IN QUESTO NUMERO
Numero 2 - Marzo 2018
Numero 2 Marzo 2018

Dobbiamo sforzarci di educare in senso critico i cittadini per evitare che si schierino su determinati argomenti senza essersi adeguatamente documentati

La libertà d’insegnamento non è solo un principio costituzionale ma anche un principio applicativo. Intervista a Luca Serianni 


01 Marzo 2018 | di Ester Trevisan

Dobbiamo sforzarci di educare in senso critico i cittadini per evitare che si schierino su determinati argomenti senza essersi adeguatamente documentati Alcuni mesi fa un appello di oltre 600 docenti e intellettuali ha lanciato un allarme sulle carenze linguistiche degli studenti. Lei condivide quell’allarme?
Quell’iniziativa ha suscitato una eco molto vasta, favorevole ma anche sfavorevole. Ho apprezzato che su un tema tipicamente didattico relativo all’Italiano ci sia stata una mobilitazione esterna al mondo della scuola, con storici come Galli Della Loggia e sociologi come Ricolfi. Sull’altro versante, però, ho trovato inaccettabile l’atteggiamento anti-De Mauro che circolava in quelle pagine e anche in articoli scritti da alcuni dei promotori dell’appello, attribuendo a De Mauro delle colpe che storicamente non ha: egli si è battuto per un principio assolutamente giusto, cioè quello della condivisione con tutti del valore dell’istruzione, che non è affatto in contrasto con la necessità di una scuola esigente che raggiunga i suoi risultati. Nel merito, i firmatari dell’appello insistevano molto sull’ortografia, che certamente non è da trascurare ma che non rappresenta la competenza più importante e quella di cui si lamenta maggiormente la carenza. Le lacune più gravi sono, da una parte, la difficoltà degli studenti di costruire un testo, di interpretarlo e di saperlo leggere e, dall’altra parte, il lessico molto limitato che rende difficile, per esempio, la comprensione di un articolo di giornale.
 
► Quali sono, secondo lei, le cause di questa impreparazione linguistica così diffusa?
Non dobbiamo lasciarci condizionare da una distorsione ottica: per quanto si voglia essere laudatores temporis acti, 50 anni fa non tutti i ragazzi scrivevano in un Italiano impeccabile. In realtà, la platea studentesca di riferimento è cambiata perché l’istruzione, almeno fino alla secondaria di primo grado compresa, è effettivamente universale ed è chiaro che questo allargamento comporta qualche difficoltà in più dal punto di vista della media. A ciò si aggiunge la minore dimestichezza con il testo tradizionalmente scritto. La Rete ha una potenzialità straordinaria, tuttavia spesso favorisce un rapporto  con la scrittura assolutamente rapido, episodico, superficiale. Pensiamo anche agli aspetti più pericolosi della Rete, in particolare ai tweet e anche ai blog che veicolano spesso concetti, frasi di una superficialità sconcertante perché non c’è un sufficiente filtro. La lettura di un testo scritto richiede indubbiamente più tempo e maggiore impegno.
 
► Gli errori commessi dagli alunni riguardano non soltanto il lessico e la sintassi, ma anche l’ortografia. A  suo parere esistono  margini di recupero efficaci? Se sì, entro quanto tempo?
Secondo me un obiettivo che la scuola primaria dovrebbe raggiungere è quello di familiarizzare con le regole fondamentali dell’ortografia, che non sono poi molte. Pensiamo alla difficoltà che ha un bambino inglese o un bambino francese di fronte a un’ortografia indubbiamente molto più complicata: l’ortografia francese, per esempio, è ricca di grafie latineggianti.
Le regole fondamentali si traducono in pochi punti: prima di tutto, ovviamente, la divisione delle parole, poi l’uso degli accenti, che non è molto difficile, e le principali oscillazioni grafiche nelle quali possiamo incorrere per il soggiacente modello dialettale, come il raddoppio erroneo di alcune consonanti. In generale, si tratta di non troppi casi di parole molto ricorrenti, che capita frequentemente di scrivere, per le quali si può imparare attraverso esercizi che si possono applicare con successo alla primaria, come i vari test a risposta multipla. Quindi sarebbe sufficiente un piccolo sforzo da esaurire nella scuola primaria, perché sarebbe opportuno che nei gradi successivi dell’istruzione si pensasse a competenze più complesse e articolate.
 
