevole obiettivo di dematerializzare (=far sparire) i documenti cartacei, quindi ha virtuosamente stabilito che nessun pubblico ufficio possa chiedere documenti ad un altro analogo. Il fatto è che comunque li vuole ostinatamente, col risultato non di incrociare eventualmente gli archivi, evitando di chiedere documenti che già Mamma Stato avrebbe a disposizione, ma di obbligare ogni istante (=chiedente) a produrre autocertificazioni materialmente corpose in innumerevoli copie. Insomma, la digitalizzazione ha aumentato la carta stampata prodotta dal sistema: si voleva un risparmio e si è ottenuto uno spreco...
Le confutazioni appena esposte sono, pur se valide, totalmente empiriche, tuttavia, essendo solo alcuni dei tanti fiori nella prateria, vorrei che fosse colto l’assoluto razionalismo di quanto vado sostenendo: nella scuola gran parte delle cose che esistono non sono affatto razionali e la cosa più oscurantista è che molte di loro, pur se incongrue e irrazionali, non si possono neppure dichiarare tali. Per tacita convenzione e o quieto vivere, i docenti italiani le accettano stoicamente, figli di un’epoca di supina acquiescenza, che, da questo Limbo di sapienza a posteriori, noi philosophes non possiamo che abominare: “Ecrasez l’Irrationale!” (1) si potrebbe dire, parafrasando il mio amico Francois-Marie. Non siano più i secoli bui il vostro nemico, ma quest’epoca grigia di opache procedure, questo sbiadito eterno ritorno dell’Uguale, contro il quale dobbiamo affermare a gran voce il giudizio su questo mondo, a elogio di una follia che pur tuttavia abbia del metodo: il reale (QUANDO) non è razionale (VA ABBATTUTO)! Ecrasez l’Irrationale!
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(1) “Schiacciate l’Infame!”, era il motto di Francois-Marie Arouet detto Voltaire, che lo ripeteva sempre in chiusura di discorso, come il “Delenda Chartago!” di Catone: qui si può tradurre “Schiacciate (Abbattete) l’Irrazionale!”
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