Conversazione con Lorenza Carlassare, professore emerito di Diritto costituzionale
23 Aprile 2017 | di Giorgio Quaggiotto
Professoressa Carlassare, partiamo da questa premessa. La Scuola pubblica italiana sta cercando di sopravvivere all’approvazione della legge107, avvenuta nel 2015. Sono cronache di due anni fa, ormai, eppure noi Docenti ancora non riusciamo ad accettare, di questa legge, lo spirito, quella insomma che ci sembra, e magari non lo è, una dismissione vera e propria, da parte dello Stato Italiano, dell’Istruzione Pubblica, rispetto al mandato costituzionale. Prima che uscissero dal ciclo della scuola dell’obbligo ed entrassero nella loro comunità di cittadini, facevo imparare a memoria ai miei alunni il terzo e il quarto articolo della nostra Costituzione perché lì, in quegli articoli, mi pareva fosse condensato tutto ciò che bisogna sapere e fare per convivere in pace e civilmente.
L.C. - Lei ha proprio ragione. La convivenza civile sembra basarsi ormai su altri presupposti; e la Costituzione è stata messa in un angolo . Ho però la convinzione, che mi viene anche da alcune ultime sentenze della Corte Costituzionale sui diritti sociali, che le cose stiano cambiando. Queste sentenze mi sembrano molto interessanti, mi fanno sperare e rafforzano la mia convinzione che sia necessario arrivare alla Corte Costituzionale e sottoporre al suo giudizio le leggi sulla Scuola. La volontà dei nostri politici viaggia sempre in una direzione inversa a quella costituzionale. Non so quali siano gli interessi che li muovono, certamente non sono quelli che stanno alla base della nostra Costituzione. La cultura , in particolare, è messa tutta in cantina.
Dileggiata persino...i professoroni, i gufi...
L.C. - All’inizio di questa conversazione, volevo ricordare un autore che spesso menziono, Giuseppe Compagnoni, -il primo professore di diritto costituzionale, in Europa- che alla fine del ‘700 incitava il popolo allo studio della Costituzione; con le sue parole inizia un libro che ho scritto qualche tempo fa (Nel segno della Costituzione. La nostra carta per il futuro, Feltrinelli, 2012 ): “l’ignoranza è l’appannaggio del popolo schiavo, la scienza, del popolo libero”. È ancora così! Non c’è niente di nuovo.
La convivenza, appunto, ha alla sua base la conoscenza, la cultura.
L.C. - Sì perché la democrazia senza la cultura non ha alcuna possibilità di funzionare, addirittura di esistere. La mancanza di riguardo dei nostri politici verso la scuola rispecchia, in definitiva,il loro disprezzo per la democrazia.
È molto dura quest’affermazione. Ho l’impressione però che ci sia anche molta superficialità, in quest’atteggiamento dei politici nei confronti della Scuola. Anzi spero ci sia questo, la superficialità, perché altrimenti si tratta di qualcosa di molto grave...
L.C. - Non solo, no, non c’è solo superficialità. C’è la convinzione che sia molto più facile governare un gregge ignorante che non cittadini consapevoli.
E allora queste scelte legislative danno l’impressione che si tratti di una forma non troppo velata di razzismo. Coloro che hanno un ruolo sociale preminente riescono a garantire percorsi scolastici di qualità ai loro figli....degli altri lo Stato non si cura.
L.C. - Lei mi porta però su un altro discorso, che è il discorso sulla distinzione fra la scuola pubblica e la scuola privata.
E’ una delle cose sulle quali pensavo dovessimo proprio parlare...
L.C. - Il suo discorso è appunto legato al tema scuola pubblica- scuola privata. Le difficoltà sono aumentate da quando si messo in opera il trucco di dire che anche la scuola privata è scuola pubblica. Ma la distinzione costituzionale è chiara. La Scuola pubblica è la Scuola dello Stato. Le altre scuole godono di una completa libertà perché lo Stato non deve avere il monopolio della cultura e tutti devono poter esprimere pensieri diversi, opinioni diverse, insegnamenti diversi.
Per questo la scuola privata è libera e può essere riconosciuta, ma “senza oneri per lo Stato” dice la Costituzione. Questa dizione chiara si è cercato di aggirarla con artifici dialettici, che non giustificano i finanziamenti dati, in vario modo, a queste scuole. La Costituzione è chiara: “senza oneri per lo stato”. Non può essere lo Stato a finanziarle.
La scuola privata ha alcune caratteristiche non positive: in primo luogo l’assenza di pluralismo. La scuola pubblica è frequentata da bambini e ragazzi di ogni estrazione sociale , di diverse culture e religioni mentre la scuola privata è scelta per il suo specifico orientamento, ed è dunque frequentata da ragazzi omogenei fra loro: non è un luogo di incontro di esperienze diverse , di integrazione : non c’è pluralismo.
E’ una forma di autoselezione, di auto esclusione da una comunità..
