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Numero 4 - Settembre 2020
Numero 4 Settembre 2020

Salvare l’Alitalia e non la scuola

"La scarsa considerazione che la nostra classe politica e in particolare quella più recente riserva all’istruzione, all’università e alla ricerca è la conseguenza del basso livello culturale della gran maggioranza degli eletti in parlamento”. M. Hack, Libera Scienza in libero stato, Bur, 2011


26 Agosto 2020 | di Gianluigi Dotti

Salvare l’Alitalia e non la scuola  La pandemia di COVID-19, che ha colpito il nostro paese, così come il resto del mondo, la prima dell’epoca contemporanea al tempo della società liquida, del digitale e delle telecomunicazioni, ha reso drammaticamente evidente la necessità dell’istruzione scolastica che, come la nostra Costituzione impone, si realizza nella relazione in presenza tra docente e discente attraverso la quale l’insegnante trasmette, e dà loro senso, le conoscenze disciplinari proprie del mondo che ci appartiene.
 
Il fallimento della didattica a distanza (didattica dell’emergenza), nonostante il grande sforzo di tutti gli insegnanti che hanno contribuito a mantenere vivo il contatto con le studentesse e gli studenti durante la chiusura delle scuole, ha portato allo scoperto le intenzioni di coloro, e non sono pochi sia nel mondo politico sia in quello della cultura, che facendo leva sulla paura della pandemia vorrebbero approfittare per rivoluzionare il sistema di istruzione e lo stato giuridico degli insegnanti, costituzionalmente definiti, attraverso quelle innovazioni di sistema, di governance e della didattica alle quali il mondo della scuola ha resistito fino ad ora.
 
Nel Piano scuola 2020-2021, il Documento per la pianificazione delle attività scolastiche, educative e formative in tutte le Istituzioni del Sistema nazionale di Istruzione, che definisce le Linee guida per il rientro a scuola in presenza a settembre, ci sono numerose indicazioni ministeriali che ampliano, oltre il lecito contrattualmente accettabile, la flessibilità organizzativa e didattica modificando le condizioni dell’esercizio della professione docente. Sempre nel documento si elegge a norma aurea l’Autonomia scolastica scaricando sul livello locale le responsabilità e le attività necessarie alla ripartenza. Infine, ma non per importanza, si introducono pericolose aperture alla sussidiarietà, che contempla l’intervento dei privati nell’Istituzione scolastica pubblica statale.


Nel Piano scuola 2020-2021 manca del tutto l’indicazione delle risorse con le quali realizzare la prospettiva evocata dalla ministra di rientrare in settembre a scuola in presenza, ma in sicurezza, applicando le misure del protocollo predisposto dal Comitato Tecnico Scientifico. L’assenza delle risorse è molto preoccupante perché appare evidente a chiunque si occupi di scuola che le somme stanziate fino ad ora per la scuola dai provvedimenti antiCOVID-19 non siano sufficienti a garantire la ripartenza in sicurezza dell’a.s. 2020/2021 per studenti e insegnanti.


Del resto, l’assenza di investimenti nell’istruzione è una costante del nostro paese. I dati Eurostat ci dicono che nell’ultimo decennio c’è stato un complessivo disinvestimento sull’istruzione in Italia, infatti la quota del PIL destinato all’istruzione dall’Italia era nel 2009 il 4,6%, ma scende al 3,8% nel 2017 (comprende tutti i settori dalla pre-primaria all’università e sono circa 66 miliardi di euro, erano 72 nel 2009 secondo i dati Eurostat); la media dei paesi UE è il 4,6%, peggio di noi solo Romania, Irlanda, Bulgaria e Slovacchia.[1] Nel 2017 gli interessi sul debito pubblico sono stati equivalenti alla spesa per l’istruzione.[2]
L’Italia non è messa meglio neppure se si prende in considerazione la spesa in istruzione in rapporto alla spesa pubblica totale, infatti il rapporto OCSE Education at a Glance 2019 [3] colloca l’Italia all’ultimo posto tra le economie più avanzate in questa graduatoria (in Italia il 7,9% della spesa pubblica va in istruzione, a confronto di una media UE dell’11,20).


I dati ci dicono che la maggior parte dei paesi europei ha risposto alla crisi economica con un incremento degli investimenti nell’istruzione mentre in Italia la riduzione della spesa ci ha consegnato un sistema scolastico impreparato a contrastare la pandemia: strutture scolastiche obsolete e inadeguate, classi troppo numerose, dotazioni in piattaforme e strumenti tecnologici inesistenti, ecc.
 