► A che punto sono i lavori della task force istituita dal Miur - e da lei presieduta - per migliorare le capacità linguistiche degli studenti delle scuole secondarie? Quale strategia di intervento verrà messa in campo?
Il 16 gennaio abbiamo presentato al Miur la bozza contenente i suggerimenti per la prova scritta dell’esame di secondaria di primo grado. Si tratta di indicazioni che recepiscono ciò che un decreto legislativo già stabilisce riguardo la tipologia dei testi da proporre. Il collegio scolastico potrà articolare molto liberamente questi suggerimenti nella scelta delle terne da cui poi estrarre le tre tracce da sottoporre agli studenti. Il vecchio tema creativo non è scomparso, semplicemente vogliamo affiancarlo ad altre tipologie, dando un particolare peso alla sintesi e alla riformulazione di un testo con domande che ne verificano la comprensione. La prova creativa consiste nel testo narrativo: si parte da uno spunto, per esempio da un brano letterario, che si interrompe chiedendo allo studente di proseguire nel racconto. Quindi il testo creativo resta ma si dà al collegio la possibilità di variare a seconda della tipologia di studenti. La libertà dell’insegnante non è soltanto un principio costituzionale, ma anche un principio applicativo che noi abbiamo tenuto ben fermo e che non abbiamo messo in alcun modo in discussione.
 
► Professore, dunque la commissione da lei  presieduta ha mandato in pensione il tema. Perché si è ritenuto che non fosse più idoneo uno strumento che ha fatto esercitare per decenni gli studenti?
In realtà non lo abbiamo mandato in pensione del tutto, ma soltanto come prova finale. Il tema è utile in tutte le fasi precedenti per le ragioni che ogni insegnante conosce: nella primaria, e anche all’inizio della secondaria, il tema classico sul vissuto personale ha un valore pedagogico notevole perché dà all’alunno la possibilità e il gusto di parlare liberamente di sé e soprattutto perché, attraverso il racconto autobiografico, possono venire fuori anche episodi molto gravi, come atti di bullismo e violenze. Dal punto di vista didattico, il tema ha senz’altro una sua utilità, ma non è la prova secondo noi più adatta per mostrare l’effettiva padronanza della lingua. Per questo, abbiamo strutturato le nostre proposte in tipologie specifiche.
 
► Nel sistema dell’istruzione disegnato dalla legge 107/2015, in cui si punta a valorizzare le competenze a scapito delle conoscenze, come si colloca il lavoro di una task force come quella da lei guidata?
Non mi pare che nella legge della Buona Scuola ci sia un conflitto tra competenza e conoscenza. Certamente la competenza è ciò che si chiede di verificare, ma in realtà non sono due ambiti opposti e non si può avere una competenza adeguata se non si è sviluppata una serie di conoscenze anche disciplinari. Al triennio delle superiori la prova di Italiano funziona veramente se fa leva su una serie di conoscenze consolidate da parte degli alunni. Il tradizionale tema letterario ha un’assoluta ragion d’essere al liceo, perché si tratta di argomenti che lo studente ha già abbordato; invece il tema cosiddetto di attualità, in cui si chiede allo studente di esprimere un’opinione personale, è assolutamente diseducativo. È un invito alla chiacchiera, esattamente il contrario di ciò che la scuola dovrebbe costruire. 
 