L.C. - E questo non aiuta l’integrazione, non solo fra gruppi i diversi, ma neanche all’interno della medesima società. Non ci sono culture diverse che s’incontrano, non si confrontano discorsi e pensieri. Lo Stato non può finanziarla, c’è un problema di allocazione delle risorse. La Costituzione indica chiaramente le esigenze che lo Stato deve soddisfare : può soddisfarne altre senza sottrarre risorse alle prime. Ma ci sono anche casi in cui la Costituzione vieta ogni finanziamento: finanziare le scuole private, è espressamente vietato. L’unico modo è cercare di reagire sul piano processuale. I Giudici della Corte Costituzionale sono aperti e sensibili a questi argomenti.
Resta inoltre un altro importante aspetto da sottolineare: nella Scuola Pubblica vi è libertà d’insegnamento, nella scuola privata no, perfino all’Università. Famoso è stato il caso del prof. Cordero che ha dovuto lasciare l’Università cattolica; in simile ipotesi non ci sono difese giuridiche. Se una scuola è privata e ha un preciso indirizzo, quell’indirizzo è vincolante per i Docenti. Se non lo fosse, verrebbe meno la specificità della scuola. Garantita dalla Costituzione è la libertà dei privati di creare scuole di differenti orientamenti culturali, religiosi o altro, ma poiché in quelle scuole non ci può essere libertà d’insegnamento lo Stato non può finanziarle ( invece lo fa). Il rischio, per la stessa società, è sempre la mancanza di pluralismo: si crea un pensiero unico, una prospettiva settoriale. Chi esige fondi per le scuole cattoliche, dovrebbe pensare che, allo stesso titolo, le stesse richieste possono provenire dalle scuole islamiche o di altre confessioni. Il rischio di separazioni sociali mi pare assai grave.
Quando ho cominciato a insegnare, i programmi della scuola dell’obbligo erano quelli dell’on. Brocca e in essi, in premessa, si diceva che fine della Scuola era formare l’uomo e il cittadino. Mi sembra che questo sia lo spirito della Costituzione. Dopo è arrivata la riforma della ministra Moratti, la lente d’ingrandimento è stata spostata sull’individuo che si deve realizzare attraverso la Scuola e l’istruzione, piuttosto che sulla comunità che si deve formare. Come se l’enfasi fosse posta sul ruolo della Scuola che deve limitarsi a permettere la realizzazione di sé di questi bambini.
L.C. - I bambini devono formarsi, soprattutto attraverso la Scuola. Qui si tocca un punto molto delicato: la libertà di coscienza che è un diritto fondamentale. E per la formazione della coscienza la Scuola è punto nodale . Se non si fornisce un orizzonte ampio a chi sta crescendo, la sua coscienza si forma in modo chiuso, unilaterale, distorto.
Sono molto rassicurato da quanto dice, riguardo alla formazione della coscienza, perché spesso a sentir parlare di Scuola da chi vi legifera ora, sembra che questi siano un vecchio armamentario di concetti, se non sbagliati, almeno da superare.
L.C. - In un certo senso è anche difficile considerare la scuola privata una scuola di élites, visto come selezionano e pagano gli insegnanti: sembra talvolta uno sfruttamento del lavoro, con la sempre incombente minaccia del licenziamento. E in più manca la libertà d’insegnamento, che scuola d’élite può essere?
Non è più tanto facile ora però parlare di libertà d’insegnamento, nemmeno nella Scuola pubblica, analizzando con attenzione le grandi innovazioni portate dalla legge 107.
L.C. - E’ proprio vero, mi sembra però che, il punto più pericoloso, il potere del Preside, sia stato attenuato
No, non è assolutamente vero. Le deleghe per l’ attuazione della 107, proseguono nel solco delle scelte fatte al tempo della stesura e approvazione della legge.. E tornando ai poteri del Dirigente scolastico, chi decide, chi fa il piano delle attività, sceglie gli insegnanti da mandare in classe nella sua scuola, e cioè sceglie quelli che secondo lui sono i “bravi”....è ancora lui, li sceglie e li premia.
L.C. - Sono quindi scelte discrezionali senza nessun controllo.
E noi pensavamo che quando la Costituzione dice: “l’arte e la scienza sono libere....
L.C. - ...e libero ne è l’insegnamento”, appunto. La libertà d’insegnamento allora è minacciata e questo è incostituzionale, lo è l’impostazione verticistica, che concentra poteri nel “Preside”. E lo sono anche gli spostamenti coatti degli insegnanti: violano i diritti della famiglia, dell’infanzia e della maternità , che nella nostra Costituzione sono fortemente tutelati. Non è ammissibile costringere una persona a non vivere nella sua famiglia. Se poi ci sono bambini piccoli, a chi li affida? Deve rinunciare. Violata è la dignità umana, un principio fondamentale. Ora, mi pare però ci sia stata una correzione a tutto questo e che possono ripartire.
