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Numero 1 - Gennaio 2018
Numero 1 Gennaio 2018

Esame finale del I ciclo: eppur si muove

Tutte le novità e le relative osservazioni sulle norme che hanno messo mano alla farraginosità dell’ esame finale del I ciclo.


28 Dicembre 2017 | di Fabio Barina

Esame finale del I ciclo: eppur si muove Il DM n. 743/2017, “Esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione” e il DM 742/2017, “Finalità della certificazione delle competenze” in uscita dal I ciclo di istruzione completano un percorso normativo assai tormentato che ha cercato di armonizzare le norme preesistenti con quanto stabilito con la legge 107/2015 e, prima ancora, con la legge 169/2008 emanata dal Ministro Gelmini.
Da tempo la valutazione è diventata un terreno ossessivamente collocato al centro delle pulsioni riformatrici dei ultimi governi i quali, ciascuno per il tempo in cui è rimasto in carica, si sono occupati di aggiungere qualche danno alla scuola. Guasti che sono derivati quasi sempre da preconcetti di natura ideologica o efficientistica, in virtù di una sorta di capovolgimento dell’esperienza, della ragione e dell'ordine delle cose che chi insegna ha spesso denunciato.
 
Cosa cambia
Il fatto che si sia finalmente deciso di mettere mano all’inaccettabile farraginosità dell’esame finale – che prevedeva 5 prove scritte, un colloquio pluridisciplinare e, per l’indirizzo musicale, presupponeva anche se non esplicitamente una prova pratica di strumento – avvalora la tesi per cui il primo esame della vita scolastica di un alunno italiano era ormai diventato insostenibile da troppi punti di vista per tutti i soggetti coinvolti.
Nel concreto il DM 743/2017 introduce queste modifiche:
-        lo scrutinio di ammissione all’esame finale si esprime con una votazione in decimi che considera il percorso scolastico del discente e non risulta più dalla media matematica dei voti delle diverse discipline del terzo anno;
-        il voto di ammissione assegnato in sede di scrutinio finale può anche essere inferiore a 6/10 in qualche disciplina;
-        i requisiti di non ammissione sono ora la «sanzione disciplinare della non ammissione all’esame» nonché la frequenza di almeno i 3/4 del monte ore annuo, fatte salve le deroghe del Collegio docenti e della partecipazione alle prove Invalsi nazionali;
-        la valutazione del comportamento viene espressa collegialmente attraverso un giudizio sintetico (e non più numerico) riferito alle competenze di Cittadinanza e Costituzione;
-        le prove scritte d’esame sono ridotte a 3: italiano, matematica ed un’unica prova articolata delle due lingue straniere; ad esse si aggiunge il colloquio finale;
-        scompare la prova Invalsi la cui partecipazione (con l’introduzione di una prova di Lingua inglese) diviene requisito per l’ammissione all’esame;
-        la Commissione d’esame è presieduta dal Dirigente scolastico dell’istituto e non più da un Presidente esterno;
-        la valutazione finale espressa in decimi deriva dalla media tra il voto di ammissione e la media di dei voti di tutte le prove (scritte e orale), per cui il voto di ammissione viene ad avere un peso pari al 50% del totale.
 