Le misure economiche approntate dal Governo italiano per contrastare la crisi dovuta al lockdown hanno messo in campo ben 25 miliardi di euro con il decreto “Cura Italia” e 155 con “Decreto Rilancio”, destinati a rinforzare i settori salute e sicurezza, sostenere le imprese, i redditi da lavoro, il turismo e la cultura.
 
Di queste risorse, in prima battuta, erano destinate all’istruzione poche decine di milioni per la didattica distanza e circa trecento milioni per l’edilizia scolastica. La protesta, organizzata anche dalla Gilda degli Insegnanti, ha portato il Governo a stanziare altre risorse per circa un miliardo di euro al fine di garantire la ripresa della scuola in presenza e in sicurezza E’ bene ricordare che negli stessi decreti  si sono stanziati ben 3 miliardi destinati al salvataggio dell’Alitalia. [4]
 
Inutile dire che la somma è largamente insufficiente per il sistema di istruzione, un calcolo approssimativo delle OOSS indica  12 miliardi per mettere la scuola nelle migliori condizioni per ripartire a settembre.
 
La mancanza di investimenti che permetta di valorizzare la figura professionale e sociale degli insegnanti porta alla perdita di fiducia nell’intera istituzione scolastica pubblica statale. La motivazione degli studenti viene meno perché non vedono nella scuola la possibilità di un miglioramento del loro status sociale né di formazione personale né, in ultima istanza, di un loro ruolo nel miglioramento della società cui appartengono.


In conclusione, la risposta migliore a coloro che vorrebbero utilizzare la pandemia per stravolgere il nostro sistema di istruzione è che l’unica vera riforma del sistema istruzione italiano sarebbe quella di investire nella scuola pubblica statale, almeno quanto la media degli altri paesi europei.




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[1] I dati Eurostat sono ricavati dall’articolo “L'Italia è ultima in Europa per fondi all'istruzione” che si trova in
https://www.agi.it/fact-checking/spesa_istruzione_italia_ultima_europa-6801447/news/2019-12-28/
[2] Il settore della ricerca è messo perfino peggio, infatti come ci dice Marco Menale “Nel2017, 23,8 miliardi sono stati investiti in R&S, di cui solo il 32,3% proveniente dalle casse pubbliche. Sono i privati i principali investitori, alterando l’efficacia di un proficuo e plurale sviluppo. Di questi 23,8 miliardi di euro il 40,2% è rivolto alla ricerca applicata, il 55% alle attività sperimentali e solo il 22,2% alla ricerca di base”. Si trova in https://www.iusinitinere.it/investimenti-la-lezione-del-coronavirus-26587#_ftn2
[3] Si trova in https://www.oecd-ilibrary.org/education/education-at-a-glance-2019_f8d7880d-en
[4] http://www.mef.gov.it/focus/Decreto-Rilancio-le-misure-per-rimettere-in-moto-il-Paese/




 

[1] I dati Eurostat sono ricavati dall’articolo “L'Italia è ultima in Europa per fondi all'istruzione” che si trova in
 https://www.agi.it/fact-checking/spesa_istruzione_italia_ultima_europa-6801447/news/2019-12-28/
[2] Il settore della ricerca è messo perfino peggio, infatti come ci dice Marco Menale “Nel2017, 23,8 miliardi sono stati investiti in R&S, di cui solo il 32,3% proveniente dalle casse pubbliche. Sono i privati i principali investitori, alterando l’efficacia di un proficuo e plurale sviluppo. Di questi 23,8 miliardi di euro il 40,2% è rivolto alla ricerca applicata, il 55% alle attività sperimentali e solo il 22,2% alla ricerca di base”. Si trova in https://www.iusinitinere.it/investimenti-la-lezione-del-coronavirus-26587#_ftn2
[3] Si trova in https://www.oecd-ilibrary.org/education/education-at-a-glance-2019_f8d7880d-en
[4] http://www.mef.gov.it/focus/Decreto-Rilancio-le-misure-per-rimettere-in-moto-il-Paese/
 
 
 
 
 
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Numero 4 - Settembre 2020
Direttore Responsabile: FRANCO ROSSO
Responsabile di Redazione: RENZA BERTUZZI
Comitato di Redazione:
Vicecaporedattore: Gianluigi Dotti.
Antonio Antonazzo, Piero Morpurgo, Fabrizio Reberschegg, Massimo Quintiliani.
Hanno collaborato a questo numero:
Michele Anelina, Stefano Battilana, Piero Capello, Roberto Casati, Alberto Dainese, Gilda Sardegna, Giulio Ferroni, Maria Alessandra Magali, Elvio Mori, Marco Morini, Fabrizio Tonello, Ester Trevisan.
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