23 Agosto 2017 | di Fabrizio Reberschegg
Nel BUR n. 35 del 7/4/2017 della Regione Veneto è stata pubblicata la Legge Regionale n.8 che intende riformare parte importante del sistema di istruzione con particolare riferimento al "sottosistema" dell'istruzione professionale. La legge non è stata impugnata dal governo presso la Corte Costituzionale e quindi potrà solamente essere corretta in alcune parti che siano in palese contrasto con il quadro degli ordinamenti scolastici nazionali. La decisione del governo di non impugnazione è politicamente importante. Si riconosce in questo modo che anche le regioni ordinarie possono legiferare pienamente sui complessivi dell'istruzione e con piena autonomia sul settore dell'istruzione professionale. Si tratta di una prova di debolezza determinata dalla sconfitta referendaria di Renzi. Ricordiamo che nella legge Boschi veniva rafforzato il ruolo dello Stato nell'ambito del sistema di istruzione e ciò poteva essere visto come un positivo tentativo di evitare la frammentazione del sistema di istruzione superiore in Italia. Sappiamo che le proposte di spacchettamento del progetto di riforma sono state rifiutate in maniera arrogante dal governo Renzi determinando così, con l'esito referendario, all’ annullamento di tutto il testo, anche di quelle parti che apparivano di buon senso (non solo le parti sull'istruzione, ma anche le parti sull'abolizione del CNEL, ecc.).
La Regione Veneto, che insieme alla Lombardia ha indetto in ottobre un referendum popolare consultivo per chiedere una sorta di autonomia speciale in analogia con il Trentino-Alto Adige e la Sicilia, sta quindi forzando per introdurre elementi di ampia autonomia dalla Stato partendo dall'istruzione professionale, per arrivare a rivendicare una sorta si separatezza dalle altre regioni di fronte ad un governo che dimostra tutta la sua debolezza su tali temi. La legge regionale si basa sulle proposte già portate avanti in Lombardia e, a livello nazionale, da parti del centro-destra e soprattutto da Valentina Aprea. Vediamo come.
La Regione
• concorre alla definizione dei percorsi del sistema di istruzione, denominato Sottosistema dell'istruzione;
• disciplina i percorsi dell'istruzione e formazione professionale (Sottosistema dell'istruzione e formazione professionale - IeFP);
• disciplina i percorsi di specializzazione professionale;
• riconosce la funzione educativa della famiglia, della libertà di scelta dei percorsi educativi, delle pari opportunità di accesso ai percorsi, la parità dei soggetti pubblici e privati accreditati, erogatori di servizi, per garantire la competitività del sistema economico e sociale veneto;
• valorizza la cultura del lavoro, oltre alla promozione delle varie competenze stabilite dall'UE e dal sistema nazionale, e la promozione del'identità storica del popolo e della civiltà veneta.
La Regione si occuperà di monitoraggio delle esigenze di istruzione e formazione emergenti dal territorio; di orientamento, di promozione delle competenze tecnologiche evolute; di collaborazione per la definizione dei criteri di determinazione degli organici e assegnazione del personale alle istituzioni scolastiche e formative pubbliche; di erogazione delle risorse ai soggetti erogatori dei servizi del Sistema educativo; di valutazione del sistema educativo veneto; di formazione, di definizione delle prove finali di esame e dell'alternanza scuola-lavoro...
Viene riconfermato il "buono" e i contributi agli allievi per coprire in tutto o in parte le spese per la frequenza scolastica (di fatto un buono per la copertura delle rette delle scuole private..).
Il grande stravolgimento, sul quale confidiamo ci sia un intervento urgente del MIUR e del governo, sta nella norma che prevede per il secondo ciclo un percorso di tre anni più uno (quattro anni in tutto) più un ulteriore corso integrativo annuale per chi vuole accedere all'università e al settore AFAM, corso disposto di concerto con università e AFAM. A conclusione del triennio iniziale si potrà conseguire una qualifica professionale, a conclusione del quadriennio, un diploma professionale.
Pur non toccando direttamente il settore liceale e dei tecnici, la Regione Veneto presuppone nel prossimo futuro una radicale riforma del sistema educativo portando i percorsi scolastici della secondaria di secondo grado a quattro anni (con un ulteriore corso annuale integrativo per accedere all'università) e organizzando con proprie regole la gestione del personale (organici, mobilità)
La legge regionale non definisce chiaramente l'integrazione tra la formazione professionale già di competenza regionale e quella (ancora) di competenza statale comprendendole in un unico settore.
La cautela con la quale il governo si sta muovendo preoccupa. Le sperimentazioni della secondaria di secondo grado con percorsi quadriennali presupporrebbero il tentativo di riformare ancora una volta la secondaria di secondo grado avvalorando il sistema veneto. La regionalizzazione dell'istruzione professionale, che può essere positivamente discussa a livello di riforma nazionale, non può passare per colpi di mano delle singole regioni. Preoccupa il tentativo di regionalizzare definitivamente il personale della scuola imperniandolo al territorio regionale.
Su tali temi la Gilda continua a ribadire che le scuole non sono "enti erogatori di servizi" ma istituzioni della Repubblica ; che le scuole paritarie non possono essere aiutate finanziariamente dallo Stato o dalle sue articolazioni; che serve mantenere un assetto nazionale del sistema scolastico per dare effettiva opportunità a tutte le studentesse e a tutti gli studenti di essere cittadini della Repubblica e non solo possessori di titoli di studio variamente somministrati da regioni o, peggio ancora, da scuole-aziende agenti in libero mercato.
Chiediamo alla politica di battere un colpo. Che il governo e i partiti che lo compongono escano dalla palude e chiariscano una volta per tutte cosa intendono fare del sistema scolastico nazionale nel prossimo futuro.
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