Una battaglia non facile quella della Gilda. La posta in gioco non riguarda banali questioni sindacali o di categoria, ma alcuni dei valori fondanti della nostra democrazia. Editoriale di Rino Di Meglio
13 Febbraio 2016 | di Rino Di Meglio
Questo numero del nostro giornale, ospita un articolo dell’ illustre costituzionalista prof. Ainis che, con grande autorevolezza, conferma i seri dubbi di costituzionalità che, sin dal principio, abbiamo avanzato sulla legge 107 del 2015, la cosiddetta “buona scuola”.
Certo non tutto ciò che non ci piace in quella legge è incostituzionale, ma alcuni punti fermi ci sono.
Innanzi tutto l’insieme del provvedimento: un mostruoso affastellamento di 212 commi che affrontano, spesso in modo confuso, l’universo mondo scolastico; il prof. Ainis avvalora che è stata consumata una frode ai danni del Parlamento, spogliato del suo potere di discutere e votare i singoli articoli, suddivisi per argomento (art. 72 della Costituzione).
Una frode che si perpetua ormai da anni , per tutte le principali leggi che il Parlamento viene chiamato a votare, nell’indifferenza del custode di turno, il Presidente della Repubblica.
Nel nostro ordinamento la Corte Costituzionale non ha un potere di intervento diretto, né il cittadino può intervenire con un ricorso diretto. Vi sono solo due possibilità: il ricorso, detto incidentale, sollevato da un giudice su istanza di un cittadino che, vittima delle conseguenze della legge promuova un ricorso, e quello promosso da un Consiglio Regionale.
Ci vorrà un po’ di tempo, ma ci auguriamo che la Suprema Corte intervenga su questa prepotenza dell’Esecutivo nei confronti del Parlamento, intanto attendiamo che la Corte si pronunci sui ricorsi delle regioni Puglia e Veneto.
Un’altra pesante offesa alla Costituzione è sicuramente l’eccesso di delega: un potere di legiferare, attribuito direttamente al Governo, che, per la genericità delle deleghe attribuite, viola l’art. 76 della Carta costituzionale.
Infine la parte della legge che più colpisce la professionalità degli insegnanti è sicuramente l’attribuzione al Dirigente scolastico di poteri discrezionali per chiamare direttamente i docenti nella scuola e per attribuire agli stessi premi in denaro.
In questo caso sono in discussione i cardini della Costituzione in materia di pubblico impiego: l’art 97 della Costituzione, al primo comma “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”.
In concreto l’imparzialità viene realizzata mediante criteri stabiliti prima che il pubblico funzionario venga a contatto con il caso specifico, eliminando la discrezionalità soggettiva.
Cioè se devo assumere o chiamare qualcuno su un posto debbo attenermi a criteri oggettivi che, normalmente si sostanziano nelle “graduatorie”. Esattamente il contrario di quanto definito nella legge 107 allorché attribuisce al Dirigente il potere di chiamata diretta.
Aggiungerei che, trattandosi di “chiamate” che avverranno su tutto il territorio nazionale e per un gran numero di dipendenti pubblici, questi criteri non possono che essere nazionali, altrimenti alla violazione dell’articolo 97 si aggiungerà anche quella del principio di uguaglianza, sancito nell’articolo 3 della Costituzione.
Il cittadino insegnante chiamato in una scuola di Catania non può infatti essere trattato in modo diverso da quello chiamato in una scuola di Trieste.
Cari colleghi e cittadini, se avete inteso bene il senso del ragionamento, non ci stiamo giocando solo il modo di vivere nella scuola, ma anche qualcosa che coinvolge il concetto stesso di libertà e di regole democratiche. E’ una battaglia veramente molto importante.
Vi sono poi alcuni contenuti della legge 107 che non confliggono direttamente con la Costituzione, ma che sono nello stesso tempo un attentato alla professionalità dei docenti e, in definitiva alla loro libertà: aver inserito nel comitato di valutazione dei docenti studenti e genitori ne è un fulgido esempio.
Per questi motivi, in attesa che la Corte Costituzionale sia chiamata ad intervenire, è ormai arrivata a maturazione l’indizione di alcuni referendum abrogativi per i quali nei prossimi mesi raccoglieremo le firme necessarie, assieme ad altri sindacati ed associazioni.
Sarà una battaglia non facile, dovremo far capire a tutti i cittadini che non ci battiamo per delle banali questioni sindacali o di categoria, ma che sono in gioco alcuni dei valori fondanti della nostra democrazia.
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