Un concorso è una cosa seria. Il governo invece ha deciso di rispettare a tutti i costi scadenze immaginate sulla carta, forzando procedure e imponendo alla macchina organizzativa del MIUR una tempistica impraticabile, con il rischio di arrivare alla scadenza concorsuale con atti incompleti, commissioni raffazzonate, incongruità delle informazioni sui reali posti messi a bando
14 Febbraio 2016 | di Fabrizio Reberschegg
Mentre scriviamo stanno uscendo le bozze concernenti il promesso concorso ordinario per l'insegnamento aperto ai soli abilitati. La Ministra Giannini l'aveva garantito entro il 2015, poi entro gennaio 2016. Di slittamento in slittamento una cosa appare chiara: è impossibile preparare seriamente un concorso in poco meno di due mesi senza averne conosciuto prima regole, modalità e contenuti. Il governo ha deciso di rispettare a tutti i costi scadenze immaginate sulla carta, forzando procedure e imponendo alla macchina organizzativa del MIUR una tempistica impraticabile, con il rischio di arrivare alla scadenza concorsuale con atti incompleti, commissioni raffazzonate, incongruità delle informazioni sui reali posti messi a bando. Si pensi che il regolamento delle nuove classi di concorso, con cui si modifica la valutazione dei crediti universitari necessari per l'accesso all'insegnamento, è stato pubblicato in febbraio senza essere adeguatamente discusso e analizzato da sindacati, associazioni professionali, CSPI. Di fatto, i concorrenti neoabilitati di presentano alla prova concorsuale senza la certezza della congruità del loro percorso di studi. Si pensi alle imbarazzanti promesse di attivazione di nuovi percorsi TFA -per consentire prima del concorso l'abilitazione per i neo laureati- promesse sconfessate dalla realtà dei fatti.
Come è noto la Gilda degli Insegnanti ha sempre considerato il concorso come lo strumento fondamentale per il reclutamento del personale della scuola, così come è previsto dalla Costituzione per tutto il pubblico impiego (art.97); ha aspramente criticato le inerzie colpose dei vari governi che fino al 2012 non hanno bandito regolarmente i concorsi per la copertura dei posti disponibili favorendo così l'aumento del precariato strutturale; ha espresso una valutazione negativa sulla filosofia mercantilista dei TFA e dei PAS e la separazione tra prove di abilitazione e prove concorsuali di reclutamento.
La Gilda degli Insegnanti ha chiesto al governo Renzi l'applicazione della sentenza della Corte di Giustizia Europea che riconosceva il diritto alla stabilizzazione e al ruolo per tutti i docenti abilitati con più di 36 mesi nello stesso ambito disciplinare. Il governo ha preferito la demagogia della fase straordinaria assunzionale che ha visto entrare in persone che non avevano mai insegnato e non ha voluto riconoscere diritti già acquisiti a chi già insegnava. Decine di migliaia di docenti che da anni lavorano regolarmente nella scuola, facendo lezione, valutando gli allievi, tenendo esami, dopo aver speso migliaia di euro per SSIS, TFA e PAS, si trovano così a dover affrontare nuovamente una prova concorsuale complessa con contenuti non previsti nel piano di studi precedentemente affrontato (vedi il rimando alla conoscenza dell'inglese a livello B2).
Si rischia pertanto di costruire un vero mostro procedimentale con la certezza di riprodurre le inaccettabili modalità di espletamento delle prove del concorso del 2012. In particolare appare provocatorio immaginare che le commissioni di esame siano costituite in fretta e in furia senza riconoscere l'esonero dall'insegnamento per i commissari e con un compenso economico irrisorio o addirittura offensivo per il lavoro svolto. Nell'ultimo concorso, di fronte al rifiuto dei docenti più anziani ed esperti di lavorare di pomeriggio e d'estate per una pipa di tabacco, sono stati chiamati a ricoprire il ruolo di commissari addirittura semplici neoabilitati TFA. Una vera vergogna che rischia di riprodursi anche in questa procedura concorsuale.
La Gilda degli Insegnanti con le altre OO.SS. ha già impugnato le storture più evidenti del bando di concorso. In particolare, l'impossibilità di partecipazione per i già immessi in ruolo; la mancanza di riferimento agli ITP; l'ambiguità sulla valutazione abilitante dei vecchi diplomi magistrali; il mancato riconoscimento specifico del servizio di 36 mesi nella scuola, ecc. Come troppo spesso avviene bisogna affidarsi alla magistratura per rimediare all'incapacità della sfera politica ministeriale di affrontare e risolvere i nodi strutturali nelle procedure.
Un concorso è una cosa seria, non il teatrino dei politici che vogliono passare alla storia come coloro che "ringiovaniscono" la classe docente e che "manderanno dal primo di settembre" (???) in classe nuovi e motivati docenti.
Ma non è finita con questa farsa. E' in arrivo, in applicazione dei commi 180 e 181 della legge 197/2015, la delega per il riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria. Entro 18 mesi dal 13 luglio 2015 (gennaio 2017) dovrebbe essere emanato il decreto legislativo che prevede un percorso triennale per il reclutamento dopo un concorso ordinario (un anno di specializzazione per l'insegnamento e due anni di tirocinio in classe con prova finale).
Il concorso del 2016 rischia quindi di essere l'ultimo effettuato con le regole vigenti. La delega sul reclutamento dovrebbe superare il sistema dei TFA introducendo una sorta di contratto a tutele crescenti per i vincitori dei futuri concorsi le cui modalità dovranno essere revisionate.
La Gilda degli Insegnanti ha già espresso la sua critica nei confronti di una procedura di reclutamento farraginosa, complessa e che prevede di fatto un allungamento del percorso di abilitazione e reclutamento (laurea magistrale, concorso + tre anni) di fronte ad un sistema stipendiale avvilente per i docenti. Se si vuole rilanciale la qualità della scuola e valorizzare la professionalità dei docenti altre dovrebbero essere le soluzioni. Molti rimpiangono i vecchi concorsi per abilitazione e cattedra e n on hanno tutti i torti.
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