► Migliorare il bagaglio di competenze, conoscenze e abilità linguistiche può essere di aiuto agli studenti per riconoscere le famigerate fake news, e quindi migliorare anche le loro capacità critiche e diventare cittadini consapevoli?
Certamente, questo è un compito fondamentale perché il cittadino deve essere in grado di porsi criticamente di fronte alle notizie che ascolta o che legge. Si tratta di un’ambizione particolarmente elevata, che è difficile raggiungere a livello collettivo e che non è una questione soltanto italiana ma anche di elettorati di altre nazioni che votano “di pancia”, sulla base dell’emotività. Un male in qualche misura inevitabile, il costo che bisogna pagare per il suffragio universale. Tuttavia, dobbiamo sforzarci di educare in senso critico i cittadini per evitare che si schierino su determinati argomenti senza essersi adeguatamente documentati. Il caso dei vaccini è un esempio lampante: se non vogliamo informarci, o non siamo in grado di farlo, fino a prova contraria la comunità scientifica ha un sistema consolidato e globale di verifiche in base al quale assume una posizione condivisa e, dunque, non abbiamo alcuna ragione di dire “no, non sono d’accordo”. Quello di educare in senso critico è un valore fondamentale e trasversale: quando si parla di scuola, si finisce sempre con l’avere in mente l’alunno del liceo, ma non dimentichiamo che gli istituti tecnici e professionali coprono, come è giusto che sia, quasi la metà della popolazione scolastica superiore. Quindi dobbiamo far sì che tutti i diciottenni scolarizzati sviluppino, almeno idealmente, un atteggiamento critico, cioè che siano in grado di valutare le informazioni che leggono e sentono e maturare una posizione autonoma.


► Quando saranno disponibili i risultati del lavoro della task force relativo alla secondaria di secondo grado?
Ci stiamo lavorando, ma la secondaria di secondo grado presenta qualche difficoltà in più rispetto alla secondaria di primo grado perché mette insieme tipologie di studenti molto diversi, dal professionale al liceo. Spero siano tempi abbastanza rapidi, perché la legislatura e il Governo sono agli sgoccioli e vorrei cercare di produrre un documento in concomitanza con le elezioni, altrimenti sarebbe troppo tardi. Diversamente da quanto abbiamo fatto nella bozza per la secondaria di primo grado, per la secondaria di secondo grado non potremo indicare esempi relativi alla prova d’esame perché le tipologie sono troppo diverse e non avrebbe senso. Quello che possiamo dire è che certamente resteranno il confronto con il testo letterario, che probabilmente sarà alleggerito rispetto alla griglia attualmente proposta, e la riflessione sul testo argomentativo. Per quanto riguarda questa tipologia, cercheremo di evitare il rischio cui è andato incontro il saggio breve, così come è andato snodandosi dopo la riforma Berlinguer, e che consisteva nel proporre una serie, a volte eccessivamente lunga, di documenti. La prova argomentativa non deve essere un centone di giudizi altrui. Cercheremo di formulare una proposta di analisi del testo in modo più articolato.


______________________________________________________________________
 
Luca Serianni, linguista e filologo italiano , è stato professore di Storia della lingua italiana presso le Università di Siena, L’Aquila e Messina e a La Sapienza di Roma (1980-2017). Ha incentrato le sue ricerche sulla grammatica (Grammatica italiana – Suoni, forme, costrutti, con A. Castelvecchi, 1988; Italiano – Grammatica, sintassi, dubbi, 1997), sulla lingua letteraria (Introduzione alla lingua poetica italiana, 2001) e sui linguaggi settoriali (Un treno di sintomi – I medici e le parole: percorsi linguistici nel passato e nel presente, 2005). Convinto sostenitore dell’importanza dell’indagine filologica (preliminare e indispensabile all’analisi linguistica del testo), è ormai considerato uno dei più attendibili e influenti studiosi della lingua italiana. Socio dell’Accademia della Crusca e dell’Accademia Nazionale dei Lincei, nonché direttore delle riviste Studi linguistici italiani e Studi di lessicografia italiana, nel 2010 è stato nominato vicepresidente della Società Dante Alighieri. Serianni  è anche curatore dell’opera in volumi Storia della lingua italiana per immagini. Tra i saggi più recenti: Prima lezione di storia della lingua italiana (2015), Parola (2016) e Per l'italiano di ieri e di oggi (2018). Nel 2017 è stato nominato consulente del Ministero dell'istruzione per l’apprendimento della lingua italiana.
 


Condividi questo articolo:

Numero 2 - Marzo 2018
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
Comitato di Redazione:
Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
Antonio Antonazzo, Piero Morpurgo, Fabrizio Reberschegg, Massimo Quintiliani.
Hanno collaborato a questo numero:
Fabio Barina, Roberto Casati, Vito Carlo Castellana, Rosario Cutrupia, Alberto Dainese, Tomaso Montanari, Marco Morini, Adolfo Scotto di Luzio, Fabrizio Tonello, Ester Trevisan