I principi da rispettare sono quelli di non discriminazione e proporzionalità. Ma restano alcuni aspetti non ancora definiti circa la collocazione temporale delle attività funzionali all’insegnamento
25 Agosto 2015 | di Anna Maria Bellesia
Nato come strumento di flessibilità e per favorire la conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare, il part time cresce in Italia, ma a ritmo più lento che in Europa e riguarda soprattutto le donne. Nel periodo di crisi degli ultimi anni, è spesso una soluzione di ripiego piuttosto che una scelta volontaria.
La tutela normativa è oggi assimilata a quella europea. Tuttavia, per il personale docente si riscontrano alcuni aspetti applicativi che tutto sommato lo rendono poco desiderabile.
Nella Scuola il part time è entrato con il CCNL del 1995 (articolo 46). È stato disciplinato in sede di “prima applicazione” con la C.M. n. 446 del 1997. Oggi, la norma di riferimento fondamentale è il D.Lgs 25 febbraio 2000, n. 61, e successive modificazioni, attuazione della Direttiva Comunitaria 97/81/CE, che si applica ai rapporti di lavoro di tutte le amministrazioni pubbliche. Il decreto recepisce i principi generali della Direttiva europea: non discriminazione e proporzionalità.
Finora però nella Scuola non c’è stata una applicazione uniforme, né il Ministero si è preoccupato di dare un indirizzo.
Tre sono stati i casi più frequenti di lamentele e contenzioso, determinati dal fatto che il docente a part time si è visto penalizzato e svantaggiato rispetto al lavoratore a tempo pieno:
a) il numero delle giornate lavorative per il part time verticale;
b) il monte ore delle attività funzionali;
c) le attività funzionali collocate in giorni non lavorativi.
Vediamo di esaminare le tre situazioni nell’attuale contesto normativo.
■ Articolazione oraria: deve essere applicata l’opzione sottoscritta nel Contratto individuale
L’O.M. 22 luglio 1997, n. 446, “in sede di prima applicazione”, prevedeva per il personale docente due tipologie: su tutti i giorni lavorativi (tempo parziale orizzontale), ovvero “su non meno di tre giorni alla settimana” (tempo parziale verticale).
Oggi, le tipologie di realizzazione sono quelle descritte nel CCNL del 2007: verticale, orizzontale e misto (articolo 39, comma 7). Il Contratto richiama espressamente la norma fondamentale per il part time, che è il D.Lgs 25 febbraio 2000, n. 61, attuazione della Direttiva Comunitaria 97/81/CE, norma più recente, di rango superiore, che si applica ai rapporti di lavoro di tutte le amministrazioni pubbliche. Il Decreto stabilisce gli ineludibili principi di non discriminazione e di proporzionalità.
Da ultimo, la Circolare Funzione Pubblica 30 giugno 2011, n. 9, detta gli indirizzi applicativi relativamente alla trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale. L’amministrazione è tenuta ad una “valutazione discrezionale” e può rigettare l'istanza nel caso di sussistenza di un pregiudizio alla propria funzionalità. Un eventuale diniego deve essere motivato in modo puntuale sulla base di oggettive circostanze organizzative.
Se la domanda è ritenuta accoglibile, ma con diverse modalità, per “perfezionare l'accordo” è necessaria una nuova manifestazione del consenso da parte del lavoratore interessato. Il Contratto individuale presuppone insomma un accordo tra le parti condizionato al rispetto dei principi di correttezza e buona fede. Non è un atto unilaterale del DS.
La ri-negoziazione può rendersi necessaria all’inizio dell’anno scolastico in relazione alle classi e all’orario costitutivo della cattedra. Ma la tipologia di realizzazione è quella richiesta dal docente: verticale, orizzontale o misto.
Il fondamentale principio di non discriminazione vieta qualsiasi trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno comparabile.
■ Monte ore delle attività funzionali: è riconosciuta la proporzionalità
Vexata quaestio quella del monte ore delle attività funzionali dovute dal docente a part time.
Le attività funzionali all’insegnamento sono regolate dall’articolo 29 del CCNL del 2007.
Il comma 3, lettera a, stabilisce quali sono le attività di carattere collegiale riguardanti tutti i docenti “fino a 40 ore annue”.
Il comma 3, alla lettera b, riguarda i consigli di classe, sempre con un impegno “fino a 40 ore annue”.
Il comma 3, alla lettera c, riguarda scrutini ed esami.
Le controversie interpretative derivano da un passaggio dell’O.M. 446/1997. Il comma 7 riconosceva esplicitamente la proporzionalità solo per i consigli di classe, suscitando infinite controversie e richieste di chiarimenti applicativi.
Come già detto però, l’O.M. 446/1997 riguardava la “prima applicazione” del part time. La norma fondamentale è oggi il D.Lgs 25 febbraio 2000, n. 61, che stabilisce il principio di non discriminazione, col divieto di qualsiasi trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno, e il principio di proporzionalità.