Osservazioni
La semplificazione delle prove d’esame sembra un atto finalmente adeguato a normalizzare un momento inutilmente complicato del Primo ciclo, così come è senza dubbio apprezzabile l’abolizione delle prove Invalsi.
Appare di buon senso anche l’introduzione dell’ammissione pur in presenza di insufficienze, deliberata «a maggioranza e con adeguata motivazione» che permette quindi di segnalare eventuali lacune ed evita il sofferto voto di consiglio che trasformava tutte le insufficienze in sei.
È inoltre condivisibile l’eliminazione del voto di comportamento dalla media della valutazione per l’ammissione all’esame, spesso motivo di confusione tra le reali conoscenze, abilità e competenze degli allievi e la loro capacità di collocarsi adeguatamente nel contesto educativo e socializzante disegnato dalla scuola. Permane tuttavia il rischio che la valutazione del comportamento con giudizio sintetico mescoli l’approccio conoscitivo di Cittadinanza e Costituzione con quello comportamentale e che risulti poco chiara alle famiglie o ambigua a chi dovrà interpretare il giudizio medesimo. Insomma non è questione di numeri, lettere o aggettivi, quanto piuttosto di ciò che sta dietro ad essi e quanto essi comunicano. Anziché introdurre il principio della sanzione disciplinare della non ammissione all’esame forse sarebbe stato più semplice indicare un voto di condotta, chiaro per tutti, come prerequisito di ammissione.
Pesa inoltre ancora l’obbligo della certificazione delle competenze finali del primo ciclo, nei fatti mera prassi burocratica, documento spesso pieno di paroloni vuoti e poco significativi sia per le famiglie che per gli stessi docenti delle superiori.
Non si comprende poi perché non si sia avuto il coraggio di permettere la somministrazione di prove diversificate per gli allievi di cittadinanza italiana neo immigrati nel nostro paese.
Rimane ancora insoluto il problema per cui nel nostro sistema scolastico un ragazzo a 14 anni si trovi ad affrontare per la prima volta un esame tanto complesso in termini di performances quanto stressante sul piano emotivo. Esiste a riguardo ancora un vuoto educativo: un tempo i ragazzi venivano allenati con prove semplici che via via divenivano sempre più complesse (vi erano esami in 2 e 5 elementare) che li aiutavano a fare i conti con le proprie ansie, a superare il timore di una prova secca, senza recupero, in cui il risultato di un momento non poteva che essere o positivo o negativo. Così come accade tuttora in altri ambiti: ad esempio nell0 sport, nella musica, negli scacchi dove vengono progressivamente guidati a prove via via più complesse che li aiutano a crescere.
Infine non aver previsto un credito per i ragazzi che si siano distinti in percorsi aggiuntivi (ad esempio le certificazioni linguistiche) né tantomeno un bonus a disposizione della commissione d’esame per integrare la cruda media matematica (come succede per l’esame di stato del II grado), costituisce un vulnus che spesso costringe le commissioni a spericolate alchimie per intervenire sulla cifra finale di qualche alunno.
Ma soprattutto ci sembra sia mancata - alla fine del I ciclo – la volontà o l’intelligenza di creare una sorta di via d’uscita per gli allievi con grandi difficoltà, ipotizzando una sorta di certificato di frequenza che sollevi gli insegnanti del I grado dal promuovere contro ogni buon senso allievi che non hanno dimostrato la benché minima volontà di apprendimento, che spesso hanno rappresentato casi di difficile gestione disciplinare all’interno della scuola e per i quali pilatescamente l’intero sistema si affida al cosiddetto “calcio nel sedere”.
Ultima osservazione: finalmente l’art. 8 al c. 2 prevede che a presiedere l’esame sarà il DS della scuola. Ciò segna la fine della corsa dei Dirigenti del I ciclo a sovrintendere agli esami alle superiori (dove sono comunque ricompensati della loro funzione e non hanno più di 2 commissioni a fronte delle 6 o 10 delle medie) e, soprattutto, la fine dell’obbligo imposto ai docenti del I grado a presiedere esami del I ciclo contro la propria volontà, gratuitamente e spesso con spese di viaggio o di pasto a proprio carico.
 
 


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Numero 1 - Gennaio 2018
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
Comitato di Redazione:
Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
Antonio Antonazzo, Piero Morpurgo, Fabrizio Reberschegg, Massimo Quintiliani.
Hanno collaborato a questo numero:
Fabio Barina, Roberto Casati, Rosario Cutrupia, Antonio Gasperi, Marco Morini,
Adolfo Scotto di Luzio, Fabrizio Tonello, Ester Trevisan