In un libro suggestivo e affascinante, Roberto Casati ci parla del freddo non nemico ma maestro che rischiamo di perdere per sempre.
28 Dicembre 2017 | di Renza Bertuzzi
Il rapporto dell’uomo con la natura è materia eminentemente da filosofi che ha conosciuto, nei secoli, diverse interpretazioni . Semplificando al massimo e tenendoci nei pressi del nostro tempo, possiamo dire che i due corni filosofico-letterari che immediatamente balzano alla mente sono Rousseau e Leopardi. La natura fonte di felicità per l’ uomo, madre amorevole, per il primo; indifferente e matrigna, per il secondo. Da allora, molta acqua è passata sotto i ponti, acqua non benefica ma malefica e la natura non più madre, né matrigna è oggi vittima di azioni irresponsabili dei suoi figli. Eppure la natura esiste e resiste e speriamo che lotti insieme a noi. Ce lo dimostra Roberto Casati, nel suo bel libro, La lezione del freddo. Einaudi 2017, un testo affascinante, godibile che si legge tutto d’ un fiato . Con la raccomandazione, però, di evitare il pericolo di considerare il tutto solo una bella avventura e di non cogliere gli infiniti stimoli e le tantissimi lezioni che egli, da filosofo, ci propone.
In meno di 200 pagine, l’ autore racconta un’ avventura che ha coinvolto lui e la sua famiglia ( moglie e due bambine e il cane Blacky ), un trasferimento, per motivi accademici, nel New Hampshire, dove resteranno un anno. Per l’ occasione, si è deciso di affittare una casa quasi fiabesca in mezzo al bosco, attorniata da alberi giganti : una meraviglia. Il terreno, al loro arrivo è secco, segno che non piove da tempo, ma là troveranno, tanta legna già tagliata e accatastata e, all’ interno, una grande stufa.
E’ l’ inizio dell’ avventura di conoscenza del freddo che entrerà da una fessura nella loro vita, la quale di suo è ambientata in uno scenario europeo temperato e moderatamente piovoso. Dove- riflette l’ autore-la nevicata occasionale di città ci lascia perplessi e sognanti. Certo, andiamo a sciare o a far passeggiate sulla neve, e ci ritroviamo la sera nelle taverne di legno degli alberghi alpini a godere del tepore del camino. Ma si tratta di aneddoti. Di “freddo turistico”. Dov’ è un freddo che occupa tutta la nostra esistenza?
Quel freddo e quel silenzio e tutto ciò che ne consegue saranno una grande lezione di esperienza, di vita, di conoscenza. Dunque, appena l’ estate finisce cominceranno le grandi piogge e poi la neve, ma intanto si riuscirà a esplorare l’ ambiente perché è l’ unico modo di capire; i grandi e fitti boschi, dove il telefonino non prende (!) , le lunghe passeggiate, in un tratto dell’ Appalachian Trail ( il famoso sentiero escursionistico che percorre i monti Appalachi sulla costa orientale degli Stati Uniti d'America lungo circa 3.510 chilometri) e la conoscenza di abitudini, attenzioni nuove da apprendere. C’ è la percezione da adeguare alle distanze inusuali ( una cima di monti a portata di mano è ancora lontana ore di cammino). Con la prima neve inizierà un percorso di lotta : neve, il tuo nome è lotta e ciò che prima appariva bello e suggestivo ora diventa un’ impresa da affrontare. I 250 metri che isolano la casa fiabesca da una strada principale sono tutti da spalare; la legna, raccolta nelle vicinanze, spaccata e preparata in cantina, è solo una parte assolutamente insufficiente alla bisogna che durerà ben 4 mesi. Quindi occorre ordinarne altra che verrà depositata nel giardino ma poi la si dovrà collocare in cantina ideando tecniche di scivolamento. E così via, in un crescendo di apprendimenti nuovi, per fronteggiare situazioni mai prima sperimentate che impegnano l’ intelligenza pratica e quella teorica. Come l’ esperienza del freddo che incide non solo sul corpo ma anche sulla coscienza : Mentre cammino cauto nel bosco mi rendo conto che a poco a poco il freddo fa rintanare la coscienza nel fondo del corpo, come il sangue che rifigge dalle estremità per continuare a circolare . Oppure, il rischio di prendere la “camin fever”, il mal di capanna. Una specie di letargiaimmunodepressiva che ti agguanta quando stai troppo all’ interno, per l’ appunto vicino alla stufa, come Pinocchio. E come Blacky, che si rintana dietro la stufa tutto il giorno.