Non di ripartire, ma di chiedere di ripartire! Con le nuove norme, le graduatorie permettono, sì, al Docente di entrare in ruolo, ma non gli permettono di scegliere la sede, in cui andare a insegnare. Il Docente è messo in ruolo e sistemato in un grande contenitore che chiamano “ambito” e da lì verrà scelto da un Dirigente, a sua discrezione per realizzare il suo progetto di Scuola. Come se la Scuola fosse proprietà del Dirigente!
L.C. - Questa è una situazione insostenibile, perché va contro gli interessi degli alunni. Una mamma si lamentava perché, dall’inizio dell’anno, suo figlio alle elementari ha cambiato sei insegnanti di matematica. Ma non doveva questa riforma risolvere il problema delle troppe supplenze? Il danno per gli insegnanti è pesantissimo anche sul piano economico. Infatti così, la retribuzione, che -dice la Costituzione- deve garantire la dignità del lavoratore, non la garantisce affatto. L’articolo 36 della Costituzione è violato. Vari provvedimenti recenti sono illegittimi, quello sulla Scuola è uno dei più gravi perché incide anche sulla società, oggi e per gli anni futuri. E va rimosso. Spero che voi riusciate a fare qualcosa.
In questa situazione noi abbiamo bisogno soprattutto dell’aiuto che possono darci persone riconosciute, come lei. Veniamo da uno smacco molto pesante. Come saprà, abbiamo provato a raccogliere le 500.000 firme per mettere a referendum i punti più deleteri della legge 107 e non ci siamo riusciti. Per poco, ma non ce l’abbiamo fatta.
L.C. - Rivolgersi alla Corte costituzionale per far annullare le leggi non è un percorso impossibile! Come Sindacato si va da un avvocato e si fa una causa anche collettiva in cui alcuni Insegnanti lamentano che la loro vita e le loro retribuzioni non sono dignitose, che è a rischio la stessa libertà d’insegnamento.
Sì, abbiamo bisogno di un’azione forte che serva di richiamo sulla nostra professione. Finora insegnare è sempre stata una professione intellettuale, adesso si chiede all’Insegnante di svolgere il suo compito come prestatore d’opera generico alle dipendenze di un capo.
L.C. - Da qui passa la dignità della Scuola. Non si può tollerarne la perdita di valore. La Costituzione parla in moltissimi articoli della Scuola, sia come obbligo dello Stato di provvedere all’istruzione, sia come diritto allo studio, sia come libertà d’insegnamento ; è stato uno degli interessi primari dei Costituenti.
Si sono dette tante cose e tante se ne dicono, ma la mobilità, perché così si chiama burocraticamente quello che lei chiama la possibilità di ritorno a casa, è fatta per scelta di “ambiti”, non per scelta della scuola specifica di titolarità. C’è sempre un Dirigente scolastico che a sua discrezione, ti sceglierà per averti nella sua squadra, oppure ti vieterà di farne parte. Questo principio fondamentale della legge 107 non è stato cambiato.
L.C. - Bisogna reagire: siamo cittadini e non vogliamo ritornare ad essere sudditi.
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Lorenza Carlassare è professore emerito di diritto costituzionale nell’Università di Padova, la stessa Università dove si è laureata e si è formata come studiosa.
Allieva di Vezio Crisafulli, uno dei maggiori costituzionalisti italiani, dopo la libera docenza in diritto costituzionale, ha vinto il concorso a cattedra nella stessa materia e ha insegnato nelle Università di Verona, Ferrara e Padova.
Ha diretto il Dipartimento di diritto pubblico, internazionale e comunitario dell’Università di Padova dal1998, anno in cui è stato costituito, al 2003.
E ’autrice di numerose opere sui principali temi del diritto costituzionale, in particolare: fonti del diritto, forma di governo, Presidente della Repubblica, Corte costituzionale, diritti e libertà dei cittadini, indipendenza della Magistratura, rappresentanza politica (con riferimento anche alla parità dei sessi nell’accesso alle cariche elettive), pace e guerra.
Tra le sue opere, due sono rivolte non solo agli studiosi della materia ma anche ad un pubblico più ampio: “Conversazioni sulla Costituzione “ (ed. Cedam, 2011), “Nel segno della Costituzione, La nostra carta per il futuro” (ed. Feltrinelli, 2012).
Ha pubblicato articoli sempre su temi strettamente costituzionalistici in diversi quotidiani: sul Sole 24 Ore e sul Corriere della sera in passato più di recente sul Fatto Quotidiano e qualche volta sul Manifesto.
È tra i fondatori (1985) dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti.
Fa parte del Comitato scientifico di “Giurisprudenza costituzionale” e di “Costituzionalismo.”
È socia dell’Accademia Galileiana di Scienze Lettere ed Arti in Padova, dell’Accademia Olimpica di Vicenza, dell’Accademia nazionale dei Lincei.
Nel 2009 ha fondato la Scuola di cultura costituzionale dell’Università di Padova che tuttora dirige.
E’ socia onoraria e membro del Consiglio di Presidenza di Libertà e Giustizia.
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