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Numero 5 - Novembre 2016
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Vita da valutati. Come sopravvivere al Comitato di Valutazione

Da scuola a scuola, a parità di capacità, lavoro, impegno, ecc. i docenti sono stati trattati in modo completamente diverso. Siamo nel regno dei bonus, delle regalie, delle gentili concessioni del governo. Nella scuola quasi un miliardo di investimenti senza alcun risultato concreto


23 Ottobre 2016 | di Fabrizio Reberschegg

Vita da valutati. Come sopravvivere al Comitato di Valutazione Come è noto la legge 107/15 al comma 129 ha affidato ad un comitato di valutazione, composto da tre docenti, un genitore e uno studente o da due genitori nella primaria e secondaria di primo grado, dal dirigente e da un "esperto" esterno nominato dall'Ufficio Scolastico Regionale, il compito di stabilire i criteri per erogare il mitico bonus per i docenti "meritevoli" applicando le linee guida stabilite dalla stessa legge che dovrebbero premiare la qualità dell'insegnamento, il successo scolastico e formativo conseguito dagli studenti, l'innovazione didattica e metodologica, le responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo e didattico e nella formazione del personale. I criteri definiti dal comitato di valutazione dovrebbero essere stati applicati dal dirigente per dare ai bravi il "giusto" riconoscimento economico. Nel primo anno di applicazione abbiamo assistito alla più ampia rassegna di creatività in merito ai criteri e alla ripartizione del fondo assegnato alle scuole. Abbiamo avuto dirigenti che hanno preteso di comandare anche nella scelta dei criteri imponendo bizzarre griglie di valutazione oppure identificando criteri ad personam; altri, per fortuna, che hanno cercato di usare il bonus come compensazione del FIS per retribuire più equamente i docenti impegnati in attività accessorie; altri ancora che hanno proposto il sistema della turnazione (un anno a un 30%, un'altro all'altro 30% e così via). Una gran parte dei dirigenti poi si è rifiutata di contrattare l'erogazione delle somme del bonus con le RSU pur essendo esplicito nella legge che si tratta di "salario accessorio". In concreto da scuola a scuola, a parità di capacità, lavoro, impegno, ecc. i docenti sono stati trattati in modo completamente diverso.
In tutto questo caos molti colleghi bravi si sono rifiutati di partecipare alla riffa, altri hanno fatto domanda, altri ancora sono stati scelti segretamente dal dirigente. Fa sorridere che si cerchi di nascondere i nomi e le somme attribuite. Un collega che ritiene di aver lavorato bene per la scuola, per gli studenti e per i colleghi non dovrebbe vergognarsi di prendere il bonus. Invece prevale una sorta di atteggiamento omertoso in cui il dirigente ha buon gioco mettendo gli uni contro gli altri in nome della privacy. Ma se tutto è così secretato appare evidente che qualcuno si vergogna delle scelte operate. L'opacità della pubblica amministrazione va contro i tanto sbandierati principi costituzionali di trasparenza e imparzialità ed è l'anticamera della corruzione.
Divertente e imbarazzante è stato il ruolo dei genitori e degli studenti nel comitato. Investiti di un ruolo che non potevano e sapevano gestire hanno proposto pagelle per gli insegnanti, punteggi e griglie con il retropensiero e la convinzione di poter soprattutto non premiare gli insegnanti meno graditi e più "cattivi".
Il bonus così si è trasformato e rischia di diventare strutturalmente una grande presa in giro. Tutto per dichiarare nei twitter che si è introdotta la "meritocrazia". Ben 200 milioni di euro, invece che essere finalizzati ai necessari aumenti stipendiali degli insegnanti, vengono buttati dalla finestra. Siamo nel regno dei bonus, delle regalie, delle gentili concessioni del governo. Si pensi agli 80 €, alla carta elettronica del docente, ai 500 € per i diciottenni, ecc. Nella scuola quasi un miliardo di investimenti senza alcun risultato concreto. La tanto declamata stabilizzazione dei precari è stata gestita male e sta portando ad effetti diffusi di spesa assistenziale improduttiva nei casi di assunzione su cattedre che non servono mentre in tante regioni si devono ancora chiamare supplenti per la copertura dei posti vacanti. Gilda aveva chiesto di mettere in ruolo i docenti abilitati che avevano lavorato da almeno tre anni nella scuola statale. Avremo dato una risposta al precariato storico invece di creare posti di lavoro senza qualità. Una vera vergogna.





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Numero 5 - Novembre 2016
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