Questa pagina ospita un contributo a cura del CIPUR*, che volentieri pubblichiamo
23 Aprile 2017 | di Paolo Manzini
La formazione permanente nell'era dell'automazione assume sempre più importanza. Per i Docenti, che anche in Italia stanno affrontando o stanno per confrontarsi con il problema, riportiamo alcuni punti da un rapporto speciale di The Economist nel fascicolo 14-20 gennaio 2017, dal titolo: Apprendere durante tutta la vita, come sopravvivere nell'epoca dell'automazione.
L'insieme di istruzione e innovazione degli ultimi decenni ha portato un notevole aumento di prosperità. Robotica e intelligenza artificiale prefigurano oggi un'altra rivoluzione dell'istruzione: quella di base acquisita non basta più, nel corso della carriera serviranno nuove competenze. Aggiornamenti a spese della collettività rischiano d'essere uno spreco, ma l'industria può indicare le competenze che vuole e collaborare con i corsi aperti online su larga scala (MOOC) e con le università per progettare i corsi che le forniscono.
Il manifatturiero avanzato offre ottimi posti di lavoro, ma sono quelli del futuro: richiedono abilità e adattabilità, cambieranno durante la vita, non offriranno più l'occupazione di massa del passato. Una migliore educazione dà più probabilità di trovare lavoro, ma non è detto che sarà gradevole; chi non è mai stato in università è a rischio d'essere estromesso: questo dicono i tecno pessimisti.
C'è un'altra visione meno apocalittica; l'occupazione è cresciuta di più nei lavori che usano il computer, rispetto a quelli in cui non si usano: l'automazione tende a colpire delle attività all'interno di una professione, non ad eliminare del tutto i posti di lavoro.
La crescita d'occupazione e retribuzioni è stata più veloce dove erano richieste abilità sociali; il cui valore principale è nel rapporto tra colleghi: le persone che si dividono i compiti in modo rapido ed efficace formano le squadre più produttive.
La competenza specifica dovrebbe essere acquisita sul posto di lavoro, ma le aziende sono poco disposte ad investire in formazione dei loro dipendenti nel momento in cui possono avere il lavoro svolto con automazione e delocalizzazione, l’utilizzo di lavoratori autonomi e crowdsourcing. Se alcune esitano perché il personale potrebbe lasciarle per passare ai concorrenti, c'è chi ha un'altra visione: meglio formarlo e che poi accettare che lasci piuttosto che non formare e doverselo tenere.
La quantità di persone dei primi corsi MOOC sembrava suggerire che erano disponibili modelli completamente nuovi. Oggi gli scettici superano chi ci crede: si iscrivono in molti, ma i tassi d'abbandono sono altissimi. Ma nei corsi a pagamento, i tassi di completamento passano dal 10% al 60%, quindi i nuovi MOOC funzionano e stanno risolvendo i due problemi della formazione permanente.
Il primo è il costo d'apprendimento, in denaro, ed in tempo. Milioni di persone gestiscono la formazione permanente a tempo parziale o a distanza, ma tenere in equilibrio corsi, lavoro e vita familiare può causare enormi pressioni.
Inoltre, il mondo del lavoro richiede sempre più una risposta rapida per avere persone con le qualifiche desiderate. I MOOC rispondono con il loro contenuto sempre più flessibile, le lauree sono suddivise in moduli, i moduli in corsi, i corsi in segmenti brevi.
Come risponderanno le università? La laurea residenziale è accettata come esperienza d'alto livello, ma esiste un’ altra risposta che è più insegnamento online: quando Georgia Tech ha deciso di offrire dei suoi master online a basso costo, si è obiettato che si rischiava di cannibalizzare la laurea tradizionale. Tuttavia questa ha continuato a reclutare studenti sui 20 anni, quella online ha attirato persone con un'età media di 34 anni, che non hanno lasciato il posto di lavoro.
In ogni caso, non è chiaro fino a che punto e quanto velocemente le università andranno in questa direzione.
A parte i costi, il secondo problema da risolvere per i MOOC sono le credenziali. I mercati del lavoro moderni hanno bisogno di segnali chiari su esperienza e competenza, come una laurea o un diploma. I MOOC danno microcredenziali. Le persone sono più propense ad investire in formazione, se ottengono una qualifica riconosciuta e se sono note le competenze richieste. Ma i datori di lavoro devono essere sicuri che il contenuto di queste credenziali sia reale: ci vuole la giusta quantità di disaccordo, abbastanza per essere attendibili, ma non tanto da bloccare gli sviluppi di carriera. Qualunque sia l'origine del contenuto, per l'attendibilità è necessaria una valutazione corretta. Il docente può farla quando gli studenti sono pochi, ma nei MOOC i numeri gliela rendono impossibile.
L'automazione aiuta, ma non per compiti e argomenti complessi. Si tratta di una convalida da parte di un provider riconosciuto, ma se usa degli esperti per valutare solleva di nuovo la questione delle credenziali di questi esperti.
Le grandi aziende possono avere la dimensione per offrire ai propri dipendenti percorsi interni per migliorarne le competenze. Ma molti di loro hanno bisogno d'aiuto per decidere quali percorsi prendere. Qualsiasi risposta dovrà mettere insieme individui, datori di lavoro e fornitori di formazione, il che suggerisce un ruolo per due entità.
Una sono i sindacati: hanno una visione estesa all'intero settore di tendenze non individuabili da piccoli datori di lavoro.
La seconda è il governo: si parla molto di formazione permanente, ma pochi paesi- la Scandinavia e Singapore- la stanno facendo Le incertezze sulla velocità e la portata del cambiamento tecnologico sono enormi. Fuori dubbio è la necessità di nuove tecnologie, che faranno diventare più efficace e più necessario l'apprendimento e collegheranno le persone di differenti livelli di conoscenza, consentendo insegnamento e tutoraggio peer-to-peer.
Per ora questo sistema nascente sembra concentrato sulle competenze tecnologiche avanzate, che offrono i rendimenti più chiari e sono relativamente facili da misurare. Ma il presupposto è che le persone abbiano i soldi, il tempo, la motivazione e le competenze di base per riqualificarsi.
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*Il CIPUR (Coordinamento Intersedi Professori Universitari di Ruolo) è un'associazione culturale e sindacale di professori universitari di ruolo e fuori ruolo, di docenti universitari e di quanti svolgono un ruolo di supporto alle attività accademiche di ricerca scientifica e didattica e costituisce la maggiore forza rappresentativa dei docenti universitari italiani, delle varie fasce.
L'associazione è presente in tutti gli atenei italiani con le sue sedi o con i suoi iscritti, i quali rappresentano oltre un terzo del totale dei docenti iscritti ad una qualche associazione sindacale universitaria.
Il CIPUR si adopera affinché vengano stabilite norme in grado di assicurare, negli atenei italiani, un elevato livello qualitativo sia nella didattica che nella ricerca.
Il presidente nazionale dell’associazione è la prof.ssa Rosa Daniela Grembiale.
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