Strettamente congiunta a tutto ciò, ecco la grande nuova esperienza della mente e dell’ animo : i fiori di ghiaccio sui vetri, che cambiano di giorno in giorno e per un curioso contrappasso animati da una tenace propensione a rappresentare paesaggi tropicali di felci e palme, fiori giganti, erba di savana. Quindi i lunghi mesi chiusi in casa, con le tende trapuntate alle finestre, il vento teso come un blizzard ; fuori il bosco, dove i tronchi sembrano i gambi delle note su uno spartito e dentro il silenzio pressochè totale. Casati si accorge che il freddo lo sta trasformando : sta pensando in time lapse i suoi pensieri sono istantanee che acquistano senso solo nella sequenza lenta e lunga delle settimane e dei mesi. Prima del disgelo, il filosofo che ha studiato le ombre ( R. Casati, La scoperta dell'ombra Da Platone a Galileo la storia di un enigma che ha affascinato le grandi menti dell'umanità. Laterza 2008) e che aveva affermato nella premessa al libro “Le ombre sono misteriose e inquietanti, e al tempo stesso sono un ausilio prezioso alla conoscenza. Questo libro vi mostrerà che l'ombra non è affatto una cattiva compagna di viaggio, sebbene a prima vista non ispiri molta fiducia” avrà modo di scoprire altre suggestioni. Al calar del sole le ombre non continuano a ruotare, ma risalgono sugli alberi e fuggono concitate verso il cielo. E’ come se ci lasciassero, abbandonassero la terra per andare a ritrovare la grande madre notte. Una constatazione interdisciplinare, che non nasce da una tecnica imposta ( come si tende a fare oggi nell’ insegnamento scolastico) ma scaturisce nel soggetto quando questi abbia acquisito le conoscenze più varie e approfondite. Qui interagiscono filosofia, letteratura, fisica e musica. Perché l’ accompagnamento di questi mesi di silenzio e scoperta sarà la Winterreise (Viaggio d'inverno) di Franz Schubert.
Infine, anche la neve se ne andrà diffondendo una grande puzza, perché tutto ciò che gli uomini ( e gli animali) hanno lasciato sotto la coltre riemergerà alla luce e all’ aria con i noti processi di decomposizione e l’ anno accademico volgerà al termine. Si deve tornare alla usata vita con un discreto rimpianto, salutati dall’ apparizione di un’ orsa in giardino(mentre la famiglia al completo sta mangiando) che attraversa tutta la scena come se loro non ci fossero.
Il silenzio e la neve hanno impartito una grande lezione : prima di tutto, che il freddo non è un nemico, per quanto sia temibile, ma un grande maestro che rischiamo di perdere per sempre.
Che si impara da lezioni sul campo impartite dalla natura non madre né matrigna ma maestra; che molte cose, la maggior parte, vanno esperite, vissute sulla propria pelle, sulla propria forza; che le esperienze concrete sono fonte di conoscenza e insegnano quel senso del limite che il rapporto con il web annulla pericolosamente, amplificando un temibile senso di onnipotenza.
Finchè esiste, verrebbe da dire, godiamo e conosciamo questa natura, il freddo e i problemi a cui essa ci obbliga, oltre Rousseau e Leopardi ma con lo sguardo a Thoreau con la sua vita all’aria aperta e con la religione della natura, facendo nostra la sua concezione secondo cui “ dalla natura selvaggia dipende la sopravvivenza del mondo”.
Condividi questo articolo: