Rinnovo del contratto di lavoro del personale della scuola. Perché la FGU-Gilda ha detto no
01 Marzo 2018 | di Gianluigi Dotti
L’ultimo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) degli Insegnanti era stato firmato per la parte normativa il 29 novembre 2007 e per la parte economica il 23 gennaio 2009.
Questo significa che dal 1 gennaio 2009 per gli stipendi degli insegnanti non c’era più stato alcun incremento, nonostante il costo della vita per le famiglie dei docenti sia aumentato, come del resto tutti possiamo toccare con mano. Gli insegnanti, quindi, in questi 9 anni sono diventati più poveri.
L’unica vera conquista dell’ultimo decennio, raggiunta grazie all’iniziativa della Gilda degli Insegnanti, è stato il recupero degli scatti di anzianità (tranne il 2013 ancora in sospeso) e il loro mantenimento, che ha portato nelle tasche dei docenti italiani diverse migliaia di euro.
Nel mese di dicembre 2017 avevano avuto inizio le trattative per il rinnovo del CCNL scuola e nella prima bozza, redatta sulla base dell’Atto di indirizzo del Governo e presentata dall’ARAN alle OOSS, la sorpresa più grande non è stata sulla parte economica, che in linea con l’accordo del 30 novembre 2016 tra il Governo e le OOSS, che la Gilda non ha firmato, aveva messo a disposizione del rinnovo del CCNL una cifra inferiore agli 85,00 euro medi lordi al mese di aumento, ma sulla parte normativa.
Queste in sintesi le proposte pessime che il Governo aveva avuto l’ ardire di presentare.
1) Un aumento di fatto senza retribuzione dell’ orario di lavoro grazie all’ introduzione, nelle attività funzionali all’insegnamento ( quelle gratuite) dell’obbligo di formazione, dell’obbligo del tutoraggio per l’Alternanza Scuola Lavoro e per i nuovi ordinamenti degli Istituti professionali, lasciando ai Dirigenti scolastici la possibilità di scegliere a chi assegnare questi compiti (staff del Dirigente).
2) Per le sanzioni disciplinari, l’ applicazione pedissequa del D.lgs 75/2017 (Madia) con palese sprezzo del principio per cui la funzione docente risponde al dettato costituzionale della libertà di insegnamento. In questa proposta, il Dirigente scolastico, non un organismo terzo ma il “capo” della scuola, unirebbe in sé tutti i poteri dell’accusatore, del pubblico ministero e del giudice per sanzioni fino a 10 giorni di sospensione dello stipendio (non si era mai visto, neppure prima di Montesquieu!). Impossibile permettere che ciò avvenga in un ambiente tanto particolare quale quello della scuola.
A ciò si aggiunga che in tutto il testo non si ribadiva mai che la funzione istituzionale della scuola consiste nella “trasmissione della cultura che, come recita il Testo unico (D.lgs. 297 del 16 Aprile 1994. Parte III, Titolo I, Capo I, art. 395), è l’essenza dell’attività di insegnamento: “La funzione docente è intesa come esplicazione essenziale dell'attività di trasmissione della cultura, di contributo alla elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo e alla formazione umana e critica della loro personalità.. Allo stesso modo il principio costituzionale della “libertà di insegnamento” compare una sola volta, in relazione alla formazione del PTOF e non nella definizione della funzione docente.
Anzi, l’ impostazione ideologica, che nel solco della D.lgs. 150/2009 (Brunetta) e della Legge 107/2015 (Renzi-Giannini), ha guidato ( e guida) gli estensori della bozza di CCNL ha come obiettivo quello di trasformare la funzione docente da professione intellettuale a impiegatizia, nella logica della scuola-azienda. Questo è evidente nel seguente passaggio della bozza del CCNL: “I docenti svolgono le attività di insegnamento di cui all’articolo __ (Attività di insegnamento), nonché le attività per il potenziamento dell’offerta formativa di cui all’articolo __ (Attività per il potenziamento dell’offerta formativa) e quelle organizzative e amministrative di cui all’articolo __ (Attività organizzative e amministrative), nel rispetto delle esigenze didattiche previste dagli ordinamenti vigenti.”
Il tutto nella filosofia della legge 107/2015 di assegnare più potere ai Dirigenti scolastici ( si veda il capitolo relativo alle sanzioni disciplinari) anche nelle relazioni sindacali :
- introducendo l’ istituto del “confronto”, in pratica un’informativa a richiesta delle OOSS, la cui conclusione è un verbale che lascia libero il Dirigente di fare quello che vuole. Con ciò si eliminerebbe tutta l’informativa preventiva e successiva obbligatoria per la contrattazione di secondo livello, con grave nocumento alla trasparenza;
- sottraendo alla contrattazione integrativa nazionale la formazione, gli utilizzi e le assegnazioni provvisorie, gli organici, l’ASL e a livello di scuola: l’aggiornamento e la formazione, i criteri per la ripartizione dei fondi non FIS, l’articolazione dell’orario di lavoro, l’assegnazione alle sedi/plessi dei docenti, l’assegnazione alle attività del PTOF (potenziamento) dei docenti.
Si continua, infine, a mantenere la norma che impone l’esclusione delle OOSS, anche se rappresentative, dalle contrattazioni integrative nazionali, regionali e di scuola qualora queste non firmino il CCNL. La norma chiaramente antidemocratica ha lo scopo di limitare il dissenso è danneggia i docenti perché priva del diritto ad essere rappresentati gli iscritti del sindacato rappresentativo che si rifiuta di sottoscrivere un CCNL.
Su questa proposta complessiva che la Gilda Unams aveva dichiarato irricevibile, soprattutto a causa dell’intervento sull’ orario dei docenti e sulla funzione docente, sono continuate le trattative che hanno portato ad un diverso articolato, con modifiche importanti proprio su quei due punti da noi considerati indiscutibili. Il risultato è sintetizzato dell’ articolo che segue.
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