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Numero 3 - Maggio 2017
Numero 3 Maggio 2017

Schema di decreto su formazione iniziale e accesso al ruolo docente: riflessioni a margine

Decreti Delegati della 107/2015


23 Aprile 2017 | di Antonio Antonazzo e Maurizio Berni

Schema di decreto su formazione iniziale e accesso al ruolo docente: riflessioni a margine Tra le varie deleghe della legge 107 ce n’è una che ci preme particolarmente, perché va al cuore della professionalità docente, la cui tutela è il fine principale della nostra Associazione. Per questo dedichiamo all’argomento più contributi, che approfondiscono i diversi aspetti della complessa operazione che va dalla formazione iniziale all’accesso ai ruoli. Sottolineiamo che qui si tratta esclusivamente dei docenti della scuola secondaria. Non entriamo nel merito della fase transitoria, trattata in altri contributi. Accenniamo solo al fatto che, per quel che riguarda la fase transitoria, nelle proposte di modifica licenziate dalle commissioni parlamentari si riscontra una maggiore ragionevolezza rispetto alla proposta originaria dello schema di decreto.
In questo contributo approfondiremo in particolare tre aspetti, nell’ordine temporale inverso, ovvero la natura della specializzazione, la struttura del concorso per accedervi, i titoli dell’area psicopedagogica necessari per l’accesso al concorso; in questo modo si dimostra la necessità di certe premesse a partire dai risultati attesi.
 
1. Specializzarsi per l’insegnamento: integrazione o sequenzialità?
Una delle critiche ormai condivise del modello di insegnamento del sapere accademico e della sua scarsa spendibilità nel mondo del lavoro consiste nel mettere in discussione il modello sequenziale, secondo cui prima si fornisce la teoria, suddivisa nelle diverse discipline, e successivamente la si ricompone nell’applicazione alla pratica lavorativa. Ma è frutto di una cultura riduzionista ormai sorpassata ritenere che il tutto sia somma delle parti. L’esperienza decennale della scuola di specializzazione per l’insegnamento secondario, così come quella ormai quasi ventennale della scuola di formazione primaria, e di tutte le scuole di specializzazione postlaurea, nonché dei dottorati di ricerca, mostra la maggiore efficacia dell’integrazione delle competenze e il loro potenziamento quando esse si sviluppano intorno alla pratica professionale. La stessa didattica per competenze che si introduce a tutti i livelli scolari sconfessa il modello sequenziale teoria - applicazioni: occorre partire da un “compito di realtà”, e costruire le conoscenze e competenze necessarie ad affrontarlo.
In questa prospettiva, non è pensabile che il mondo della scuola e dell’università interpretino i loro ruoli in termini di giustapposizione temporale: prima l’università, chiusa in se stessa, e poi la scuola, di nuovo chiusa in se stessa. Occorre un’osmosi, uno stimolo all’università ad occuparsi anche di ricerca didattica, per rendere più efficace anche il proprio insegnamento, non solo quello della scuola, e uno stimolo al mondo della scuola a individuare e formare figure tutoriali che si lascino contaminare dalla metodologia della ricerca, e che a loro volta contaminino tutto l’ambiente scolastico, in modo tale da realizzare quell’articolo 6 del DPR 275 ancora oggi quasi del tutto disatteso, ovvero l’autonomia di ricerca. Per questo è assolutamente necessario ribadire che il “tutor universitario” altro non deve essere che un docente in servizio nella scuola, in regime di semiesonero, utilizzato presso le università, previo concorso, in continuità e coerenza con le funzioni svolte nelle SSIS dai supervisori di tirocinio, nei TFA dai tutor coordinatori, e, attualmente, nei corsi di laurea in scienze della formazione primaria.


2. Il concorso: scelta olistica o riduzionista?
Se la parola chiave deve essere integrazione delle competenze, non è pensabile che un concorso- in cui si giustappongono prove a carattere puramente disciplinare ad una prova di conoscenze psicopedagogiche generali e non applicate alla disciplina- possa essere funzionale allo scopo di individuare i soggetti maggiormente predisposti alla professione docente. Lo schema di decreto prevede infatti due prove scritte, una a carattere monodisciplinare e una di psicopedagogia, seguite da una prova orale su tutte le discipline della classe di concorso di riferimento.
Non si richiede al candidato nessuna prova della capacità di utilizzare le conoscenze psicopedagogiche nel rilevare gli aspetti didattici delle discipline e nel formulare ipotesi di lavoro. Si può pensare che sia troppo presto. Lo è (e lo sarà anche successivamente, temiamo) finché l’insegnamento proposto seguirà l’impostazione accademica, specialistica e sequenziale; non lo sarà se si persegue una didattica, già dai corsi di laurea, che integra la struttura specialistica della disciplina, che deve comunque essere posseduta, coi suoi aspetti storico-espistemologici, i quali richiamano naturalmente strategie didattiche. Quando a tutto questo si integrano le prime conoscenze in ambito psicopedagogico, il docente in formazione possiede certamente le competenze iniziali per formulare delle ipotesi di lavoro, ed elaborare un primo “bilancio delle competenze” con cui si potranno personalizzare i percorsi della specializzazione. Sarebbe stato quindi opportuno eliminare la seconda prova scritta, lasciare la prima prova scritta a carattere puramente disciplinare, e integrare il colloquio con una discussione degli aspetti didattici della prova scritta in cui il candidato dimostri non solo di possedere i contenuti, ma di saper applicare le competenze fornite dai 24 CFU dell’area psicopedagogica e didattica.


3. Area antropo-psicopedagogica e delle metodologie e tecnologie didattiche: giustapposizione di saperi accademici o strumento per integrare conoscenze disciplinari e competenze didattiche?
In quest’ottica, è evidente che i 24 CFU dell’area psicopedagogica e didattica devono avere una distribuzione tale da favorire l’integrazione delle conoscenze disciplinari con la capacità di insegnarle efficacemente; per questo riteniamo che la distribuzione ottimale sia quella di equilibrare gli aspetti specialistici e generali della pedagogia con la didattica applicata alle discipline. Auspichiamo anche che questo avvenga con una sempre maggiore integrazione di questi CFU nei piani di studio dei corsi di laurea, in modo da non aggravare e rallentare il percorso accademico di chi vuol insegnare.
 
 


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Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
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Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
Antonio Antonazzo, Piero Morpurgo, Fabrizio Reberschegg, Massimo Quintiliani.
Hanno collaborato a questo numero:
Maurizio Berni, Paolo Manzini, Fabrizio Tonello, Emilio Pasquini, Giorgio Quaggiotto.