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Numero 4 - Settembre 2017
Numero 4 Settembre 2017

F57 la sigla per riconoscere il demoniaco gioco dell’istigazione al suicidio


22 Agosto 2017 | di Massimo Quintiliani

F57 la sigla per riconoscere il demoniaco gioco dell’istigazione al suicidio Il “Blu Whale”, la Balenottera Blu, si è trasformato in un pericolo. Nato in Russia come un gioco, il fenomeno è approdato anche in Italia.
Una prima indicazione è questa: di app come “Blue Whale” ce ne sono più di una. Spingono gli aderenti a percorsi folli, test di estrema pericolosità e scelleratezza, enfatizzando la volontà di protagonismo adolescenziale e la necessità di trovare un ascolto, in tutti i modi, dei “nativi digitali”. L’instaurarsi di una stupida moda o morbosa curiosità può portare al pericolo estremo: la morte. Per genitori e insegnanti può sconfinare nella psicosi, soprattutto dopo che la polizia postale ha avvisato che non è più uno scherzo, perché incrociando le fragilità di tanti, per troppi teenager il comportamento diventa pericolosissimo e contagioso. Ora s’indaga su “Blue Whale”. Molte procure hanno aperto fascicoli e dato il via ad intercettazioni telematiche per venirne a capo. Altra evidenza è quella che il gioco crea dei ruoli interscambiabili tra i “tutor” carnefici ed i “giocatori” vittime. Trasformando il virtuale col reale si finisce nel rendersi non più conto del comportamento a rischio. Quando tutto, poi, si trasforma in grave e terribilmente concreto, i ragazzi sono incitati a procedere nelle prove ed invitati a mettere in atto azioni di autolesionismo estremo o di non ritorno, finanche il suicidio. Un primo segnale di allarme è l’isolarsi del soggetto che si racchiude sull’uso compulsivo di smartphone e pc. La famiglia e la scuola vivendo a contatto dei giovani sono le prime a dover far capire loro che il disagio non si risolve nella Rete. Il fenomeno “Blue Whale”, porta con sé il corollario classico di depistaggi e dispersioni di energie investigative create dalle segnalazioni sbagliate, dagli pseudo-investigatori, dalle angosce delle parti in causa che creano confuse azioni di disturbo in un quadro d’indagine delle forze dell’ordine già complesso ed articolato. Dalla psicosi al suo mito noir, però, il passo e breve. Proprio l’aspetto “mito” sta prendendo piede tra i giovanissimi spingendoli a partecipare anche senza invito. Purtroppo entrare nella app è facilissimo. «Un meccanismo perverso», come spiega la Polizia Postale, che attira personalità fragili, adescando non solo potenziali vittime, ma anche potenziali carnefici. Oggi viviamo in allerta costante per molteplici motivi; a maggior ragione, non deve essere sottovalutato questo allarme anche e soprattutto dal mondo della scuola che -per istituzione e sensibilità- è vicino alla crescita giovanile in generale e dell’attuale generazione in particolare, che sempre più evidenzia le proprie fragilità. La sigla F57 -lettera e numero che il “giocatore” s’incide sul dorso della mano- è la prima prova richiesta all’adepto del percorso fatale. La Polizia Postale ha, per questo, deciso di non usare più nelle indagini e nelle comunicazioni l’espressione evocativa “Blue Whale” dal significato attenuante la gravità del fenomeno così rappresentato da un termine pericolosamente fascinoso. Le Reti Social si sono attivate per cancellare i siti e impedire la diffusione dei contenuti sospetti; ciò nonostante, si possono trovare ancora in rete “tutor” carnefici e non vi è alcuna certezza che la rete F57 istigante al suicidio sia stata per sempre strappata senza raggiungere nuovi Paesi.
 
 
 


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Numero 4 - Settembre 2017
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
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