Intervista con il Coordinatore nazionale della Gilda, Rino Di Meglio
22 Agosto 2017 | di Ester Trevisan
Comincia un nuovo anno scolastico: che punto fa il Coordinatore nazionale della Gilda sulla situazione della scuola a tutt’oggi?
Quest’anno scolastico si aprirà con la notizia, a noi purtroppo già nota e confermata dall’Ocse, che gli insegnanti italiani sono quelli meno pagati d’Europa, con retribuzioni mensili che vanno da meno di 1300 euro a inizio carriera a poco più di 1800 euro a fine carriera. Oltre a essere maltrattati economicamente, i docenti italiani lo sono anche dal punto di vista dell’orario di lavoro che mediamente è più oneroso rispetto a quello degli altri Paesi europei, sia come ore di didattica, sia per l’enorme mole burocratica spesso completamente inutile. Ciononostante, la scuola italiana va avanti grazie al sacrificio quotidiano degli insegnanti che ogni giorno in classe mettono da parte i numerosi problemi della categoria per cercare di dare il massimo ai loro alunni.
Parliamo della Legge 107/2015 che, malgrado le proteste prolungate e decise di sindacati e insegnanti, è entrata in vigore. Il cambio al ministero della Pubblica istruzione, dopo la sconfitta del Governo al Referendum costituzionale, ha portato modifiche nella politica scolastica?
Il cambio al vertice del Miur è stato positivo perché bisogna dare atto alla ministra Fedeli di un atteggiamento enormemente più aperto rispetto a chi l’ha preceduta. Si tratta di una ministra che ascolta e che, pur non potendo fare miracoli, è riuscita almeno ad instaurare un dialogo con i sindacati, che rappresentano i lavoratori della scuola, per tentare di introdurre piccoli correttivi e miglioramenti alla Legge 107. Una sostanziale modifica della politica scolastica non sarà possibile fino a quando non verranno abrogate alcune parti della cosiddetta Buona Scuola: chiamata diretta, ambiti territoriali, bonus del merito e comitato di valutazione di cui sicuramente non dovrebbero fare parte studenti e genitori.
Proviamo ad analizzare i punti più controversi di quella Legge: la chiamata diretta dei docenti da parte del dirigente; il bonus per i docenti migliori; la titolarità su ambito e non su cattedra. Come giudica la Gilda questi istituti?
Questa riforma non ha portato alcun miglioramento nella qualità della scuola italiana. È stato perso un sacco di tempo inutile da parte del Governo e del Parlamento senza ottenere nessun risultato. È sotto gli occhi di tutti la demenziale situazione provocata dagli ambiti territoriali rispetto ai quali il Miur ha fatto deroghe per le cattedre orarie esterne, cioè quelle che non raggiungono le 18 ore di servizio in un’unica scuola. Senza l’intervento del ministero gli insegnanti si sarebbero dovuti sobbarcare trasferte di chilometri e chilometri per completare l’orario in luoghi molto distanti. Una pura follia a causa della quale il Ministero ha fatto ciò che non avrebbe potuto fare e cioè derogare alla Legge 107. Questi ambiti sono inutili, hanno messo in difficoltà la mobilità dei docenti perché hanno eliminato del tutto le preferenze sull’entità comune: basta pensare alle città piccole come Trieste, Prato o Gorizia che sono divise in due ambiti con i docenti che non possono spostarsi da un ambito all’altro per completare l’orario di servizio. Una sorta di muro di Berlino totalmente assurdo e inutile che divide le città. Per quanto riguarda la chiamata diretta, se lo scopo era attribuire più poteri ai dirigenti scolastici, dobbiamo constatare che l’obiettivo è fallito perché l’unico risultato è stato ingolfarli ulteriormente di carichi burocratici, costringendoli a leggere centinaia di curricoli per scegliere gli insegnanti. Le graduatorie, invece, rappresentavano una garanzia e, scegliendo chi aveva più esperienza, le probabilità di centrare l’obiettivo erano maggiori.
Cosa ha fatto la Gilda a suo tempo per contrastare questo nuovo corso? Ha fatto i passi giusti o si poteva, come sindacato, fare di più?
La Gilda degli Insegnanti ha fatto tutto ciò che poteva, soprattutto cercando, fino a quando è stato possibile, di mantenere l’unità tra i sindacati che hanno lottato tutti insieme fino all’emanazione della Legge 107. Dopo ci sono state divisioni, ma possiamo dire che ancora oggi, almeno idealmente, il sindacato scolastico mantiene una sua unitarietà rispetto alle negatività della riforma, anche se nel tempo le strategie di lotta si sono diversificate.
Oggi, che tutto sembra ormai compiuto, conviene accettare la realtà di questa Legge o restano altre iniziative da compiere. Se sì, come intende muoversi la Gilda?
