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Numero 1 - Gennaio 2020
Numero 1 Gennaio 2020

La scuola, insegnanti compresi, al servizio delle aziende

L’ assessore Donazzan sciorina i luoghi comuni più vieti di chi riduce la scuola a mero luogo di preparazione al lavoro, con l’idea di fondo per cui l’istruzione dei ragazzi deve essere mirata ai loro futuri impieghi e gli insegnanti devono essere formati di conseguenza (a luglio e ad agosto)


29 Dicembre 2019 | di Sergio Torcinovich

La scuola, insegnanti compresi, al servizio delle aziende Quasi mai vale la pena ragionare intorno al pensiero di un politico di terza fila. Tuttavia, a volte può risultare esercizio utile alla comprensione di quali suggestioni attraversino il ventre molle del nostro sempre più disarticolato Paese. Per quanto riguarda lo specifico della scuola, è noto che da almeno un trentennio viene propinata l’ideologia aziendalistica in base alla quale gli studenti sono da considerarsi clienti e i docenti sono stati trasformati in dispensatori di competenze.
 
Tra le molte corifee di questa scuola di pensiero va annoverata Donazzan, assessore all’istruzione e al lavoro del Veneto, referato che già nell’abbinamento la dice lunga sull’idea di fondo di chi governa la Regione. La Nostra si fa intervistare dal Gazzettino, foglio degli industriali più filo leghisti d’Italia, che titola perentorio Gli insegnanti devono capire la “scuola - lavoro” (20.11.19, p. 17). Cosa sostiene l’assessoressa? Sciorinando i luoghi comuni più vieti di chi riduce  la scuola a mero luogo di preparazione al lavoro, l’idea di fondo espressa è inevitabilmente quella che l’istruzione dei ragazzi deve essere mirata ai loro futuri impieghi e gli insegnanti devono essere formati di conseguenza, tenendo ben presente che alle nuove generazioni “non interessa la prospettiva di un posto fisso, solido e vicino casa”. Siccome le impazienti aziende ”vorrebbero il lavoratore ideale subito ... Bisogna programmare e orientare la formazione”. Ne consegue la necessità di estendere l’alternanza scuola – lavoro anche agli insegnanti (che evidentemente non lavorano ma fanno altro), utilizzando “i mesi di luglio e agosto, che non devono essere per forza mesi in cui stare a casa”. Anche al riguardo, il pensiero dell’assessoressa è esplicito: i docenti devono “andare a lavorare” per meglio capire le esigenze delle aziende (pagati dallo Stato?) e quindi conformarsi ad esse nel successivo anno scolastico.
 
Ciò che viene espressa a tutto tondo, quand’anche ignaramente, è l’ideologia della società intesa quale azienda diffusa e del lavoro quale unico scopo della vita degli individui. Non a caso Donazzan cita l’esempio di una famiglia / azienda di macellatori i cui componenti / soci sono orgogliosi di essere ricchi, produttivi e in espansione.
 
Ai docenti tutti è richiesto di piegarsi a questa visione del mondo che non esito a definire antiumana: tanto che risulta ovvio e conseguente titolare “Gli insegnanti devono capire”. Ma c’è qualcuno, nella scuola e al di fuori di essa, in grado di opporsi a tale deriva culturale fornendo alternative intelligenti e praticabili? Temo di no. Il pensiero unico lavoristico si scontra però con le esigenze tipiche dell’essere umano: dopo la disciplina del tempo e dei corpi, adesso si deve passare a quella delle menti. Allora ben venga la robotizzazione, se ci libera dalla necessità del lavoro. Potremmo dedicarci alla speculazione filosofico – letteraria e scientifica assieme ai nostri ragazzi ... ma temo che, con gli assessori Donazzan al governo, non finirebbe così.
 
 


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