Manfred Spitzer, Demenza digitale, il Corbaccio 2013.
Pensare - ci dice Spitzer- che l’ uso dei mezzi informatici possa migliorare l’ apprendimento è un vero e proprio inganno: solo il contatto diretto tra chi insegna e chi impara può produrre risultati efficaci.
24 Dicembre 2016 | di Renza Bertuzzi
“Non saremo soddisfatti fino a quando l’ultima scuola dell’ultimo comune d’Italia non avrà numero sufficiente di dispositivi mobili per la didattica”.
Parafrasando Ennio Flaiano, potremmo dire che la situazione è tragica ma non è seria. Oggi, dopo la disfatta della buonascuola, che nessuna persona onesta oserebbe negare, questa citazione dal documento omonimo –illustrato dal Presidente del Consiglio in ogni luogo “ comunicativo” - sarebbe divertente se non fosse grottesca. Passi che quasi nulla delle favole là descritte si sia avverato; passi che la buonascuola al suo inizio si sia mostrata la scuola più cattiva in assoluto degli anni non bellici, con confusioni, ritardi, errori a non finire ma il resto no. Che a fronte della situazione drammatica degli edifici scolastici- strutture addirittura pericolose e non a norma di sicurezza- degli strumenti idonei ad una crescita efficace dei cittadini del futuro si punti tutto sull’ uso dei dispositivi mobili, al wi-fi e dunque alla didattica del web è cosa che fa tremare le vene ai polsi. A noi e a tutti coloro che non hanno creduto alle chiacchiere del nuovo che avanza e che hanno cercato di capire cosa c’ è dietro questo ennesimo “ sol dell’ avvenir”. Coloro dunque, non appagati da quel documentone colorato, lezioso e retorico, che hanno pensato di approfondire la questione servendosi di studi seri e dimostrati, come il testo Demenza digitale di Manfred Spitzer, il Corbaccio 2013.
Grazie ai colleghi della Gilda di Padova e all’ Associazione docenti art. 33, moltissimi insegnanti hanno potuto ascoltare il professor Spitzer, di persona, in una memorabile conferenza, nell’ ambito del Convegno (che si è tenuta a Padova all’ Auditorium IIS Scalcerle, il 19 ottobre 2016) Scrivere senza penna, studiare senza libri. Il futuro della buona scuola è tutto qua? a cui hanno partecipato anche il professor Paolo Ragusa e il professor Luigi Gallo .
L’ espressione forte del titolo del suo testo, ci ricorda Spitzer, arriva dalla Corea dove la dipendenza patologica da Internet è diventata un problema sociale; un segnale, dunque, che sarebbe bene non ignorare. L’ analisi dell’ autore (medico psichiatra e direttore della clinica psichiatrica e del Centro per le neuroscienze e l’ Apprendimento dell’ università di Ulm) si sviluppa nei tre filoni dell’ aspetto biologico, dell’ aspetto dell’ apprendimento e dell’ aspetto sociale. Si parte da alcuni punti fermi: 1) una delle scoperte più importanti in neurobiologia è che il cervello si modifica in maniera permanente attraverso l’ uso per cui 2) le operazioni di percepire, pensare, sperimentare lasciano tracce mnemoniche, necessarie allo sviluppo stesso.
Da ciò deriva che, se tutte quelle operazioni vengono delegate a mezzi esterni , il cervello non viene usato e, come se fosse un muscolo, si atrofizza. Ecco dunque che i moderni mezzi di cui si dispone ( Google, navigatori digitali, smarthone e altro) sostituendosi all’ attività cerebrale, la frenano. Solo per citare un esempio, prove di laboratorio hanno rivelato che i taxisti inglesi ( che non usano i navigatori digitali) hanno un ippocampo più ampio. L’ ippocampo è quella parte del cervello che permette di orientarsi nello spazio, per cui ogni volta che si trasferisce quella funzione ad un navigatore si impedisce al cervello di agire. Ugualmente, giocolieri, musicisti e altri svilupperanno le parti dell’ encefalo preposte all’ uso intensivo delle relative specialità.
Pensare che- ci dice Spitzer- l’ uso dei mezzi informatici possa migliorare l’ apprendimento è un vero e proprio inganno, sostenuto da chi ha interessi commerciali nel campo ( e avallato, aggiungiamo noi, da politici inconsapevoli o complici). Infatti, moltissime ricerche hanno evidenziato come solo il contatto diretto tra chi insegna e chi impara può produrre risultati efficaci. (cfr l’ intervista con Roberto Casati nel numero di settembre di questo giornale). A questo proposito, le prove che l’ autore fornisce sono numerose : da analisi protratte nel tempo con gruppi di controllo che hanno dimostrato l’ inutilità dell’ uso dei media nell’ apprendimento; ai test che hanno evidenziato una sostanziale differenza tra chi usa questi mezzi e chi no, a tutto favore dei questi ultimi; al ritiro da parte della Disney di un filmato che prometteva miracoli di acquisizioni di competenze per i bambini che lo avessero seguito. Si impara di più, precisa Spitzer, con un genitore che legge fiabe al figlio piuttosto che con tanti mezzi sofisticati e dannosi per la crescita intellettuale.
Non finisce qui. I cosiddetti ( e sedicenti ) social tali non sono, perché , al contrario, modificano il comportamento sociale . Infatti, ci mette in guardia il professor Spitzer, “non bisogna credere che questa nuova opportunità di contatto abbia solo risvolti positivi. L’ anonimato della rete provoca una riduzione dell’ autocontrollo e una corrispondente diminuzione dello sforzo per mantenere un comportamento sociale adeguato. Chi non ha ancora avuto occasione di sviluppare un comportamento sociale e fin da bambino o da ragazzo instaura gran parte dei propri contatti sociali in rete, vale a dire, costruisce la propria sfera sociale nel mondo virtuale, corre il rischio di non acquisire una competenza sociale adeguata”.
Difficile rendere conto in maniera esaustiva di un testo ricchissimo di esempi e dimostrazioni, di lettura agevole seppur impegnativa per l’ impianto scientifico su cui è basato. Si tratta, a nostro parere, di un testo necessario e importantissimo che dovrebbe trovare posto nella formazione ( quella seria) di tutti i docenti . Dovrebbe anche trovare spazio e attenzione tra le letture dei politici, ammesso che siano essi dediti a questa attività e non solo a quella di presenziare a talk show imbarazzanti per loro e per la carica che ricoprono. Ma questo- ci rendiamo conto- è un altro tristissimo discorso...
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