Per porre rimedio agli sbagli non è mai troppo tardi: non c’è assolutamente da arrendersi e bisognerà continuare a mettere in campo tutti gli strumenti della critica e della democrazia per modificare i provvedimenti sbagliati. Uno degli aspetti più belli della democrazia è proprio che non esiste alcuna legge immutabile.
Nelle scuole la situazione è molto confusa e tesa. Soprattutto il bonus suscita dissidi non idonei ad un rapporto collegiale disteso.
Il bonus è un esempio di spreco di denaro pubblico perché è stato concepito in modo molto confuso e serve soltanto come rafforzamento del fondo di istituto usato però discrezionalmente dal dirigente scolastico. Non c’è nulla in questo bonus cosiddetto premiale che lo qualifichi in maniera tale da poter migliorare il livello dell’offerta formativa e il rapporto tra insegnanti e alunni.
Parliamo di precariato e di assunzioni. Come giudica la Gilda le immissioni in ruolo, dopo l’entrata in vigore della Legge 107/2015?
Uno dei pochi aspetti positivi di questa Legge è stato stabilizzare una parte dei precari, ma non ha risolto completamente il problema e non è stato adottato il metodo razionale che noi avremmo auspicato. Invece di stabilizzare coloro che avevano lavorato negli ultimi tre anni, come noi avevamo suggerito, è stata inventata la formula dell’organico potenziato che è consistita nell’attingere dalle graduatorie e nell’assegnare qualche insegnante in più a ciascuna scuola. Ma molto spesso si è verificato il paradosso per cui gli insegnanti inviati alle scuole non erano quelli necessari ai loro fabbisogni formativi.
Cosa propone la Gilda per affrontare il tema del precariato e della formazione dei nuovi docenti?
Per debellare il fenomeno del precariato, che si auto produce ormai da tempo immemorabile, serve un reclutamento costante e periodico su tutti i posti vacanti e disponibili. Ma l’Amministrazione scolastica è in affanno e non riesce a mantenere gli impegni presi perché ci sono i generali ma mancano le truppe. I ritardi nelle procedure dei concorsi sono un esempio delle disfunzioni provocate dagli organici degli uffici scolastici ridotti all’osso. Occorre dunque rafforzare l’Amministrazione nei punti in cui è debole. Per portare a termine velocemente i lavori delle commissioni dei concorsi, ci vorrebbero esaminatori qualificati e retribuiti decorosamente. E invece ad ogni tornata concorsuale si ripete lo stesso copione: commissari spesso non all’altezza, pagati una miseria e tempi che si protraggono ben oltre i termini fissati dalla legge. Con questi ritmi appare quanto mai difficile portare a regime concorsi biennali. Per quanto riguarda il sistema di reclutamento e formazione messo in piedi dalla Legge 107, una sua razionalità ce l’ha ma presenta due gravi problematiche: l’eccessiva durata del percorso, il cosiddetto FIT, e la totale esclusione dei docenti della scuola dell’infanzia e primaria, nonostante ci siano zone d’Italia molto estese, soprattutto al Nord, completamente prive di questi insegnanti diventati ormai merce rara.
Parliamo di sindacato, della sua funzione, delle critiche che, da parte governativa soprattutto, ma anche dall’opinione pubblica, arrivano sul suo ruolo che apparirebbe corporativo e tutto sommato inutile. Cosa rispondere a questi rilievi e cosa dire in merito a ciò ai docenti, iscritti e no?
Il sindacato di per sé non è inutile. Sicuramente affronta un momento di crisi dal quale forse la Gilda è meno investita perché nasce come associazione professionale che fa sindacato e non come organizzazione sindacale nel senso tradizionale. A livello generale, non soltanto nel settore scolastico, la crisi del sindacato è legata a quella del lavoro: si pongono sfide nuove come quella della creazione di intere categorie di lavoratori senza diritti, assunti senza contratti e che non godono di alcuna tutela. In un certo senso, stiamo tornando a una situazione di tipo ottocentesco del lavoro padronale concesso come una sorta di beneficenza e non come diritto.
Infine, cosa suggerire ai docenti che inizieranno un nuovo anno, sicuramente non più sopportabile di quelli precedenti, soffocati da una burocrazia insostenibile e inutile, invischiati in rapporti di controllo da parte dei genitori e obbligati a considerare residuale il loro insegnamento?
La prima rivoluzione da parte dei colleghi deve avvenire a livello interiore: avere coscienza di non essere un semplice individuo ma un professionista e quindi cominciare ad avere una conoscenza più approfondita dei propri diritti, dei propri doveri e delle proprie responsabilità. Sono convinto che solo una categoria più cosciente in questo senso possa riuscire a promuovere il miglioramento della propria condizione.
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