Sull’annosa questione si è espresso con chiarezza l’USR Veneto in una Nota del 13 dicembre 2010, a firma dell’allora direttore generale Carmela Palumbo, oggi a capo della Direzione generale per gli Ordinamenti scolastici e la Valutazione del Sistema Nazionale di Istruzione.
La Nota riconosce il principio di proporzionalità: “si ritiene che la quantità di debito orario cui è tenuto il docente part time dovrà essere determinata in misura proporzionale all’orario stabilito”, con riferimento all’articolo 29, comma 3, lettere a) e b) del CCNL vigente, ovvero alle attività sia del Collegio sia dei Consigli di classe.
Di conseguenza, “dovranno essere adottate, dalle Istituzioni scolastiche soluzioni organizzative che consentano al docente part time di partecipare a quelle attività collegiali valutate indispensabili. Il Dirigente Scolastico dovrà quindi fornire al docente part time un calendario individualizzato delle attività funzionali all’insegnamento, ove risulti esplicitato l’ordine di priorità delle sedute, compatibili con il suo orario di servizio e ritenute assolutamente necessarie all’espletamento del servizio medesimo”. “Quanto sopra -conclude la Nota- in coerenza con la ratio della norma che presuppone una stretta correlazione tra monte di insegnamento e partecipazione alle attività a carattere collegiale”.
Anche la sentenza n.322 del 08/02/2008 del Tribunale di Ferrara assume il principio di proporzionalità nella quantificazione delle attività di carattere collegiale di cui al comma 3, lettera a.
■ Attività funzionali in giorni non lavorativi: la questione è aperta
Il docente che sceglie l’opzione del part time verticale articolato in 3 giorni settimanali, ha diritto alla calendarizzazione degli impegni funzionali all’insegnamento nelle stesse giornate lavorative?
Sono due finora i casi noti di controversie condotte davanti al Giudice del Lavoro, conclusisi con sentenze che non lasciano spazio alla richiesta che le attività funzionali ricadano nei soli giorni in cui si svolgono le attività di insegnamento.
Del resto, anche il lavoratore a tempo pieno comparabile può avere alcune attività funzionali nel giorno libero. Dunque sembra non esserci “discriminazione”.
La sentenza n. 322 del 08/02/2008 del Tribunale di Ferrara è la prima in ordine di tempo. Il Giudice riconosce che effettivamente esiste in materia “una certa controvertibilità dei criteri in punto di determinazione degli orari”. Tuttavia, la partecipazione del docente agli impegni di carattere funzionale “è doverosa, a prescindere dalla circostanza che gli stessi ricadano nelle giornate o nelle ore contrattualmente prescelte per lo svolgimento dell’attività lavorativa”. Tanto più che, nello specifico caso, il dirigente aveva calendarizzato tali impegni in modo proporzionato alla quantità di part time pattuito.
Sulla stessa linea si colloca sostanzialmente la sentenza n. 896 del 17/11/2011 del Giudice del lavoro di Perugia. Se il dirigente fissa le riunioni nei giorni liberi, non si può parlare di mobbing.
Resta aperto il problema per i docenti che scelgono l’opzione del part time verticale articolato in 3 giorni settimanali, che vengono a trovarsi in una situazione meno tutelata rispetto ai lavoratori del settore privato e delle altre amministrazioni, il cui contratto individuale contiene la “puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell'orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno” (art. 2 del D.Lgs 25 febbraio 2000, n. 61).
Per i docenti insomma, il part time verticale è reale o virtuale?
Al momento non c’è soluzione. L’articolo 3 del D.Lgs 25 febbraio 2000, n. 61, prevede che i contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali, possono stabilire clausole flessibili e clausole elastiche. Ma bisognerà attendere il prossimo Contratto Scuola.
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RIEPILOGO FONTI NORMATIVE (in ordine cronologico)
■ O.M. 22 luglio 1997, n. 446.
■ CCNL 29.11.2007, Art. 39 - Rapporti di lavoro a tempo parziale (personale docente).
■ Circolare MPI 19.02.1998, n. 62 (Trasmissione O.M. n. 55 del 13.2.1998).
■C.M. 17.02.2000, n. 45, Rapporto di lavoro a tempo parziale del personale della scuola.
■ D.Lgs 25 febbraio 2000, n. 61 (attuazione della Direttiva Comunitaria 97/81/CE), modificata di recente dalla L. 12.11.2011, n. 183; e L. 28.06.2012, n. 92.
■ Circolare Funzione Pubblica 30 giugno 2011, n. 9.
LINK a L’evoluzione normativa. Sintesi ragionata, pubblicato sul sito Gilda degli insegnanti di Venezia: http://win.gildavenezia.it/normativa/schede/PART-TIME_Sintesi2015.pdf
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